lunedì 26 dicembre 2022

Il Natale del 1942 nella valle di Arbuzovka


 Molti hanno scritto del clima di pace che si manifestò al primo Natale di Guerra sul fronte belga tra inglesi e tedeschi alla vigilia di Natale, una pagina epica anche un po’ romanzata. La supremazia dell’uomo sull’inutile stupidità della guerra. Un atto romantico che avvenne nei primi mesi di un conflitto che poi diventò sempre meno epico e più tetro, basta leggersi Remarque o guardare il film Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale. Però se si fa un passo avanti e si va verso il secondo conflitto mondiale, la soprattutto sul fronte orientale dove la guerra era sporca, cattiva e senza pietà i Natali avevano un sapore diverso. Lo sapevano senz’altro i militi della Celere della Torino e della Sforzesca che proprio tra il 21 e il 25 combatterono per uscire da una sacca che vive tantissimi caduti tra gli italiani dei 25.000 che li stavano aprendosi la via del ritorno in mezzo ai T34 ai mitragliatori russi, al gelo dell’inverno, spesso anche a mani nude quasi 21.00 rimasero su quelle bianche distese di Arbuzovka, soprannominata poi la valle della morte, spesso una fine orribile, la morte arrivava tra i cingoli dei carri armati, del tiro preciso dei russi, che dominava le alture di quella valle, una strage. Era il Natale del 1942. La brutalità di quelle zone del conflitto su cui in passato si sono sfidati e massacrati generazioni di soldati quella volta era toccata agli italiani

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