domenica 8 novembre 2020

i tifosi


Il XXV aprile dell’America, quando ho letto il fondo della Stampa di oggi sono trasecolato, non volevo crederci, un paragone assurdo, fuorviante e assolutamente fuori contesto a maggior ragione su una testata come la Stampa da sempre sinonimo di serietà e non di faziosità. Mettere in relazione storia contemporanea con il presente è ormai diventata una pratica diffusa: dalla carica dei seicento (non vi era alcun accenno alla carica di Balaklava né alla guerra di Crimea) alla similitudine Cavour/Conte, spacciata da Repubblica come l’incoronazione reale di un premier, il passo alla guerra di Liberazione è stato breve. Si perde il senso della misura e in una competizione serrata e dura qual è stata l’elezione del 46 Presidente degli Stati Uniti con toni sicuramente accesi e alle volte pesanti non si è mai posto in dubbio la stabilità della democrazia, ma da qui a paragonare la sconfitta elettorale, e sottolineo elettorale, quindi lasciata al popolo, alla fine del dominio Nazifascista in Italia ne passa. Assistiamo così alla nascita di una nuova categoria i giornalisti tifosi che si imbarcano in crociate contro, spesso perdendo di vista anche l’etica professionale, in cui tutto è derubricato a sostegno della propria filosofia. Premetto Trump non è certo nel Pantheon dei miei miti, iroso, assolutamente privo di empatia e anche un po’ pirla, però tutti questi peana a favore di un candidato e fulmini contro l’altro, manco fossimo alla finale del Superbowl mi sono sembrati eccessivi. In ogni caso ripasso alla lettura del Foglio che ha pubblicato i discorsi relativi all’insediamento degli ultimi Presidenti, quelli si pezzi di valore storico e di alta politica

(“la crisi che stiamo affrontando oggi richiede un sacrificio, non quello di Martin Treptow ucciso mentre tentava di portare un messaggio ai suoi commilitoni in prima linea e che nel suo diario aveva scritto: lavorerò, salverò, mi sacrificherò e farò del mio meglio come se la questione di tutta la lotta dipendesse da me. La crisi chiamata ad affrontare non richiede il sacrificio di Martin ma vuole il massimo impegno e la nostra disponibilità a credere in noi stessi e a credere nella capacità di compiere grandi opere, a credere che insieme possiamo e vogliamo risolvere i problemi che ora ci troviamo ad affrontare – 20 gennaio 1981)  


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