martedì 6 maggio 2014

Un calcio al pallone


Credo senza ombra di dubbio che bisogna riconoscere alla Juventus di aver meritatamente tenuto la scena per gli ultimi tre anni, tre scudetti meritati di cui solo il primo battagliato quasi fino alla fine, merito di un allenatore e di una società che ha programmato, ha investito e ha saputo fare le scelte azzeccate, sia in termini di marketing, sia in quelli gestionali. Sfruttando occasioni in saldo ad investimenti eccellenti. Llorente in tal senso è stato uno degli acquisti più azzeccati, in grado di far reparto da solo. Unica pecca l’Europa ma li probabilmente subentra fortuna, dna e tutto il resto. Però a un certo punto, se non vogliamo alimentare i Genny la carogna di qualsiasi genere, sarebbe meglio essere magnanimi anche nel momento della vittoria. Che Agnelli continui con il discorso 30 o 32 è sicuramente un atteggiamento legittimo ci mancherebbe. Ma che dalla sua intervista trapeli la malcelata ostentazione (..) metteremo la terza stella solo quando gli altri raggiungeranno i venti scudetti per marcare la distanza (..) è un atteggiamento che si commenta da solo. 

Gli antichi romani insegnavano che nel momento del massimo splendore bisognava condividere gioia e ricchezze, non si chiede certo di avere un pezzo del tricolore, ma un atteggiamento più benevolo si. Altrimenti saremmo sempre ostaggio di questi capipopolo che con atteggiamenti da gradasso calcano la scene (sia che si chiamino Moratti, Agnelli o Berlusconi). Insegniamo ai giovani la cultura della sconfitta e anche quella della vittoria, impariamo da altri sport come il basket, il rugby e anche il calcio a 5, dove prima di tutto c’è il far play anche nei momenti topici e forse eviteremo pantomime come quelle scoppiate all’Olimpico alla recente finale di Coppa Italia. Lo sbruffone, il vanto, lo sfottò potranno anche far sorridere, ma alla fine sono solo una brutta pagina di cultura sportiva

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