domenica 14 marzo 2021

La decimazione in battaglia


 E notizia dei giorni scorsi in cui a distanza di oltre un secolo da fatti successi durante la Grande Guerra sono stati riabilitati molti soldati che passarono le forche caudine della fucilazione. 750 per la precisione i militi che per diversi motivi, ma pur sempre riconducibili a disobbedienze, oppure con il sistema della decimazione passarono a miglior vita in quello che era il disprezzo dei loro superiori. Cadorna in questo senso era un militare vecchio stampo che, più che di tattica, era avvezzo e attento a usi e costumi. E che dire del generale Graziani che fece fucilare un soldato solo perché lo aveva salutato con il sigaro in bocca (o pipa) durante la ritirata di Caporetto. Per fortuna dopo Cadorna e Graziani fu il turno di Diaz, più dalla parte dei soldati e dei loro sforzi che non i predecessori. Ma certo in Italia come negli altri stati europei la pratica era uso. Punire e dare l’esempio per invogliare il resto della truppa a essere più coraggioso e pugnace. Una vecchia pratica in uso ai romani, anche se manifestata poche volte, che prevedeva la decimazione in caso di ribellione ammutinamento o scarso coraggio verso il nemico. Crasso la fece applicare durante la rivolta di Spartaco. Consisteva nel prendere gli uomini di una corte (circa 600 uomini) dividerli nei sessanta manipoli, e poi all’interno di quei dieci uomini veniva estratto a sorte uno di loro che veniva lapidato a morte dagli stessi compagni. I nove superstiti avrebbero dovuto inoltre passare alcune notti fuori dall’accampamento e costretti a mangiare cibo di infima qualità prima di essere riammessi a far parte dei ranghi. Una punizione spietata. Ora, per tornare al presente la riabilitazione, ma a distanza di un secolo con le famiglie che ormai sono giunte alle quinta generazione quanto potrà valere questo pentimento postumo delle istituzioni ? Forse ben poco ma almeno l’onore è salvo.   

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