domenica 12 aprile 2020

Telegiornalisti non ci si improvvisa. Viva la professionalità



In principio era Conte, conferenza ogni tre per due per darci il nuovo modello di autocertificazione, poi, tutti ci siamo adeguati. Lo spirito è quello di comunicare attraverso i video, dalle riunioni per lavoro, ai cazzeggi, ai proclami modello dittatoriale pronti e usi ad ammorbare il popolo con comunicati a volte strampalati a volte anche interessanti sullo scibile umano. Se facebook aveva sdoganato il pensiero di milioni di persone, ora gli smartphone e le innumerevoli applicazioni hanno creato una platea immensa di video-giornalisti iperconnessi via social a comunicare. I risultati a volte sono esilaranti, a volte meno, e così tra video improvvisati e messaggi non sempre consoni si prova un po’ di nostalgia per il lavoro dietro le quinte di una televisione, dove una professione non si improvvisa. Chi fa il regista al bancone o l’operatore di studio, o lavora nella post produzione di un programma, così come di un prodotto multimediale, naviga con l’esperienza di una professione che non si improvvisa, ma che è frutto di continue prove e di lavori certosini, spesso di gruppo. Questo mi spinge ancora di più a pensare che ci sia bisogno sempre più di qualità nelle professioni come quelle che vi sono all’interno dei network siano questi privati o pubblici. La televisione se fatta bene è un grandissimo valore aggiunto non solo per il mondo dell’informazione ma anche per quello dell’intrattenimento, quindi proteggiamo il valore aggiunto di chi lavora nel settore in fin dei conti lo diceva anche Flaiano: “Fra 30 anni l'Italia non sarà come l'avranno fatta i governi, ma come l'avrà fatta la TV” per cui facciamola bene

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