Certamente non ho tifato inter nella finale tra la Beneamata
e Siviglia ma mi sono apparecchiato sul divino pronto a godermi una bella
partita di calcio, e devo dire, che onestamente è stata una partita tosta
combattuta e a tratti perfino emozionante. Ha vinto la squadra meno contratta,
quella che forse aveva meno da perdere, Inter tradita dal nervosismo di essere
arrivata a un passo da una vittoria che era sicuramente importante. Tradita
dall’isteria del suo allenatore, ho riso come un matto alla scenetta di Banega,
ex Inter, che irrideva al parrucchino (presunto visto che è un trapianto) del
mister Conte, e probabilmente quella poca serenità ha giovato al Siviglia che
ha impostato la gara come ha voluto. Su una cosa però mi soffermerei l’incapacità
di accettare una sconfitta. Nella premiazione si vede proprio da parte dei
giocatori l’insoddisfazione dell’arrivare al secondo posto e di togliersi dal
collo la medaglia di consolazione, come se quel pezzo di argento fosse un’onta
senza paragoni. E qui sta l’errore, perché se arrivi fino in fondo e manchi
solo l’abbrivio finale perché non festeggiarlo. Forse che alle Olimpiadi quel metallo
sia meno pregiato? Una stagione non si misura solo con i trofei, ma con il
percorso, con la crescita, con le azioni. Siamo, in Italia, figli di una
cultura, almeno quella sportiva in cui l’unica cosa che conta è vincere e
questa non è un’educazione civica, ma il sopravanzare di una filosofia secondo
cui non esiste niente di più bello del primeggiare. La vita prima o poi ti
mette di fronte a un conto in cui bisogna abbassare la testa e accettare anche di
non essere in cima, per cui meglio essere parchi nelle vittorie e orgogliosi
nelle sconfitte, si impara molto di più da questa filosofia.
sabato 22 agosto 2020
Vincere non è l'unica cosa che conta
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