giovedì 25 ottobre 2012

Lettera di un milanista depresso


Una volta ero allegro e maggiorenne ora sono un po’ più anziano e decisamente bolso ho vissuto un infanzia non felice dal punto di vista calcistico, soverchiato dal tifo juventino e granata, sbeffeggiato per la passione per il gonde boy, sono stato due volte in B: una volta pagando e una gratis – per utilizzare un refrein in voga con il buon vice presidente dell’Inter Peppino Prisco. Ma poi la svolta ve la ricordate le crostate, gli elicotteri, Tacconi che urlava serviranno per scappare, e invece dopo il brutto inizio con barbuti sono stati trionfi in serie: scudetti a go go, europa in primo piano, giocatori da sogno visti dal vivo nella Scala del Calcio, nel tempio della divina arte pedatoria. Era un sogno finalmente vincevo e in continuazione. Abbiamo raggiunto il tetto del mondo, ho visto all’opera il miglior attaccante al mondo che abbia mai calcato la scena milanista: il cigno di Utrecht, con tanto di processione alla cittadina olandese. Sono stato a Barcellona, l’esodo dei novantamila, ho subito qualche sconfitta strana, lo scudetto al Napoli del 1990, le lampadine di Marsiglia. Sono sempre stato sfottuto io di centrosinistra per aver sostenuto il Milan di Berlusconi, ma quello era un esempio, era un simbolo di una programmazione e di un lavoro incredibile. Mi sono alzato alle 4 per le partite, ha fatto decine di trasferte. Certo qualche passaggio a vuoto: Winston Bogarde, Patrick Kluivert, Garcia e altri fenomeni poi scomparsi, la maledetta notte di Istanbul. Ma poi un'altra serie di belle vittorie. Ora il vuoto e il nulla, non si intravede la luce alla fine del tunnel, una squadra allo sbando, buoni pedatori magari singoli di eccellenza ma non una squadra, qualche fiammata ma poca roba e ora la dichiarazione di disimpegno, certo legata alla politica, ma forse sintomo di un malessere più grande di una voglia di cambiare. Noi non abbiamo alle spalle una famiglia storica come gli Agnelli e i Moratti avevamo i Berlusconi vorremmo che rimangano e che insieme ricostruiamo un sogno: chiamato Milan, chiamato Diavolo

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