lunedì 29 maggio 2023

I codici latini: non scholae sed vitae discimus


 

Sicuramente non ho la predisposizione informatica di Hadi Partovi, nè sapevo dell’esistenza di chatbot un  software che simula ed elabora le conversazioni umane (scritte o parlate), consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale (però che tristezza). Ma l’intervista rilasciata dall’ingegnere iraniamo mi ha lasciato perplesso quando dice che oggi, meglio sapere cos’è un chatgpt piuttosto che soffermarsi sull’antico e vetusto latino. Ovvio personalmente aver ripensato alle ore perse e dedicate alle traduzioni ciceroniane durante il liceo, i dolori di versioni in cui prendevi meno due (metodo Dotto allo scientifico) e i recuperi che effettuavi. Poi però ripensi a quello che hai studiato e imparato, il latino non era un esercizio finalizzato alla conoscenza di una lingua morta, ma proprio per il suo carattere, l’apprendimento ti abituava a usare schemi e codici, a sviluppare una conoscenza non solo didattica e mnemonica, ma anche a ragionare. Le massime latine, il loro dono della sintesi, la capacità di essere presenti in tutti i campi dell’istruzione e della scienza. Ora la tecnologia è importante e il futuro si giocherà anche su algoritmi e codici, ma forse, chi parla, dovrebbe anche pensare che tutto questo futuro proviene proprio da li, dalla capacità di persone di trovare sempre nuove formule e percorsi. I cosiddetti e sbeffeggiati umanisti alle volte sono più pratici degli ingegneri e sono abituati a pensare “openminded” per cui meglio un ora in più di latino, aiuta, credimi, caro Hadi.  


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