sabato 25 aprile 2020

Grazie Nonno



La storia delle nostre famiglie contiene di sicuro un pezzo che si confronta con la realtà di eventi che abbiamo subito tutti. Parlare di Resistenza significa ricordare quello che è successo ai nostri nonni e ai nostri genitori andare a una memoria, a volte pudica, a volte refrattaria di momenti che abbiamo vissuto sulla nostra pelle. Ricordo che mio nonno paterno, omonimo, dopo aver fatto parte degli alpini con il grado di sergente, dopo l’otto settembre ha abbandonato la divisa ed è rimasto per due anni con altri gruppi di ragazzi coetanei sulla Serra, di volta in volta tornando alla Cascina Belaria che era casa a vedere i suoi figli tra cui mio padre. Un giorno mio padre che aveva sei anni ha trovato sull’uscio della cascina una pattuglia tedesca e un militare della Wermacht che ha gettato ai suoi piedi un caricatore vuoto urlando al bambino “questo è il pane per i partigiani” e puntandogli contro il fucile. Per nulla intimorito mio padre guardò incuriosito quel giovane che poteva avere l’età del suo genitore. Nei pressi del Mulino di Ponderano la pattuglia venne eliminata poco dopo ma per fortuna non ci fu rappresaglia. Questa storia insieme a tante altre fatta di scene di vita quotidiana, come quella volta che sempre lui l’Adriano scavezzacollo, scappò da casa per andare da sua padre in montagna e fu recuperato dallo zio, nei pressi dell’incrocio tra l’odierno Viale Maccallè e via Rosselli, nei pressi del Cippo in cui cadde un ponderanese doc Gariazzo Renato nome di battaglia Zazà. A volte penso al fatto che la vita è anche fortuna se quel bimbo lo avesse raccolto un repubblichino o peggio un tedesco avrebbe purtroppo rivelato l’appartenenza alla Resistenza di Giuseppe Rasolo, nome di battaglia Nano, ma per fortuna non andò così

giovedì 23 aprile 2020

Un biellese rivoluzionario




Chi dice che i biellesi siano gente riservata tutta dedita al lavoro senza troppi grilli per la testa probabilmente non ha mai conosciuto Giovanni Battista Marocchetti, una vita da rivoluzionario, da sobillatore, e da partecipante a vari moti popolari. Nasce in Riva, quartiere storico della città di Biella, penultimo di dieci fratelli appartenente a una classe sociale medio alta. Si laurea in legge a Torino, ma si percepisce fin da subito che il lavoro e la scuola non sono altro che espedienti per incontri e per organizzare proteste e moti rivoluzionari. Partecipa in vario modo a quelli del 1797, a quelli del 1821, del 1830, ma si tratta di imprese che non portano da nessuna parte. Viene condannato in contumacia più volte, la sua effige viene messa all’indice e vive da fuoriuscito a Parigi. Tornerà nella natia Biella solo alla fine del suo peregrinare negli anni quaranta dell’800. Oltretutto pur se promotore di rivoluzioni riesce sempre a farla franca e a scapare alla forca. Nel 1797 la sommossa partita dalla sua villa in città, porta all’arresto di oltre duecento biellesi e di questi una buona parte saranno passati per le armi, ma non lui. Dopo aver soggiornato a Milano e aver conosciuto la crema dei letterati dell’epoca parte con una armata decisamente Brancaleone alla volta di Domodossola ma l’esercito regolare ne contrasta gli ardori e proprio nella città piemontese scampa miracolosamente a un’altra fucilazione: vaga per Casale, Arona, Losanna, Vaux, Marsiglia ottiene anche alcune cariche, come sottoprefetto di Voghera e senatore a Parigi, ma si tratta di titoli di breve durata. Ottiene l’Amnistia piemontese alla nozze di Vittorio Emanuele II nel 1842 e così, pur se anziano, può tornare alla natia biella dove la sua casa diventa meta e pellegrinaggio di patrioti come Casati. Fa in tempo a vedere promulgato lo statuto Albertino e a intravedere un po’ di speranza patria con i primi anni di Vittorio Emanuele anche se la morte lo coglie 91enne nel 1851 confortato dall’Amico Monsignor Losana, vescovo della città. Curiosamente fece affiggere una targa sulla porta della sua casa in latino: Nunc dimittis servum tuum Domine (lascia che il tuo servo vada in pace o Signore) , anche se si mormora che la sua ultima parola sia stata Italiam

domenica 19 aprile 2020

La contabilità e la storia. Divergenze e convergenze



Ha fatto discutere e non poco il parallelismo tra i defunti per la pandemia in Lombardia e i caduti civili per bombardamenti alleati durante il secondo conflitto mondiale. Secondo il commissario Arcuri, per mettere in evidenza la gravità della malattia ha messo in competizione i morti sotto le bombe inglesi e americane tra il 1940/45 e quelli verificatesi nelle strutture sanitarie e contagiati dal coronavirus. Ora che Bomber Harris, come veniva affettuosamente chiamato il capo dell’armata aerea alleata, fosse un virus probabilmente lo pensavano i gerarchi fascisti durante la guerra, ma mettere in corrispondenza un evento luttuoso determinato da una malattia con atti deliberati e scellerati frutto di una strategia della tensione mi sembra quantomeno azzardato e fuori da ogni logica. La storia e il passato continuano a essere analizzati senza tenere conto né della logica, né della contingenza dei fatti e ogni tanto qualcuno, magari poco avvezzo allo studio della stessa materia, usa a proprio piacimento numeri per fare audience ma che poco hanno a che fare con la realtà dei fatti. Parallelismi però se ne possono fare, ad esempio perchè non mettere in evidenza un periodo storico in cui l’opulenza aveva raggiunto livelli molto alti, in cui c’era pressione alle frontiere da parte di popoli che spingevano alla ricerca di un destino migliore, di una spesa pubblica incontrollata in cui l’assistenzialismo aveva raggiunto livelli non più sopportabili e proprio alcune malattie rischiarono di far collassare l’economia di un continente con quello attuale. Di cosa stiamo parlando? Ma della crisi del terzo secolo dell’impero romano, stessi problemi e stesse cause, chissà se sarà risolta allo stesso modo. Se invece vogliamo citare i bombardamenti possiamo farlo con quello di Tokyo del marzo 1945, li i morti furono più di centomila quasi come l’attuale crisi (però in quell’occasione la conta del disastro venne effettuata in una sola giornata. Vale ? )    

sabato 18 aprile 2020

Milan ai milanisti ?



E’ stato il mantra degli ultimi anni, quasi che non esistesse altro Dio di allenatore che fosse in grado di capire i dettami del buon gioco se non aveva prima indossato i colori rossoneri. In principio fu Ancelotti per cui fu sbolognato in fretta l’imperatore Terim, e poi via a cascata tutti gli altri Leonardo, Seedorf, Gattuso, Inzaghi, Brocchi e tra i Dirigenti Boban e Maldini. Ma non sempre calcare il prato magico di San Siro in pantaloncini corti garantisce il tocco magico sulla panca. A questo sono arrivati in pochi Capello prima di Ancelotti ha avuto ugual fortuna Liedholm per la gioventù e forse sarebbe stato bello vedere Trapattoni sulla panca del Milan oltre agli esordi. Allenare è un mix strano di tecnica di gioco, capacità organizzativa e gestione dello stress. Se guardo ai grandi successi del Milan degli ultimi trent’anni e penso al prossimo futuro vorrei avere forse un allenatore vero e non un campione del passato, apertura a Rangnik penserà qualcuno, forse si. Credo solo che sia giunto il momento di voltare pagina, non confrontarsi sul passato ma aprire un nuovo corso. Solo così si svolterà

domenica 12 aprile 2020

Telegiornalisti non ci si improvvisa. Viva la professionalità



In principio era Conte, conferenza ogni tre per due per darci il nuovo modello di autocertificazione, poi, tutti ci siamo adeguati. Lo spirito è quello di comunicare attraverso i video, dalle riunioni per lavoro, ai cazzeggi, ai proclami modello dittatoriale pronti e usi ad ammorbare il popolo con comunicati a volte strampalati a volte anche interessanti sullo scibile umano. Se facebook aveva sdoganato il pensiero di milioni di persone, ora gli smartphone e le innumerevoli applicazioni hanno creato una platea immensa di video-giornalisti iperconnessi via social a comunicare. I risultati a volte sono esilaranti, a volte meno, e così tra video improvvisati e messaggi non sempre consoni si prova un po’ di nostalgia per il lavoro dietro le quinte di una televisione, dove una professione non si improvvisa. Chi fa il regista al bancone o l’operatore di studio, o lavora nella post produzione di un programma, così come di un prodotto multimediale, naviga con l’esperienza di una professione che non si improvvisa, ma che è frutto di continue prove e di lavori certosini, spesso di gruppo. Questo mi spinge ancora di più a pensare che ci sia bisogno sempre più di qualità nelle professioni come quelle che vi sono all’interno dei network siano questi privati o pubblici. La televisione se fatta bene è un grandissimo valore aggiunto non solo per il mondo dell’informazione ma anche per quello dell’intrattenimento, quindi proteggiamo il valore aggiunto di chi lavora nel settore in fin dei conti lo diceva anche Flaiano: “Fra 30 anni l'Italia non sarà come l'avranno fatta i governi, ma come l'avrà fatta la TV” per cui facciamola bene

mercoledì 8 aprile 2020

Nessun cerimoniale siamo piemontesi


Da sempre uno degli aspetti che caratterizza Governi e reami è quella legata alle forme protocollari servono per dare un contegno se vogliamo antico di un certo modo di comportarsi, una sorta di bon ton in cui è possibile trovare antichi retaggi. Un protocollo diplomatico modello ancien regime che anche nel periodo risorgimentale soprattutto fra le varie casate europee aveva un certo seguito. Ma Torino, dopo l’infausta campagna della prima guerra d’indipendenza era rimasta una delle poche corti in cui si cercava di guardare al futuro con idee nuove e assolutamente non barocche. L’intensificarsi delle attività diplomatiche porta come conseguenza l’incontro con nuove abitudini e nuovi costumi e atmosfere internazionali. Le novità protocollari si scontrano però con la sobrietà tipica dei piemontesi che proviene da una tradizione per certi versi militare e agricolo - Ne abbiamo una riprova nel 1852 quando scompare l’ex ministro degli interni Pier Dionigi Pinelli che aveva fatto parte del dicastero di Massimo d’Azeglio agli avvenimenti politici di anni intensi e travagliati compresa la successione tra Carlo Aberto e Vittorio Emanuele. IL Consiglio dei Ministri per onorare la dipartita decise di proporre al Re di inviare un suo rappresentante in forma ufficiale ( e si pensò al successore di Pinelli tal  Alessandro Pernati di Momo) ai funerali con la dicitura che in altri paesi europei come Francia e Belgio questa era l’usanza in corso. Questa prassi che non venne discussa in anticipo con Sua Maestà non incontrò il favore di Vittorio Emanuele che rispose in modo molto seccato al Ministro degli Interni. Una lettera molto piccata: “Caro Pernati io mi attengo alle usanze del Piemonte e non certo a quelle francesi o belghe e non cambio assolutamente parere. Già mi sembra uno sproposito che si mandi tutta la guarnigione, il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto parlarmene in anticipo e non farsi certo dettare legge dai Deputati A rivederla domani o dopodomani”. Insomma non proprio un buon rapporto del Sovrano con gli esponenti del Governo, rapporto che prosegui e fu ancora più aspro con Cavour, il quale al Re non le mandava certo a dire

lunedì 6 aprile 2020

Ladri di biciclette a ...... Torino 1947



C’è stato un tempo non troppo lontano in cui a Biella per celebrare la Provincia nel secolo scorso venne concessa la targa alla Thema Ufficiale del Comune di Bi00001. Quello dell’identificazione territoriale è stata sempre un vezzo tipicamente italico dei mille campanili, come non ricordare l’amico Andrea lo farà senz’altro la targa di Aosta (AO spesso accumunata alla I da cui il riferimento al passato impero coloniale). A Torino il 17 marzo 1927 venne data la prima targa con la scritta TO . Ma nel ventennio non si viaggiava molto né si compravano macchine tant’e vero che la 50.000 autovettura venne immatricolata nel 1938. Un anno nefasto in cui si verificarono nella capitale sabauda 1140 incidenti con 38 morti e 1280 feriti (un vezzo come si vede sempre attuale). Ma colpa degli automobilisti indisciplinati ?? non solo pare che anche il servizio pubblico fosse deficitario in tal senso. Nel 1942 in piena guerra 444 i sinistri con 45 morti e 461 feriti, filobus e tram gli indiziati numeri uno. Oggi l’automobile la fa da padrona, ma nel dopo guerra 1947 il traffico come era composto. In un ora di punta in corso Galileo Ferraris passavano 674 automobili, 136 tram, 389 autocarri, 22 carri trainati da cavalli 17 carretti a mano, 131 moto e 981 biciclette, insomma un traffico variopinto.

domenica 5 aprile 2020

Ripartiamo a settembre



Mentre il mondo dello sport continua a procrastinare giustamente i propri eventi a tempi migliori dalle Olimpiadi al Giro d’Italia, il mondo pedatorio europeo si distingue per un incredibile ignavia dei problemi di salute dei suoi adepti e discute di ripresa di titoli di coppe e di affari. Un vero peccato che gli interessi, quelli si milionari, siano presi sulla pelle di tutti, tifosi compresi. Un anno di stop comprensibile con successivo congelamento di campionati e traguardi finali sarebbe la soluzione più corretta, invece chi dirige il circo mediatico preme e spinge per riprendere spinto da evidenti interessi. Costa tanto rimandare tutto settembre? costa tanto prendere una decisione che riguarda anche tutto il settore con le serie inferiori? e soprattutto quali misure si possono prendere a favore delle mille e più società dilettanti o ai limiti del professionismo – penso alla serie C - che sopravvivono grazie all’opera indefessa di dirigenti e volontari. Il coronavirus se ha sconvolto le vite di tutti sicuramente cambierà anche le abitudini del calcio a 11 o almeno questa è la speranza, calmierazione dei prezzi, una migliore organizzazione sia della parte sportiva che di quella sociale questa varrebbe più della vittoria di una Champions. Sarà così ?

venerdì 3 aprile 2020

Cerea. Il canottaggio agonistico nasce a Torino



Come sempre Torino e il Piemonte sono sempre stati in prima linea nel far partire per la prima volta attività di impresa o sport. Non ne è da meno una delle categorie sportive che è facile vedere anche oggi sul Po mentre si allenano. Stiamo parlando del canottaggio e in effetti proprio il 16 luglio del 1865 si svolge sul bacino del Po la prima gara di canottieri italiani organizzata con il patrocino del Municipio di Torino con imbarcazioni a due o quattro vogatori in piedi alla veneziana oppure seduti. Un evento per il periodo e uno sport che tonifica muscoli e cervello e mette a contatto con la natura. La prima società nasce nel 1863 per iniziativa di alcuni gruppi di giovani decisi a trasformare la passione per una gita in barca in uno sport dal sapore agonistico. Fatto curioso siccome era in voga tra gli sportivi salutarsi con l’intercalare tipico sabaudo; la prima società si chiamò proprio Cerea, subito seguita da altri sodalizi che si chiamavano Eridano o Flick Flock. La manifestazione del luglio 1865 ebbe un vastissimo seguito di pubblico con molti spettatori assiepati sulle rive del fiume e grazie anche ai colori sgargianti che disegnavano i costumi degli atleti. Secondo alcuni storici tuttavia queste gare venivano effettuate anche in passato pare infatti che già nel lontano 1624 all’epoca della guerra dei trent’anni per svagare i concittadini vi fossero manifestazioni simili. Inoltre per celebrare vittorie o genetliaci si tennero riunioni particolari come il 14 giugno 1801 quando Napoleone festeggiò l’anniversario della sua vittoria a Marengo ottenuta l’anno prima contro l’esercito austriaco ottenuta proprio nell’alessandrino, oppure il 12 aprile 1842 quando si festeggiò il matrimonio tra l’erede al trono Vittorio Emanuele che poi diventò il primo re d’Italia alle sue nozze con Maria Adelaide d’Austria. Chissà a quell’incontro se partecipò anche il maresciallo austriaco Radetsky, con ogni probabilità si, anche perché quando lo incontrò sul campo di battaglia di Novara, esattamente sette anni dopo, il vecchio soldato austriaco non volle infierire contro quello che considerava non a torto una persona vicina al casato asburgico

Briganti la serie Netflix che si ispira alla storia del Brigantaggio meridionale

Pietro Fumel  Le fiction storiche da sempre mi attirano e su Netflix mi sono lasciato trascinare a guardare quella dedicata al brigantaggio ...