E notizia dei giorni scorsi in
cui a distanza di oltre un secolo da fatti successi durante la Grande Guerra
sono stati riabilitati molti soldati che passarono le forche caudine della
fucilazione. 750 per la precisione i militi che per diversi motivi, ma pur sempre
riconducibili a disobbedienze, oppure con il sistema della decimazione
passarono a miglior vita in quello che era il disprezzo dei loro superiori.
Cadorna in questo senso era un militare vecchio stampo che, più che di tattica,
era avvezzo e attento a usi e costumi. E che dire del generale Graziani che
fece fucilare un soldato solo perché lo aveva salutato con il sigaro in bocca
(o pipa) durante la ritirata di Caporetto. Per fortuna dopo Cadorna e Graziani
fu il turno di Diaz, più dalla parte dei soldati e dei loro sforzi che non i predecessori.
Ma certo in Italia come negli altri stati europei la pratica era uso. Punire e
dare l’esempio per invogliare il resto della truppa a essere più coraggioso e
pugnace. Una vecchia pratica in uso ai romani, anche se manifestata poche volte,
che prevedeva la decimazione in caso di ribellione ammutinamento o scarso
coraggio verso il nemico. Crasso la fece applicare durante la rivolta di
Spartaco. Consisteva nel prendere gli uomini di una corte (circa 600 uomini)
dividerli nei sessanta manipoli, e poi all’interno di quei dieci uomini veniva
estratto a sorte uno di loro che veniva lapidato a morte dagli stessi compagni.
I nove superstiti avrebbero dovuto inoltre passare alcune notti fuori dall’accampamento
e costretti a mangiare cibo di infima qualità prima di essere riammessi a far
parte dei ranghi. Una punizione spietata. Ora, per tornare al presente la
riabilitazione, ma a distanza di un secolo con le famiglie che ormai sono
giunte alle quinta generazione quanto potrà valere questo pentimento postumo
delle istituzioni ? Forse ben poco ma almeno l’onore è salvo.
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