lunedì 29 giugno 2020

giusto due secoli fa i primi moti in Piemonte


Se il 1920 è stato anche per il nostro Piemonte l’anno dell’epidemia della Spagnola in una pandemia che ha colpito moltissimi paesi se torniamo indietro di un ulteriore secolo nel 1820 e 1821 dopo la restaurazione del congresso di Vienna anche nel nostro piccolo abbiamo contribuito a creare delle turbolenze di natura politica, la prima ribellione avvenuta dopo Napoleone. Questo era in nuce il primo vagito della futura nazione italiana infatti  da tempo in Piemonte, e in particolare a Torino, alcuni gruppi, di idee borghesi e liberali, avevano coltivato l'idea di una campagna militare, che avrebbe dovuto essere guidata dal re di Sardegna Vittorio Emanuele I di Savoia, allo scopo di liberare i territori italiani dalla dominazione straniera, ma in realtà il Re era di tutt’altro avviso, e quindi gli insorti cercarono un altro appoggio e lo trovarono in Carlo Alberto di Savoiaprincipe di Carignano. Il giovane Savoia era stato infatti l'unico esponente della famiglia sabauda ad esprimere la propria solidarietà agli universitari torinesi che, nel gennaio 1821, avevano organizzato contro l'Austria una manifestazione pacifica e liberale. Santorre di Santa Rosa, uno dei principali esponenti dell'organizzazione dei moti, si incontrò spesso segretamente con il giovane principe di Casa Savoia per definire la data e le modalità della ribellione insieme ad esponenti dell’esercito regio. Il 6 marzo 1821 Santorre e alcuni generali si riunirono nella biblioteca del principe, insieme allo stesso Carlo Alberto, per organizzare nei dettagli l'impresa. Carlo Alberto mostrò improvvisamente alcuni tentennamenti, soprattutto sull’intenzione di dichiarare guerra all'Austria. Tuttavia Carlo Alberto lasciò intendere il suo appoggio, e per questo motivo Santorre e i suoi associati fecero pervenire il messaggio di prossimo inizio della rivolta ai reparti militari di Alessandria, che, il 10 marzo, diedero inizio all'insurrezione issando la bandiera tricolore per la prima volta nella storia risorgimentale presso la Cittadella di Alessandria seguiti subito dopo dai presidi di Vercelli e Torino. Vittorio Emanuele il re in carica abdicò e lascio il trono a suo fratello Carlo Felice il quale intimo al giovane rampollo della casa di raggiungere Novara, dove andava formandosi l'esercito contro rivoluzionario. La Costituzione concessa nei primi giorni di rivolta, venne revocata da Carlo Felice appena insediatosi e di fatto costrinse Carlo Alberto a rinnegare la sua partecipazione. Nella notte del 22 marzo, mentre alcuni, tra cui lo stesso Santa Rosa, annunciavano una prossima guerra contro l'Austria, Carlo Alberto fuggì segretamente a Novara abbandonando gli insorti al loro destino. Privi di un appoggio, i costituzionali decisero di sciogliersi. Inoltre giunsero a Torino, come supporto all'esercito regio, plotoni austriaci che inflissero una pesante sconfitta ai costituzionali: il neonato governo cadde dopo neppure due mesi e il sogno dei rivoluzionari si infranse Carlo Alberto avrebbe dovuto aspettare altri 27 anni per dichiarare guerra all’Austria

 

mercoledì 24 giugno 2020

Prati infiniti a San Siro


Io non credo alle coincidenze ma la vittoria del Milan a Lecce per 4 a 1 nel giorno della dipartita di Pierino Prati ha una sua logica. Il richiamo alla notte del 1969 dove Pierino la Peste mise a segno una tripletta da favola contro quella squadra che poi sarebbe diventata leggenda nei primi anni 70, l’Ajax di Cruiff. Prati non era un attaccante era l’attaccante per antonomasia, pettinatura alla Beatles e periodo in cui i parastinchi non erano stati ancora inventati. Era il periodo della gioventù, era il periodo d’oro del golden boy, di Rivera che lanciava spesso e volentieri il Basletta ma che aveva Prati il suo terminale offensivo. Era un calcio in cui, post 1966 non vi era grande spazio per gli stranieri, in cui i campioni crescevano in casa e che in nuce avrebbe creato i prodromi della vittoria mondiale del 1982. Era il periodo in cui proprio alla fine degli anni settanta il Milan stava cercando di inanellare lo scudetto della stella, sfuggita per ben due anni di fila tra il 1972 e il 1973. Era un calcio d’altri tempi in cui da piccolo tifoso si gioia per quella maglia con le strisce sottili a colori rossoneri e in cui gli alfieri dell’attacco si chiamavano Prati, Chiarugi e poi infine Calloni, lo sciagurato Egidio   

domenica 21 giugno 2020

un secolo fa il Quinto Governo Giolitti


Un secolo fa un anziano ma molto perspicace piemontese che rispondeva al nome di Giovanni Giolitti, cuneese si apprestava a governare per un anno in un periodo di grande difficoltà sia interne che esterne. L’impresa di Fiume e di D’annunzio metteva ovviamente in difficoltà il Governo italiano, così come le innumerevoli violenze e scioperi perpetrate in quello che gli storici hanno poi ribattezzato il Biennio rosso. Periodo di grandi mutamenti la guerra pur se vittoriosa aveva lasciato molto strascichi. Le finanze dello stato versavano in cattive acque e il politico piemontese propose un prelievo fiscale che avrebbe introdotto la progressività delle imposte. Si trattava di legge che garantiva una certa equità e che permise soprattutto all’inizio di guardare con un certo ottimismo. Si gravava sui più abbiente, venne introdotto la tassa di successione, sui titoli azionari e sui profitti di guerra- Giolitti fu anche in grado di risolvere la questione fiumana e siglò il trattato di Rapallo nel novembre del 1920, trattato che dichiarava la città libera e portò in dote al nostro paese Zara. Sottovalutò forse la violenza delle squadre fasciste e le loro azioni o per lo meno pensò di poter riassorbire all’interno del sistema democratico tutte le pulsioni di violenza ma qui purtroppo non tenne conto nè del periodo ne nell’evoluzione delle lotte. Nel 1922 gli fu preferito Facta, aveva avuto il veto dei popolari di don Sturzo solamente perché al Vaticano non era piaciuta l’azione fiscale sui titoli azionari, sarebbe stato curioso vedere l’azione di Giolitti durante la marcia su Roma, lui avrebbe fatto come Facta ? oppure come contro Fiume e D’annunzio avrebbe mandato l’esercitò per risolvere la questione ? Durante il dibattito parlamentare diede la fiducia al primo governo Mussolini ai socialisti che esortavano lo statista piemontese alla "coerenza con i principi democratici". replicò: "Il Parlamento ha il governo che si merita... ah, voi socialisti! Proprio voi oggi non potete parlare di coerenza. Ve l'ho detto, ve l'ho scritto e oggi ve lo ripeto: non avete avuto coraggio e per questo non siete andati al governo".

venerdì 19 giugno 2020

L'Unità d'Italia avviene grazie a Plon Plon


 

Come al solito il futuro delle nazioni non si decide sui campi di battaglia, ma spesso e volentieri, è il frutto di incontri, di confronti, di matrimoni e di buone prassi. Non è da meno il destino della nostra patria. Cavour aveva capito, così come Vittorio Emanuele, che una nazione piccola come il Piemonte non poteva avere chance con un nemico potente come l’Austria, ma doveva necessariamente stringere rapporti di alleanza sfruttando le altre potenze europee. La partecipazione alla Guerra di Crimea e il Congresso di Parigi avevano di fatto posto il Piemonte sotto il protettorato francese e inglese e prima di arrivare a Plombieres dove sarebbe stato siglato l’accordo che avrebbe portato al 1859 e alla vittoria franco piemontese. Ci fu uno stretto lavoro di intelligence e di scambi. Nigra inviato a Parigi nel maggio del 1858 aprì la strada alla presenza del dottor Conneau, consigliere di Napoleone ed esperto in relazioni internazionali e congiure, lo stesso si recherà a Torino alla fine di quel mese e di fatto porterà l’invito per Cavour a recarsi alla stazione termale. Cavour prese il treno il 20 luglio e affittò una stanza da un farmacista tale Gentilhomme, nascondendo di fatto la sua identità, all’epoca non si viaggiava certo con la scorta. Napoleone III invece arrivò in pompa magna con il suo cocchio reale trascinato da due splendidi cavalli americani. Il primo ministro italiano salì quindi sul carro con Napoleone e andarono nel vallone selvaggio di Herival dove tratteggiarono il futuro dell’alleanza che comprendeva anche il matrimonio tra Clotilde, figlia di Vittorio Emanuele II, con il Principe Napoleone Giuseppe Carlo Paolo, ribattezzato anche Plon Plon per via dei suoi precedenti e per l’aspetto non propriamente da adone, ma lo stesso cugino di Napoleone III. Alla fine dell’incontro Cavour scrisse al generale Lamarmora affermando che se il Re accondiscendeva al matrimonio allora forse entro un paio di anni il biellese sarebbe entrato in pompa magna alla testa delle sue truppe a Vienna. Cavour non fu facile profeta, in effetti la Francia aiuto il Piemonte ma solo la Lombardia venne liberata, il Veneto rimase ancora per qualche anno sotto l’egida austriaca, mentre Vienna rimase un tabù per l’esercito italiano sia per Lamarmora che anche per Cadorna durante la prima guerra mondiale, ma questa è un'altra storia

Storia d'Italia o Bignami ?



Su Montanelli hanno scritto in tanti, troppi forse, sviscerando tesi antitesi e sintesi come nella migliore tradizione di facebook la vera università che laurea, psicologi, virologi e storici di primo piano. Non voglio entrare nel merito della questione coloniale, ognuno ha le sue tesi e le difende come meglio crede e difficilmente un articolo o un pensiero possono scalfire certezze granitiche. Ma mi sento di intervenire su un particolare quello legato alla produzione storica di libri e saggi. Leggo fior di commenti da parte di scrittori e storici di primo pelo che per loro la Storia d’Italia viene consegnata ai posteri con le stimmate di un bignami. Evidentemente non hanno mai letto quel testo perché è tutto tranne che un bignami, ovverosia un riassunto raffazzonato adatto per studenti ignoranti e in credito di preparazione. Ha uno stile graffiante, non erudito ma intelligente pronto a sbeffeggiare i potenti. In nuce segue uno stile che poi diventerà virale con i vari Barbero e Piero Angela. Aneddoti che trasportano la storia e la attualizzano rendendola godibile oltre che leggibile e probabilmente attrae anche chi la legge e che la può contestualizzare nel presente. Contro tale lettura si schiera, con la grancassa, una certa retorica di sinistra pronta a sminuire il valore della scrittura del giornalista. Ma in fin dei conti questo è sempre stato un odio reciproco tra il toscanaccio e l’intellighentia di area e credo che a questo punto lui ne sia anche rinfrancato, gli ultimi anni in cui era stato eletto a icona di una certa area, solo perché contro Berlusconi lo avevano svilito. Ora tutto torna

domenica 14 giugno 2020

Una firma una storia: le penne aurora


Alzi la mano chi non ha preso una volta tra le proprie dita un Aurora, e con essa abbia immortalato la propria carriera scolastica oppure, meglio ancora, siglato un contratto, un testo, e magari preso appunti su un taccuino sgangherato, nel caso come il sottoscritto faccia un mestiere legato al racconto di storie. Ebbene 101 anni fa e precisamente il 10 giugno 1919 nasceva alla fine della prima guerra mondiale in piena pandemia spagnola la Fabbrica Italiana di Penne a serbatoio Aurora. L’iniziativa riesce grazie al genio mecenate e imprenditoriale di Isaia Levi, finanziere sensibile all’esigenza di dare alla produzione strumenti di scrittura un carattere di avanguardia tecnologica e formale. Il primo nucleo si avvale di quattro dipendenti ma questi sono destinati a crescere nel tempo e saranno già 53 nel 1929 di cui 5 orefici e 10 tornitori. Tra l’altro se passate da Torino andate a vedere la mostra degli strumenti antichi della fabbrica vale la pensa di fare un tuffo nel passato del design del Made in Piemonte, un percorso unico di cui vi innamorerete, le penne a serbatoio sono viste come oggetti di perfezione tecnologica. Nel 1947 esce l’Aurora 88, prima penna stilografica con design firmato (Marcello Nizzoli), successivamente nel 1954 con la stilografica Duo Cart viene insignita del Compasso d’Oro e la Sele penna a sfera realizzata con materie plastiche. L’innovazione viene portata ai massimi livelli nel 1970 con la stilografica Hastil crea una nuova tipologia presto imitata dagli altri produttori mondiali. E che Torino sia un modello da seguire lo si vede dal fatto che proprio i modelli: Hastil e Thesi, sono permanentemente esposti al Moma di New York nel dipartimento di industrial design. Nel 1986 nasce Kona una penna a forma di tronco di cono con scanalatura a colonna dorica rifinita in titanio e oro. Il resto è storia recente come i festeggiamenti realizzati nel mese di giugno dello scorso anno che hanno sancito il centenario di un marchio che a ben dire rappresenta la storia della nostra industria

mercoledì 10 giugno 2020

L'iconoclastia italica mette alla gogna Montanelli


Mi sto seriamente chiedendo se questo virus oltre alla lunga sequela di lutti abbia trasformato anche i neuroni in testa alle persone. L’ultima follia è la distruzione di simboli e statue come se questi fossero baluardi di chissà quale potere dittatoriale, presumo a breve l’assalto a musei e a distruzione degli stessi perché contengono vestigia del passato che non dobbiamo più rimembrare. E se la statua di Cristoforo Colombo paga per l’omicidio di Lyod, povero genovese ma che colpa ne ha, in Italia abbiamo gli emuli che chiedono a gran voce la rimozione della statua di Indro Montanelli a Milano per il suo passato in Africa. Avendo conosciuto il maestro di giornalismo credo che lui stesso non avrebbe certo apprezzato una statua in suo onore, schivo com’era di natura e molto poco autocelebrativo. Il suo giornale anticonformista e la sua penna arguta erano ineguagliabili e i suoi fondi una vera e propria lezione di giornalismo. Chi sbraita ora contro di lui dovrebbe per decenza, e a volte anche pudicizia, cercare, se ne è capace, leggere i suoi scritti, quelli che ammantavano il quotidiano di Milano o la sua ponderosa Storia d’Italia Chissà quale sarebbe stato il titolo dell’ultimo capitolo, ironico com’era il buon Indro da Fucecchio avrebbe realizzato l’Italia dei Sentinelli  

martedì 9 giugno 2020

Churchill chi era costui: razzista o statista ?


Mi ha fatto sorridere, ma lo ammetto era un sorriso amaro l’articolo in cui si parlava delle proteste inglesi culminate con l’imbrattatura della statua di Churchill in cui allo statista britannico è stato affibbiato l’appellativo poco lusinghiero di razzista. Ma al di là dello sfregio come sempre poco educato, ho dovuto sorbirmi un florilegio di critiche contro l’uomo col sigaro da una pletora di ignoranti (nel senso letterale che ignorano la storia) che via via lo hanno identificato per una serie di nefandezze storico-politiche. Ora nemmeno il buon Winston ha mai preteso di essere celebrato quale padre della patria, era piuttosto un pragmatico che ha avuto anche lui i suoi successi e insuccessi. Gallipoli fu forse il suo smacco più duro, con inglesi e australiani uccisi a migliaia sui Bosforo in un’impresa di cui non si comprese mai la reale necessità, ma indubbiamente a lui si deve la resistenza inglese contro il nazifascismo e tanto basta. Invece a leggere le critiche emerge una vena sadica nei confronti delle popolazioni tedesche con bombardamenti indiscriminati (era la guerra e i primi bombardamenti sanguinosi furono quelli tedeschi – Coventry ricorda nulla?)  sfruttamento delle colonie, certo era nel Dna inglese e nel 1940 Churchill aveva ben altri problemi che affamare una parte delle colonie, preso in mezzo da tedeschi e giapponesi. Voleva salvare Mussolini, probabilmente si, non gli dispiaceva la teatralità del Duce, non sopportava i russi, assolutamente già a Yalta vennero fuori i primi screzi sulla futura divisione delle sfere d’influenza continentale. Insomma un personaggio che ha fatto la storia nella sua epoca ma i cui pregi superano ampiamente i difetti. A tal proposito consigli un libro di Marcello Flores che esce giovedì “cttiva memoria” in cui come recita il sottotitolo troppi storici accettano di operare come esperti al servizio di una causa. Un commento che la dice lunga sull’uso distorto del passato e come direbbe lui stesso “ho gusti semplici scelgo solo il meglio”.

domenica 7 giugno 2020

quelli che la mascherina la mettono ..... sullo specchietto


Da qualche settimana si è tornati a calcare le strade del Piemonte con una certa continuità, ma se durante il lockdown gli incontri erano radi e le strade scorrevoli, con il rompete le righe si sono rimessi in circolo un nugolo di piloti, che chiamare tale è una vera e propria bestemmia. Sembra che questo virus abbia veramente compromesso le capacità di guida di un sacco di gente. Ci sono casi di persone che guidano perennemente in mezzo alla strada, impedendo sorpassi con manovre avventate, quando va bene, rallentando o accelerando in modo scomposto. Non è da meno il parcheggio quasi sempre effettuato a discapito degli altri avventori, costretti a girovagare alla ricerca di altri lidi quando spesso con una manovra il malcapitato si appropria di due posti invece che di uno solo. Se l’uomo col cappello era un must, ora le categorie si sono elevate e quadruplicate. Insomma una giungla con in più una vera chicca: la mascherina posizionata modello arbre magique sullo specchietto retrovisore, un vero inno alla sanificazione, un modello del degrado pandemico. Aiuto  


Quando a Sordevolo si rappresentava il Giudizio Universale


Quest’anno come sempre accade, ogni cinque anni a Sordevolo, un paesino del biellese che si abbarbica sulle colline della Valle Elvo, a pochi chilometri dal capoluogo laniero, sarebbe dovuta andare in scena la Sacra rappresentazione della Passione di Cristo. Ma come successo per tantissimi eventi, causa la pandemia legata al Covid 19, è stata fatta slittare. Si tratta di una rappresentazione popolare che coinvolge gran parte degli abitanti di questo paese e che ormai è diventata una pietra miliare della stessa provincia di Biella, tanto da diventare una vera e prorpia attrazione turistica. Ma, come sempre scartabellando il passato, è venuto fuori che già nel 1895 avveniva nello stesso luogo un'altra performance teatrale, si trattava del Giudizio Universale messa in scena dalla Società Operaia alpina di Sordevolo. Leggendo il manifesto si scopre come sono diversi e con ruoli ben precisi coloro che vi prendono parte e farà la chiusa la premiazione dei Giusti e la condanna dei Reprobi con l’effetto scenico del Paradiso e dell’Inferno. Le rappresentazioni teatrali del Giudizio Universale risalgono al 1100 e lo schema è sempre lo stesso Satana liberato si serve dell’Anticristo per sedurre il mondo. La morte dell’anticristo, la fine del Mondo e il Giudizio Universale sono le tappe obbligate. In Piemonte differenti furono le versioni tante e vero che nel 1896 lo stesso Costantino Nigra scrisse un libro. Fa sorridere pensare alle cronache dell’epoca in cui la figura dell’Anticristo doveva risultare per linguaggio atteggiamento e abiti antipatica agli spettatori che gioivano naturalmente alla dipartita della figura e come recitava l’Arcangelo Gabriele in chiusura delle piece teatrale: struggetevi gridate e sospirate: urlate maledetti e bestemmiate, ma quali disperati voi siete, tali per sempre e per sempre sarete. Insomma un finale da tregenda mentre la Sacra rappresentazione in voga oggi ha toni assolutamente diversi, l’ultima volta che venne realizzata a Sordevolo fu realizzata nel 2015 e venne collegata all’Expo  

L'inizio della fine - 80 anni fa l'Italia stava per entrare in guerra


Da Palazzo Venezia ottanta anni fa in queste ore si prendeva la decisione più dura e drammatica per gli italiani l’entrata in guerra ma come la vedeva il Commander in Chief ?

7 giugno: le cronache dei giornali, dai vari corrispondenti dicono che le truppe inglesi si sono imbarcate in fretta e in furia da Dunquerke per sfuggire alla cattura, hanno lasciato centinaia di camion di pezzi semoventi, di fucili, di mitragliatori e si sono letteralmente buttati a mare, i tedeschi sono stati troppo buoni li hanno lasciati ritirare. Nelle stesse ore sta succedendo lo stesso a Narvik in Norvegia, anche li gli inglesi si ritirano, proprio vero che i tedeschi sono proprio forti e determinati. E noi? qua se non ci sbrighiamo arriviamo tardi e non ci rimane più nulla. La Francia quanto resisterà, ore, giorni, settimane? finalmente a quei mangiarane viene data una bella lezione. Cosa potrei ottenere, compensi territoriali cose me ne faccio ? risorse, forse ? Prestigio, quello si, non sarò come il Reich ma probabilmente in un consesso mondiale potrei diventare influente e magari …. Certo Balbo non è d’accordo ma in fin dei conti lui è stato sempre dalla parte degli inglesi, tutti quegli onori a lui, anche la copertina di Time, ma chi si crede d’essere. Il momento è quello giusto qualche scaramuccia, qualche battaglia e di fatto sarò determinante nel futuro scacchiere. Magari potrei crearmi una sfera d’influenza nel Mediterraneo con Inghilterra fuori gioco, rimane la Grecia, ma i generali mi dicono che non dovrebbe essere un problema. Adesso bisogna radunare il popolo e fare una dichiarazione roboante che porti consenso e decisione, un incipit eroico: “ l’ora delle decisioni irrevocabili è giunta ….. l’attacco mi sembra buono; adesso la finisco “

Briganti la serie Netflix che si ispira alla storia del Brigantaggio meridionale

Pietro Fumel  Le fiction storiche da sempre mi attirano e su Netflix mi sono lasciato trascinare a guardare quella dedicata al brigantaggio ...