giovedì 27 luglio 2017

Quando i libici ce le suonarono. La strage di Sciara Sciatt

www.giovannigiolitti.it

Sciara Sciatt è il nome di una strage di italiani sul suolo libico che forse pochi ricordano e che si svolse poco più di un secolo fa, quando guarda caso Francia e Italia, corsi e ricorsi storici, non se le mandavano a dire per le terre d’oltremare e in cui la Libia (Tripolitania e Cirenaica anche allora) era oggetto di contesa militare e non solo. Anche all’epoca le discussioni sugli organi di stampa erano all’ordine del giorno. Poi Giolitti, l’uomo di Dronero, piemontese doc, dette il via all’occupazione manu militari della zona costiera vicino a Tripoli, La Libia all’epoca era mal controllata dai Turchi, quella che un tempo era stata una gloriosa e gioiosa macchina da guerra, era al lumicino. L’Italia contribuì di fatto a far scoppiare la polveriera dei Balcani facendo emergere la pochezza della macchina militare ottomana. Ma in Africa, a comandare, non vi erano solo gli eredi di Solimano il Magnifico ma decine e decine di tribù, quelle assoggettate da Gheddafi fino al 2011 e dopo l’occupazione della costa ci fu il contrattacco che portò alla sconfitta di Sciara Sciatt. Il 23 ottobre 1911 i turchi di sorpresa cercarono di occupare le posizioni tenute dei bersaglieri proprio in prossimità dell’Oasi costringendo gli italiani a ripiegare, la quarta compagnia si asserragliò nel cimitero di Rebab, dove, dopo aspri combattimenti, si arrese al numeroso nemico. Quando gli italiani si ripresero e passarono al contrattacco la scena che videro nel cimitero fu raccapricciante i prigionieri erano stati accecati, decapitati, crocifissi, sviscerati, bruciati vivi o tagliati a pezzi (come recita la relazione ufficiale). Scattò la caccia all’arabo e tutti coloro che furono trovati con armi addosso furono immediatamente fucilati. L’arrivo di rinforzi portò nel breve volgere di qualche settimana al recupero delle posizioni perse e i prigionieri libici furono poi portati alle Tremiti (si tratta di quei patrioti, per conto di Gheddafi naturalmente, su cui il dittatore libico chiese poi in seguito gli indennizzi). La Stampa inglese condannò ovviamente l’azione italiana, mentre l’opinione pubblica italiana avvallò l’operazione ritenendo ahimè il bel suol d’amore libico irto di spine. Son passati cent’anni ma stiamo ancora discutendo di quella zona.

mercoledì 26 luglio 2017

Quando i manganelli volavano. La strage di Torino del dicembre 1922

comune di torino
 
Forse non tutti sanno cos’è stata la Strage di Torino del 18/20 di dicembre del 1922. Quando uno oggi inneggia al Fascismo è bene ricordare quelli che erano i prodromi su cui sorse la dittatura che governò l’Italia. Matteotti fu un fulgido esempio di come l’avversario politico poteva essere eliminato e in quella Torino in cui la componete socialista e anarchica era forte lo scontro era inevitabile. L’Antefatto che porta alla tre giorni di massacro è l’agguato in cui cade il 17 dicembre Francesco Prato, tranviere comunista, per mano di Carlo Camerano, Giuseppe Dresda e Lucio Bazzani. Il tranviere si difende e nella colluttazione muoiono due degli assalitori. La vendetta è così servita su un piatto d’argento, nei tre giorni successivi le squadracce di Piero Brandimarte imperversano al calar delle tenebre e uccidono 14 uomini e ne feriscono 26 tra i caduti il segretario della sezione torinese del Sindacato Metalmeccamici Piero Ferrero, malmenato torturato e legato a un camion che ne trascina per diverse centinaia di metri il corpo. Agghiacciante il commento del Bradimarte abbiamo 3000 nomi di sovversivi, tra questi ne abbiamo scelti 24 e i loro nomi li abbiamo affidati alle nostre migliori squadre. Questo invece il commento di Benito Mussolini “come capo del fascismo mi dolgo che non ne abbiamo ammazzati di più, come capo del Governo debbo ordinare il rilascio dei comunisti arrestati (dal libro di Walter Tobagi gli anni del Manganello). Questo il clima in cui il Fascismo prese il sopravvento. Per la serie meglio ricordare e studiare.


lunedì 24 luglio 2017

Italiani brava Gente ? A Durango sicuramente no


Italiani brava gente titolava un noto refrein in voga, ma è stato sempre veramente così. Una sorta di cliché ha sempre tenuto a rappresentare in modo molto positivo il militare italiano spesso in contrasto con la cruda cattiveria manifestata dalla Wermacht, ma la realtà spesso non è stata cosi. Il generale Graziani ne è stato un fulgido esempio, mentre non sono mancati gli episodi che dimostrano come le belle pagine gloriose di Achille Beltrame, tanto in voga durante la prima guerra mondiale, non fossero che retaggio di un passato lontano. Proprio in questi giorni compare sui giornali la denuncia di un paesino basco non troppo lontano da quella Guernica che divenne l’esempio del terrore civile e dei massacri che di lì a poco avrebbero avvelenato la seconda guerra mondiale. I Savoia Marchetti pilotati dagli italiani fecero più di 300 vittime civili, piloti italiani che avrebbero poi partecipato con i colleghi tedeschi ai cruenti bombardamenti sull’Inghilterra di tre anni dopo. Bombardamenti deliberati e con l’intento di uccidere civili e non certo per fini e scopi militari. A distanza di 80 anni il Sindaco di Durango chiede i danni all’Italia, difficile ipotizzare un risarcimento materiale, ma quello civile e morale si, è un atto doveroso, e in un momento in cui, a guardare in rete l’odio la fa da padroni, allora forse è meglio connettere il cervello e ricordare che in fondo Durango come altre pagine di orrori non dovrebbero essere dimenticate. Mai

lunedì 17 luglio 2017

Non di solo istagram vive il Calcio

foto tratta da l'Ultimo Uomo

Diciamolo erano anni che non si assisteva a un calciomercato così pieno di fuochi d’artificio, merito ovviamente dei cinesi (cit. Marco da sempre considerati gli inventori della polvere pirica) che hanno letteralmente mandato in fibrillazione le coronarie dei tifosi. Gonfiando quelle rossonere, svilendo quelle bianconere. Il caso Bonucci è lì a testimoniare le grottesche prese per i fondelli reciproche tra i tifosi delle due squadre. E come se non bastasse fake news a profusione per giustificare abbandoni al vetriolo e amori improvvisi. Insomma c’è n’è abbastanza per romanzare storie e mandare in sollucchero webzine e giornali di rito. La migliore capitata è sicuramente quella attribuita a Mandzukic, guerriero juventino che non le avrebbe mandate a dire a due reprobi Dani Alves in versione sambodroma frichettona nello spogliatoio e al traditore Bonucci reo di uno scontro per i mondiali dei welter con lo stesso sudamericano per il numero dei trofei vinti. Roba da romanzo verrebbe da dire è così è stato. Certo è che a questo stato contribuiscono dai loro profili anche gli stessi giocatori: un silenzio ha un suo significato, una frase poca allegra ne ha un altro. La smania di essere iperconnessi sta creando dei mostri comunicativi e di fatto rende l’oggetto dei desideri calcistici a portata di click tra una seduta al bagno e un errore di maglia (Biglia). Sarebbe bello pensare ai vari Rocco, Mazzone e financo Ferguson che per i vizi dei loro giocatori alle volte hanno sbroccato tirando iperboli di cazziatoni sui comportamenti (in realtà Ferguson tirò anche uno scarpino a Beckam). Altro calcio verrebbe da dire, giocato. Per fortuna si ricomincia tra poco.

martedì 11 luglio 2017

Studiate la Storia


Niente non riusciamo proprio a farcela a lasciarci il passato alle spalle e a studiarlo per quello che è. Il revanchismo è una delle colonne sonore della nostra vita e l’emblema dell’esecrabile spiaggia di Chioggia ne è un fulgido esempio. Inneggiare al bel tempo che fu di un periodo oscuro e con un sacco di problemi, oltre che un esercizio pericoloso, è quanto mai deleterio e irto di spine. Condannare a pene che prevedono il carcere per gente che vorrebbe tornare indietro al 1942 è quanto mai stupido, perché, nel gabbio, diventerebbero ancora più incancrenite nei loro pensieri. Condannarli a studiare quello che avvenne forse sarebbe più intelligente, così magari scoprirebbero verità inconfutabili che la storia ci ha tramandato. I partigiani di quel periodo diranno comunque che la storia la scrivono i vincitori, certo questo è vero, e io soggiungerei meno male che ha vinto una certa parte, altrimenti andremmo ancora tutti in giro con i fasci littori e la camicia nera ostentando una grandezza che non c’era e non vi è mai stata. Un partito che ha preso il governo con la forza (e non certo per la parata del 28 ottobre 1922), uccidendo i propri avversari politici, non merita attenzione (da Matteotti a Gobetti, passando per Amendola e per tutti gli oppositori di quel regime che nella migliore delle ipotesi finirono al confine, non è certo stimolo per una normale dialettica politica). Un Duce, condottiero che voleva una grandissima nazione guerriera, ma, che, alla prova dei fatti, naufragò, colpa di strategie, di comandanti lacchè, che mandavano allo sbaraglio i propri soldati, sotto il motto credere, obbedire, combattere. Poi gli stessi giacevano morti sulle pietraie dei monti greci, nelle steppe ucraine congelati a sessanta gradi sotto lo zero, prigionieri nei gulag russi, sui fondali marini del Mediterraneo, sulle distese desertiche di Alam Alfa. Gli stessi soldati che si ribellarono a Cefalonia e che furono massacrati a migliaia, così come nei campi di concentramento tedeschi con l’avvallo di quel Duce, che permise la lotta fratricida nell’Italia del Nord. Le efferatezze della Brigata Nera Tagliamento colpirono duramente nel nostro biellese (Mottalciata, Salussola solo per citarne alcune). Si viveva bene sotto il Fascismo ?? Assolutamente no, uno stato assistenzialista ma solo per i potenti, in cui la corruzione dilagava galoppante e la delazione era un elemento di spicco. I fascicoli dei cosiddetti sovversivi sarebbero da studiare a scuola per l’empietà di quello che vi viene riportato. Su una cosa Mussolini era invece veramente bravo: la propaganda, frasi ad effetto e controllo della comunicazione, mestiere che aveva imparato fin dalla prima guerra mondiale in cui era passato dal neutralismo all’interventismo con una facilità estrema, naturalmente prezzolata per alti fini e interessi di bottega. Davvero i nostalgici vogliono tornare a quel periodo fulgido in cui se non la pensavi come il capo, partivi per una destinazione ignota, che se andava bene era a centinaia di chilometri da casa controllato, se andava male eri terminato nelle camere a gas (perché comunista, zingaro, ebreo, omosessuale e disabile) ?? Il guaio della nostra Nazione e anche delle altre è che l’uomo tende a dimenticare le nefandezze commesse, una sorta di oblio pericoloso che riporta in auge pensieri che dovrebbero essere sotterrati. Nietzsche parla della teoria dell’eterno ritorno che Woddy Allen in un film (Hannah e le sue sorelle) stigmatizzava e aborriva affermando che avrebbe dovuto ancora vedere “Holiday on ice”; ecco io il film del Fascismo in Italia e nel mondo non vorrei proprio più vederlo.

Under 17 con onore al secondo posto delle Finali Regionali

  Under 17 dell’Orange sugli scudi e protagonista nelle Final Four che si sono svolte nella patria della ceramica a Castellamonte. Dopo aver...