domenica 1 agosto 2021

Citius, altius, fortius


 Olimpiadi Tokio foto getty images

Com’è vacuo il tifo di tantissime persone, guardi le Olimpiadi che dovrebbero essere l’esempio classico di partecipazione per gareggiare e non spinti dalla brama di vincere e poi dopo una prima settimana di gara in cui tutto sommato in diverse discipline i compatrioti hanno mietuto una messe di medaglie cominciano i processi: spedizione in disarmo, poche vittorie, si mettono sotto processo i capi delegazioni delle varie discipline. La scherma poteva dare di più, non siamo più i cecchini di una volta. Insomma un florilegio di elucubrazioni manco avessimo perso una guerra. E così in rete scoppiano i processi, i giornalisti pronti a decretare gli insuccessi anche di quelli che arrivano terzi o quel che peggio secondi o con la medaglia di legno. D’accordo la vittoria piace ma siamo alle solite non esiste la cultura della sconfitta, quella che ti prepara alla vittoria. E così dopo aver criticato gli inglesi perché si sfilavano la medaglia d’argento all’europeo di calcio facciamo anche peggio. Poi succede che in dieci minuti porti a casa due medaglie d’oro forse inaspettate (cento metri e salto in alto) e scoppia il casino, in senso buono. L’atletica diventa la regina degli sport e non c’è posto per altro se non il racconto della vittoria. Eppure questi atleti c’erano prima e ci saranno anche dopo e non saranno sempre sorrisi ma come il percorso della vita con alti e bassi. Per cui godiamo di questi momenti di felicità e viviamo questi eventi con il vero spirito con cui erano stati creati: contaminazione, confronto, gara e partecipazione.


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