giovedì 6 marzo 2014

La grande tristezza



Da quando lavoro nel “dorato” mondo televisivo, anche se a livello regionale, abituato a riprese a montaggi e a sinergie tra racconti, orali verbali e immagini, il tutto condensato in pochi  frame o secondi guardo tutto quello che vedo in tv sotto un altro occhio. Cerchi dettagli, che forse a molti sfuggono, ma perché ti immedesimi in chi costruisce il prodotto per affinare l’occhio e la mente, e per cercare di trovare altre chiavi di lettura. I peana accesi per il successo all’Oscar italiano, mi hanno decisamente incuriosito per un opera che probabilmente non avrei mai visto, né al cinema né in tv, ma l’attenzione mediatica derivata, ne ha fatto quasi un obbligo. I successivi commenti pro e contro, come se si trattasse di un partito politico, di un referendum pro/contro Silvio (ma quando riusciremo a liberarci non del fantasma di Silvio – ma di quell'immagine di uomo del male, che una certa sinistra, sempre alla ricerca di un icona colpevolista ha generato nel corso degli anni, di fatto ingessando il sistema politico italiano ??) ne hanno fatto il caso italiano. Più sommessamente ho guardato il film: un inno a una decadenza, a una sorta di ultime luci della ribalta di un sistema, quello della noia, delle serate romane, dell’esserci e del disquisire contro, tipico italian style, di persone che tirano a campare. Una sorta di controtendenza a quelli che sono i veri problemi dell’italiano medio, arrivare a fine mese, a fagare gli F24 a ingegnarsi per vivere in modo dignitoso. Il ritratto fotografico e video della capitale è stato fatto in maniera perfetta, ha reso aurea un immagine di una città, che, se la frequenti, ti cattura, colpa anche di quei 3000 anni di storia che ne hanno fatto l’ombelico del mondo. E questa con ogni probabilità è la chiave del successo e che ha spinto la giuria a decretarne la vittoria. Sorrentino non può certo paragonarsi a maestri del calibro di Fellini, Monicelli, Germi, altre levature e altri stili, il loro racconto, privo della computer graphic, era più diretto a lui lascerei la capacità di aver fatto un ritratto reale di una società quanto mai allo sbando e direi anche la qualità tutta italiana di salire sul carro del vincitore chiunque esso sia. Persino Marchionne e la Fiat, pardon la FCA, ne hanno abusato, questa si che è la grande tristezza

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