lunedì 18 dicembre 2017

Niente di nuovo sul Fronte Occidentale a parte il lanciafiamme


Il 19 dicembre 1916 termina il più grande carnaio d’Europa, quando le questioni venivano decise non a tavolino ma sui campi di battaglia, quando la grande Bertha aveva un potere dissuasivo enorme altro che la Merkel. Stiamo parlando di Verdun, milioni di uomini coinvolti e la disputa di pochi metri di trincea da uno schieramento all’altro. Milioni di proiettili sparati, un terreno arato in continuazione da bombe e shrapnel. Più di seicentomila morti in entrambi gli schieramenti per una battaglia durata nove mesi. Forti persi e ripresi in settimane a prezzi indicibili. Milioni di pallottole sparate e centinaia di migliaia di litri di rhum e cognac consumati a fiumi perché puoi anche avere il coraggio ma a volte andando all’assalto era meglio farlo instupidito altrimenti non lo avresti mai fatto. Di fatto una battaglia che non portò a nessun guadagno territoriale e fu una vittoria difensiva pagata a carissimo prezzo dai francesi, grazie anche al dispendio di vite umane inglesi sulle Somme. 37 milioni di colpi di cannone sparati è stata la più grande concentrazione di artiglieria mai vista fino ad allora. Vi erano inoltre ben 13 mortai da 420 mm (le famose grandi bertha e Moser capaci di sparare un proiettile da oltre una tonnellata), 2 cannoni da marina da 380 mm Langer Max , di lunghissima portata e al sicuro dall'eventuale reazione francese, 17 mortai austriaci da 305 mm 17 (o "cannoni Beta") e un'enormità di pezzi da 210 mm e 150 mm a tiro rapido che divennero la quotidianità con cui si confrontarono per quasi un anno i difensori francesi. Una nuova e micidiale arma fece la sua comparsa proprio allora: il lanciafiamme. Per non dimenticare.

domenica 17 dicembre 2017

Avanti Savoia


Con il rientro della Salma di Vittorio Emanuele III si dovrebbe chiudere il cerchio di un periodo storico che ha segnato fasti e lutti di una nazione giovane come la nostra. Non è il momento di fare processi alla storia anche perché la dinastia Savoia si dimostrò debole e fallace soprattutto quando dovette far crescere non tanto la nazione quanto gli italiani. La celeberrima frase: "fatta l’Italia dobbiamo fare gli italiani" è li imperitura a segnalarci che noi siamo degli splendidi individualisti, inventori, sagaci ma proprio non riusciamo mai a diventare popolo coeso e forte come lo sono state e lo sono tutt’ora altre nazioni, su tutte Francia, Germania e Inghilterra. Il problema dei Savoia e il rientro delle salme, a parte anche il pagamento dell’eventuale gasolio degli aerei da Alessandria d’Egitto a Roma (che facciamo una fattura di scarico merce ??) non mi sembra tale da creare un principio di lesa maestà. La storia e gli eventi hanno di fatto condannato una casata che per l’antesignano Carlo Alberto avevano coniato un appellativo inappuntabile: il re tentenna. Una incapacità cronica di prendere decisioni che portò la casata a fare cose buone e altre pessime. Dalle leggi fascistissime approvate e anche quelle razziali assolutamente deprecabili, al fattivo apporto per far cadere il fascismo e chiedere l’armistizio, salvo poi fuggire in gran fretta a Brindisi per non essere catturato dai tedeschi. I Savoia hanno rappresentato quindi uno specchio fedele dell’Italia sempre pronta a non schierarsi mai nel bene come nel male e forse questo è proprio un icona della nostra personalità. Non sarò di certo tra coloro che si recheranno a Vicoforte per una visita pastorale, anche se il Santuario di Vicoforte nel Cuneese merita senza ombra di dubbio una visita con annessa ascesa alla Cupola, ma rimane un elemento che potrà portare eventuale beneficio turistico e tanto basta in un paese che purtroppo ha deciso di realizzare un museo del fascismo a Predappio (Sic.!!!). Se proprio devo ricordare i Savoia mi piace citare l’esempio del Duca d’Aosta che resistette agli inglesi all’Amba Alagi nel 1941 e morì in prigionia coi suoi uomini e Testa ad fer Emanuele Filiberto che sconfisse i francesi a San Quintino nelle Fiandre nel 1557 e importò in Italia il cioccolato. Ecco questi gli esempi da ricordare, il resto è storia

domenica 3 dicembre 2017

ICONE REICH

 
La bandiera neonazista appesa nella cameretta del milite (per il momento ancora ignoto) ha come si poteva pensare scatenato i pro e i contro. C’è persino chi disquisisce sul fatto che trattasi non di croce uncinata, ma di bandiera del secondo reich. Verissimo, però questo è il simbolo utilizzato diventato da tempo icona ineludibile dei vari movimenti neonazisti dell’Europa. Un richiamo a un passato di cui francamente non si sente la nostalgia, ma notiamo come crassa sia ancora l’ignoranza in materia sia da parte di chi critica sia da parte di chi difende. Ancora una volta uno studio anche solo superficiale della storia non guasterebbe. Una domanda però sorge spontanea ma perché le estreme destre vogliono circondarsi di icone perdenti (nazismo, fascismo ecc.) cosa sperano di dimostrare, il presunto ordine di cui parlano non ha portato altro che disordine e povertà. Ha mandato a morire centinaia di migliaia di persone in nome di cosa ?? un ideale ?? quale? la sopraffazione? Di una cosa bisogna aver paura, non bisogna sottovalutare il peso di questi gesti teatrali sono il frutto di una crassa ignoranza che deve essere combattuta solo con la cultura. Quanto al milite lo si costringa a studiare e a informarsi, se poi invece di attaccare poster inutili, appende la copertina di play boy, forse è meglio.

MALEVENTUM


La citazione storica è quasi d’obbligo oggi dopo la rete di Brignoli, poliedrico portiere del Benevento che realizza una rete storica per il primo punto della squadra campana in serie A. contro ci sono quei barbari che scendono da Milano anche se capitanati da quel guitto di Rino Gattuso. Il richiamo è alle guerre sannitiche di 2292 anni fa, quando Pirro, re dell’Epiro, affrontò le truppe romane con i suoi elefanti e i suoi reparti e soccombette grazie alle tecniche di guerra riscoperte dagli eredi di Romolo e Remo, Mario Curio Dentato (frecce incendiarie lanciate sugli animali) la vittoria fece cambiare il nome del posto da Maleventum a Beneventum, perchè il ricordo è importante e i Romani erano anche vogliosi di ricordare eventi fortunati. Oggi, temo, che il mio Milan si ricorderà di una partita non giocata poi così male ma che, proprio per il carattere storico del primo punto in serie A per i campani, si trascinerà nella memoria per diverso tempo. Mala tempora currunt

Un ultima partita perfetta, l'Orange si congeda tra gli applausi convinti del pubblico

  La partita perfetta non esiste di solito, ma quella disputata al Palabrumar, oggi, per l’Orange Futsal ha tutti i crismi per diventarla. U...