giovedì 26 dicembre 2019

Torino dicembre 1922


La Marcia su Roma per la conquista del potere assoluto in Italia da parte del partito fascista si è svolta il 28 ottobre, ma in quei mesi del 1922 la tensione era alle stelle e gli scontri non mancavano tra chi si riconosceva nel partito di Benito Mussolini e tra gli oppositori di sinistra e non solo. C’era una certa libertà nella gestione e possesso di armi in quel periodo, la guerra era terminata da un paio di anni ma molti avevano in tasca pistole e coltelli. La sera del 17 dicembre in un agguato contro un militante comunista, Francesco Prato, tre militanti del partito fascista gli sparano alle gambe, Prato risponde e uccide due dei suoi tre assalitori. L’occasione diventa propizia per le squadracce di Pietro Brandimarte, federale, che già all’indomani del fatto occupa con una cinquantina di fedelissimi la Camera del Lavoro di Torino, mettendola a soqquadro e picchiando selvaggiamente il deputato socialista Pagella e il segretario della Federazione Pietro Ferrero, ma questo è solo l’antipasto della repressione. Da Roma arrivano ordini perentori la punizione deve essere esemplare e così inizia il massacro con la connivenza delle autorità di pubblica sicurezza. Il primo a cadere sotto i colpi di pistola e di fucile è il segretario del sindacato Ferrovieri, Carlo Berruti, cui seguono Ernesto Mazzola, sindacalista, l’oste Leone Mazzola e l’operaio Giovanni Massaro. Nella serata del 18 il fattorino Matteo Chiolero, di ispirazione comunista, viene freddato sulla porta di casa sotto gli occhi di moglie e figlia. Anche Andrea Chiomo viene prelevato da sette discepoli di Brandimarte picchiato e portato in strada dove una fucilata alla schiena pone fine alla sua esistenza. Pietro Ferrero che ha già subito un pestaggio alla mattina viene nuovamente pestato a sangue e poi il suo corpo, legato con una corda a un camion viene trascinato per centinaia di metri sull’asfalto. Le ultime due vittime sono Emilio Andreoni, operaio 24 enne trascinato fuori casa e ucciso in campagna fuori Torino, mentre Matteo Tarizzo 34 anni viene prelevato dal proprio letto portato fuori dalla sua abitazione e ucciso a bastonate. La mattanza continua per tre giorni e alla fine sono decine le persone con militanza politica o sindacale a incorrere nella furia squadrista. Brandimarte ha agito su ordine diretto di Benito Mussolini che voleva in qualche modo punire Torino per il suo moto anti regime. Brandimarte stesso alcuni anni dopo dichiarò che nel corso di quell’azione i nominativi a disposizione delle sue squadre erano di 3000 persone da cui furono scelte 24 che incorserò nella ferocia dei commandos di Brandimarte. Una chiara dimostrazione che con l’avvento del nuovo governo non erano tollerate più forme di dissenso. Torino pagò quindi un caro prezzo alla libertà e non a caso sarà la prima città del Nord a ribellarsi dopo molti anni alla dittatura del regime fascista

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