venerdì 13 luglio 2012

La guerra dei trent'anni. Il periodo svedese

Giornate di lavoro dure in giro per il Piemonte a raccontare quanto c’è di bello nella nostra regione, si macinano chilometri su chilometri per quello splendido lavoro che è il giornalista, ovverosia raccontare agli altri quanto stai vivendo e osservando, le colline astigiane fanno da cornice a un paesaggio bucolico e tranquillo, la Nuova Provincia di Asti ricorda il nono successo europeo del Callianetto, il Milan del Tamburello, che ha battuto in finale il San Martino pensi a come trovare i soldi per sponsorizzare una squadra del volley ma la mente è li. Persa nel triangolo tra Milano, Stoccolma e Parigi. Il pizzaiolo rampante che rimbalza come una pallina da ping pong in giro per l’Europa pregustando l’ennesimo affare della sua vita (altro che pizza margherita) è già sulla via del ritorno dalla Svezia; a Parigi si consuma l’ennesimo tradimento ai sentimenti. I soldati di ventura, i lanzichenecchi svedesi e portoghesi, sono pronti a vendersi al miglior offerente. Come nella guerra del trent’anni non si capisce ancora chi fa l’affare, chi è in prima linea, chi si sta avvantaggiando e quale sarà l’esito della battaglia della Montagna Bianca. Gli eserciti pallonari si stanno posizionando nello scacchiere europeo, dopo la fase italiana, breve, il periodo fulgente degli ispanici, sarà la volta dei mangiarane francesi ? Tanti i pensieri che frullano nella testa, l’ennesimo voltafaccia, Thiago rimane, contratto principesco, rassicurazioni e poi la vendita. Con il tono beffardo di chi sta consumando una vendetta, Enrico Mentana, dal digitale terrestre di la Sette snocciola il comunicato più dolce, lui buttato a mare dal capo, interista per scelta, progressista per convenienza e voce dei tempi bui dell’economia italiana, comunica “gaudium magnum” la verità. Per 170 milioni di motivi il duo con cui potevamo sedere a tavola coi migliori d’Europa prenota il volo Milano Parigi. E’ uno schiaffo, magari salutare, ma è una botta tremenda . La fede non vacilla ma le certezze di una grande squadra si. Dubito che con questo Pato e anche con Destro sapremo essere all’altezza,  soprattutto ora che siamo vulnerabili senza i nostri grandi campioni del passato. Rimane il rammarico, una volta il Presidente aveva un giocattolo intoccabile, che ci faceva divertire, ora gli manca la passione e non ha più il tocco di Wallestein,  il principe della guerra del trent’anni, ma come nel prima metà del 1600 il principe ebbe un colpo di coda, non resta che aggrapparci a questo.

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