domenica 26 luglio 2020

26 luglio 1945 dopo aver battuto i tedeschi Churchill perde le elezioni


26 luglio 1945 all’alba di una nuova era, alla fine della seconda guerra mondiale tramontava il mito di Winston Churchill, l’alfiere per eccellenza della Gran Bretagna che aveva guidato il suo popolo nell’ora più buia portandola dal baratro alla vittoria epocale contro il nazismo. E così mentre a Potsdam si decidevano i destini dell’Europa il popolo inglese che tornava alle urne dopo dieci anni decise di affidarsi ai labour di Clement Attlee, un guaio anche per il processo di pace che perdeva uno dei suoi leader più carismatici e nel breve volgere di qualche settimana aveva perso un altro dei suoi protagonisti come Roosvelt. Era un mondo diverso ma la Russia divenne così il partner che ottenne forse di più da quelle trattive imponendo di fatto una cortina di ferro che durò per oltre 40 anni. E’ il destino di chi vince quello alle volte di cadere alla linea del traguardo nel momento di massima visibilità e chissà, come spesso si recita in questi casi come sarebbe cambiato il mondo se churchill fosse stato della partita fin dal 1945 e non dal 1950 quando tornò al potere, ma come avrebbe detto Ottaviano Augusto “acta sunt fabula”

sabato 25 luglio 2020

Un calcio alla retorica e alla narrazione sportiva che trasforma tutto in epica


Prendo lo spunto da un articolo comparso oggi sul Foglio che condivido in toto. La retorica e lo storytelling sportivo negli ultimi anni ci hanno letteralmente ammorbato con storie da libro cuore nel mondo pedatorio che forse poco hanno a che fare con la ruvidezza di questo sport. Le storie che sentivo da piccolo erano quelle dell’Assassino, noto locale di Milano, una sorta di buen retiro in cui i campioni della Milano, che non era quella da bere, si ritagliavano spazi a tavola gustando cibo e narrando storie di pallone. Il calcio era quello delle basette lunghe, dei calzettoni arrotolati, non dei parastinchi con la scritta vae victis, sul campo si correva a perdifiato e le storie erano quelle preparate e oscurate dalle magie degli allenatori mito: da Nereo a Liddas, da Giuanin di Cusano fino all’Osvaldo della Bovisa. Storie di normalità non di eccesso. Se per gli inglesi la fantasia era per Best, noi preferivamo il pragmatismo dell’Abatino. Le serate di San Siro, del Prater, del Bernabeu rimanevano nel cuore di chi le poteva vivere. Oggi la rete ha avvicinato probabilmente molti più spettatori, il Var ha distrutto l’insindacabile giudizio dell’arbitro e le mille e più telecamere hanno tolto il mistero di un rito che era solo fra 22 pardon 23 in campo. Il racconto di chi vede lo spettacolo non è più solo dedicato all’atto tecnico ma si perde nei mille e più rivoli di una comunicazione che deve essere, a prescindere, spettacolare e carica di retorica, anche a costo di banalizzare estremamente il tutto. Le penne, o per meglio dire le tastiere di chi scrive, devono correre dietro a pettegolezzi di mercato, a gossip improbabili, a marketing selvaggio comunicativo per raccontare dettagli e numeri che forse con lo sport e la bellezza di un atto sportivo non c’entrano assolutamente nulla. Il tifoso e il giornalista si mescolano in un tourbillon in cui non si capisce più chi fa cosa e se, un tempo, il processo del lunedì, era un siparietto, quasi comico, per prendere le distanze dallo sport giocato. Oggi il contorno ha superato l’atto sportivo, ci sarà un limite a tutto questo?  io francamente lo spero. Nel frattempo come ammiccherebbe il buon Brera, un Dogliani per annacquare il ricordo.  

Ti conosco mascherina


Ha fatto sicuramente discutere la fotografia, in cui in modo goliardico, alcuni amici di differenti schieramenti sportivi si sono posizionati di fronte al monumento simbolo del Torino dopo Superga, il Filadelfia. Foto che doveva essere privata (ma nell’epoca di Istagram e facebook esiste ancora la privacy quando siamo noi i primi a violarla ??) ma che è diventata di pubblico dominio scatenando le ire delle opposte fazioni. Il consiglio e il suggerimento può andare nelle opposte direzioni, la prima è quella di respirare profondamente e di farsi una grassa e grossa risata, lo sfottò ci sta e chi ha frequentato le curve, come il sottoscritto, sa benissimo che è il sale del tifo purchè non diventi né becero né violento e magari finisca alla fine della partita. In seconda analisi se vai nella sede storica del Torino con una mascherina della Juve, allora un po’ di provocazione, anche se non muore nessuno, è perché la cerchi. Nel sancta sanctorum del tifo però l’appartenenza a una tribù è vista come un rito incontrovertibile in cui ci sono regole ferree, nei discorsi fra gli stessi tifosi, invece di dedicarsi all’analisi di una singola partita, si passano ore a disquisire sulla storia, quasi sempre fatta di soprusi, se contro, di bravura, se a favore. Insomma non ne usciremo mai credo proprio, ognuno convintamente attaccato sulle proprie posizioni. Era bello quando i tifosi, anche fra i dirigenti lo facevano con garbo e ironia, due su tutti l’avvocato Agnelli e Peppino Prisco e i giornalisti erano tali e non un’appendice della curva. Sarebbe bello tornare indietro ma immagino sia difficile se però tutti insieme facciamo uno sforzo e ci dedichiamo meno alle polemiche e più all’atto sportivo

domenica 19 luglio 2020

We shall back ? we are just come back


Decisamente i migliori in questo periodo post lockdown, come se la Pandemia avesse scatenato il sacro furore rossonero, vittorie di prestigio, reti a pioggia e un gioco in velocità da far invidia ai migliori preparatori. Merito di un gruppo che ha ritrovato fiducia e che nonostante le mille e più traversie sta ritrovando stimoli e voglia di tornare nell’élite del calcio. Un distacco di cinque anni, un’eternità per quello a cui eravamo abituati ma dopo la fine del rapporto berlusconiano e l’infelice parentesi gialla, siamo tornati a essere una società. Certo qualche tassello manca ancora ma la speranza di ritrovare la giusta via c’è. Il calcio è business è quindi un modello tedesco alla Rangnick è necessario, così come una guida tecnica in team, molti buoni acquisti effettuati da Rebic a Salemakers e altri in arrivo per una squadra che dovrà essere attiva e veloce in attesa di essere ceduta ad Arnault in un futuro non troppo lontano. Il tempo delle vacche magre sembra essere finalmente finito forse c’è speranza di un futuro migliore e allora torneremo a essere corsari anche in Europa  

La cultura è patrimonio di tutti anche degli influencer


Nella comunicazione culturale è fondamentale cercare di dare nuovi stimoli e nuove prospettive, usare mezzi alternativi e soprattutto di grande utilizzo proprio nell’esigenza di aumentare la propria visibilità. Questo il senso di due operazioni di mercato culturale che vanno a favore di questa logica: Mahmood al Museo Egizio che gira un video, e la Ferragni agli Uffizi; ora è fin troppo pacifico che dai suddetti non mi aspetti una spiegazione di natura culturale sulle opere esposte, né tanto meno una dotta dissertazione ma, nella cultura dell’immagine, un’operazione del genere mi porta a dire che probabilmente qualcuno, che mai sarebbe entrato, propria sponte, in detti luoghi, sarà attirato o per lo meno incuriosito. Le critiche, come sempre in Italia, piovono copiose ma sarà l’effetto successivo da misurare, e soprattutto quanto questa attività porti in termini di visibilità e perché no di indotto economico, solo questa è la chiave di lettura. Il pensiero dei perbenisti della cultura o di chi considera questo episodio di marketing un sacrilegio non ricorda o fa finta di non considerare come operavano gli antichi, i mecenati, che all’ombra della loro magione, castello, si contornavano di giullari, cantori (gli influencer dell’epoca) e di persone che ne celebrassero virtù e gesta. E sempre una questione di comunicazione se sai che esisto magari mi consideri     

martedì 14 luglio 2020

Le chiacchiere da bar tra adipe incipiente e deretani vai


Come al solito la differenza la fanno i contenuti e per un Foglio (inteso come testata giornalistica) che ci allieta con Essere e diventare Jurgen Klopp una sorta di retrospettiva sulla filosofia che sta alla base dell’allenatore vincitore dell’ultima Champions League, il giornalismo nostrano è diventato sempre più una sorta di vetrina dedicata al body shaming, dal posteriore di un ministro della repubblica all’adipe incipiente di un allenatore di serie A, c’è di che esserne fieri ma è tutta colpa di chi scrive o di chi legge. Una suddivisione della colpa è forse più corretta c’è l’offerta, assolutamente discutibile e c’è la domanda e la richiesta altrettanto orripilante da parte di chi legge da chi ascolta ecc. Ormai farsi gli affari degli altri, pratica sdoganata dai social, è un vero e proprio must così come guardare a volte censurando a volte commentando i comportamenti delle persone che stanno intorno a noi. E’ un mondo in cui il commento da bar è diventato licenza poetica e supremo giudizio. L’arena in cui i gladiatori esperti in rutti avanzano a pontificare e dare giudizi di merito. Flaiano bollerebbe questa situazione come grave ma non seria, occorre una sterzata e di brutto per tornare a comportamenti più consoni, ci riusciremo ?? la speranza è l’ultima a morire o per meglio dire una volta arrivati sul fondo si riuscirà a invertire la tendenza ??        

domenica 12 luglio 2020

Via del Sale, un tesoro per gli appassionati del turismo outdoor


L’outdoor è una delle perle turistiche insieme alla storia di cui gode il nostro paese e saperle vendere e valorizzare deve essere la chiave futura della nostra economia. Abbiamo paesaggi mozzafiato che la natura dipinge come fosse un quadro di Gillis von Coningxloo, uno dei più grandi pittori fiamminghi. Percorsi sportivi per tutte le categorie da quelli più impegnativi per arrivare a quelli alla portata di tutti. Se a tutto ciò condisci la compagnia e l’enogastronomia ecco che hai fatto letteralmente bingo e ti porti a casa un’esperienza unica. Di cosa sto parlando? Ma della Via del Sale, ormai un appuntamento fisso annuale che sa regalarmi ogni anno emozioni diverse anche se il percorso dallo Chalet le Marmotte a Limone fino ad arrivare al Rifugio Don Barbera è sempre quello. Istagram dovrebbe creare una categoria apposita tanti sono gli scatti che si possono realizzare, dalla struttura del forte a poche centinaia di metri dalla partenza, all’intersezione con le strutture sciistiche che fanno da cornice, alla splendida definizione dei percorsi che si stagliano in tutta la loro bellezza e si arrampicano sulla cima di queste montagne. “Zabrinskie point” è una meta obbligata una tappa e una sosta per godersi la maestosità di un luogo unico. La successiva discesa al Don Barbera, e sono chilometri, ti proietta in una natura incontaminata rotta solo dal suono delle forcelle delle e-bike e dai motori delle moto che attraversano quasi silenti e con molto rispetto questo spettacolo. L’Atl del Cuneese con Conitours, con la loro consueta maestria fungono da regia occulta, ma testano sempre sul campo di persona la bontà delle loro proposte e questa volta si fanno accompagnare dal testimonial d’eccellenza, quella Marta Bassino, che proprio pochi chilometri a valle ha avuto i suoi natali a Borgo san Dalmazzo. L’atleta abituata a gareggiare sul filo dei centesimi qui si perde a provare e riprovare la sua bike in queste stradine, si ripide e scoscese, ma che garantiscono spettacolarità e bellezza e allora usiamo il suo pay off: “venite a provare le montagne del cuneese non ve ne pentirete”.

Ofelè fa il to mesté


Non sono uso comprare quotidiani sportivi ma sabato per la Gazzetta ho fatto un’eccezione, l’occasione era ghiotta per assaporare la lunga intervista in cui Zlatan svelava retroscena del mondo del calcio e del Milan. Lo svedesone è sicuramente un asso del marketing e ha costruito sulla celebrità di un personaggio e sui suoi atteggiamenti una vera e propria macchina di comunicazione. Chapeaux veramente perché a fronte di un atleta integerrimo sul campo ha creato il mito. Beninteso non si discute l’uomo e i risultati più personali che di squadra sono li a testimoniarlo. Prodezze e reti incredibili ma di trofei ben pochi a parte scudetti (mancano coppe e trofei continentali) emblematico il caso nel 2009 quando va al Barcellona al posto di E’too e l’inter si porta a casa il triplete dopo aver salutato Zlatan. Ma non è questo l’argomento di cui voglio parlare ma l’intervista venduta come l’ultima verità sulla prima squadra di Milano. Ebbene fior di banalità, scherzi, è un vero burlone, e mezze frasi su un futuro che è già scritto, soffiate di qualche dirigente, magari ex, pronto a gettare un po’ di veleno sul progetto futuro. E così nella settimana che ha visto la vittoria roboante sui resti di quella era la squadra che aveva dominato il nono campionato di fila, siamo riusciti nell’impresa di gettare ulteriore benzina sul fuoco di un cambiamento che sarà definito sulla squadra (meno bandiere e più finanza) perché questo è il futuro di un gruppo, anche nel mondo pedatorio. Risultati e stabilità economica, con questi, costruisci storie che sono destinate a durare nel tempo e come dicono, sempre a Milano, “ofelè fa il to mesté”. A buon intenditor.

lunedì 6 luglio 2020

Marta Bassino una campionessa per l'Atl del Cuneese


Sono passati cinque anni da quando una giovanissima Marta Bassino varcava la porta dell’ATL del Cuneese per portare il suo sostegno al turismo del cuneese. Era una giovane promessa timida che in punta di piedi cercava di dare il suo contributo alla Provincia Granda, ricordo la passione con cui il Presidente, buonanima, Vercellotti apponeva sul casco della giovane il logo dell’Atl, una scommessa certo, ma ora a distanza di tempo possiamo dire vinta. La capacità di un territorio di allevare i suoi figli migliori, di guardare sempre al futuro con speranza e determinazione per vincere le sfide di un domani che si chiama turismo e passione. Ed è con la stessa freschezza, che oggi Marta, con il suo inconfondibile sorriso ha saputo rinnovare quella promessa di promuovere il suo territorio. E lo fa dopo vittorie e podi in giro per il mondo con la stessa freschezza e naturalezza con cui si era avvicinata anni fa con grande rispetto e passione. Una campionessa lontano dallo show biz che spesso caratterizza il circo bianco. L’Italia e il Piemonte hanno bisogno di esempi come quelli di Marta Bassino, storie di passione, di provincia e di sport. Il connubio è destinato a dare ampia soddisfazione con un’ambasciatrice di questo stile e siamo sicuri che nei prossimi appuntamenti televisivi farà capolino anche un pezzetto di Granda stimolando il grande pubblico a conoscere meglio e bene questo angolo di paradiso che ha dato i natali a una campionessa umile e determinata. Gran colpo Presidente Bernardi ci vediamo al prossimo podio.

Ma quanto riso si può coltivare: le disposizioni, gli editti e le leggi



Vercelli terra di riso da sempre deve la sua fortuna economica a questa coltura ma non tutto è stato facile, soprattutto in tempi antichi, c’è stato un periodo infatti in cui la coltivazione ha rischiato di essere messa all’indice per un problema ecologico. Verso la fine del 1400 la coltivazione si era estesa in gran parte della pianura padana. Il Medioevo aveva trasformato la pianura in acquitrini, ma Principi e Ordini religiosi (in modo particolare i cistercensi) si erano dati da fare per estenderla prima in Lombardia poi nel novarese, nel vercellese e infine nella zona di Saluzzo presso l’abbazia della Staffarda. Le zone paludose e altre asciutte ma irrigate da un sistema molto diffuso avevano permesso la diffusione della coltura, ma allo stesso tempo avevano favorito anche la diffusione della malaria a un numero sempre crescente di persone. La situazione cominciò a diventare grave proprio nella zona di Saluzzo intorno al 1523, si cercò di proibire la coltivazione del riso, ma seppure il vescovo di Vercelli Bonomio, avesse sconsigliato agli ecclesiastici la coltivazione era fuor di dubbio che il valore della terra in possesso del vescovato era enormemente aumentato grazie proprio a questa coltura. Allora venne emanato un Ordinato nel 1592 in cui si chiedeva al duca Carlo Emanuele di stabilire confini e grandezza delle risaie e il primo editto fu emanato nel 1607, e a questo ne seguirono altri fino alle legge del 1866 che demandava alle province le competenze della regolamentazione delle risaie sentito il parere competente del Consiglio Superiore della Sanità. Erano previste anche sanzioni piuttosto salate contro le risaie abusive, ma di fatto non fu effettuato mai un vero e proprio controllo, anzi le coltivazioni continuarono a prosperare e in alcuni casi furono emessi degli editti, praticamente una sorta di condono tombale. La malaria di fatto scomparì e quindi anche gli editti che erano stati via via emessi non rimasero altro che un ricordo. Le province di Novara e di Vercelli non diventarono altro che un vero e proprio modello di coltivazione e una potenza gastronomica ed economica del riso

domenica 5 luglio 2020

Sei scarso !!!!


Le partite a porte chiuse sortiscono un effetto quanto mai burlesco nel gioco del calcio, parolacce quando non bestemmie sono la colonna sonora del gioco, certo quando 60.00 tifosi urlano non si sente nulla e il compito del bordocampista (citazione doverosa dell’articolo di Nosotti sul Foglio di sabato) diventa difficile oltre che intrigante, mentre invece senza pubblico tutto così scontato come in un campo di Promozione. E quindi può capitare che il referee (arbitro ndr) se in giornata non di grazia possa imbufalirsi per un commento sulle sue qualità di giudizio, snocciolando il cartellino rosso sotto il naso del giocatore scontento. Forse occorrerebbe una maggiore comprensione e da parte di chi giudica anche nel fare spallucce di critiche provenienti dal campo in fin dei conti quando a insultarli provvedono gli spettatori mica squalificano il campo ? o no ?

Occhio al Titolo


Il caldo gioca sicuramente brutti scherzi e chi lavora in questo periodo rovente, dopo un lockdown lungo e pesante condito da cifre su contagiati e guariti può darsi che possa sbroccare ma mai come il titolista della stampa di oggi: Capalbio una tromba rovina il week end alla sinistra radical chic???????

Ma cosa è successo: articolo postato con un titolo a effetto per racimolare click oppure articolo buttato in rete senza gli opportuni controlli con un titolo che sembra fuoriuscito da una battuta da bar ? il dilemma esiste anche perché la testata di scivoloni del genere ne ha fatti pochi e lo storico giornale è da sempre insieme al corriere sinonimo di professionalità e soprattutto di commenti poco oltre le righe. Se però il futuro del giornalismo è questo c’è poco da stare allegri, se per farsi leggere bisogna fare i tifosi o peggio i sensazionalisti. Si chiede più moderazione a tutti, ci si lamenta che la rete è diventata una cloaca e poi i primi da bacchettare sono proprio gli alfieri della comunicazione??. Verranno tempi migliori ma trasformare l’informazione a questa stregua è assolutamente da condannare, sarebbe bello che i lettori, cioè chi paga l’informazione, e anche gli inserzionisti pubblicitari valutassero di sospendere l’adesione a queste testate, forse torneremmo a scrivere in modo più composto e a leggere articoli più interessanti e non commenti da osteria. Questa si che sarebbe una vera e propria rivoluzione culturale. Ah per inciso vale anche per la tv. Più cultura e meno reality

Briganti la serie Netflix che si ispira alla storia del Brigantaggio meridionale

Pietro Fumel  Le fiction storiche da sempre mi attirano e su Netflix mi sono lasciato trascinare a guardare quella dedicata al brigantaggio ...