lunedì 14 agosto 2017

Suprematisti la storia non si è fermata a Gettysburg (1863)

Suprematisti bianchi, suona malissimo quasi impronunciabile e vedere questi signori per lo più sovrappeso inneggiare alla supremazia della razza ariana, alfieri di un mondo che per fortuna non c’è più, ci fa sprofondare in un passato antico. Ci sarebbe solo da sorridere se non ci fosse scappato il morto e se questo odio, per chi non ha il colore della pelle uguale al tuo, non stesse prendendo piede un po’ ovunque come se non fossimo figli della stessa terra. Al cinema erano già stati sbeffeggiati dai Blues Brothers (i famosi nazisti dell’illinois) per finire a Quentin Tarantino nel suo Django unchained,. Ma tutta questa storia prende il via dalla figura di un generale, Robert Edward Lee, capo dei Confederati Sudisti e di una sua statua in via di rimozione. Lee era un generale di buona levatura che fece letteralmente vedere i sorci verdi alle truppe dell’Unione nella Guerra di Secessione fino a Gettysburg (1/3 luglio 1863) la più sanguinosa battaglia combattuta sul suolo americano (leggendaria la carica del colonnello Pickett) . Una guerra dal chiaro valore economico tra il Nord delle fabbriche e il Sud Contadino e che segnò anche la fine della schiavitù sul suolo americano. Una guerra sanguinosa, la più sanguinosa mai combattuta dagli americani (oltre 700. Mila morti) con un paese completamente trasformato e forsanche emancipato anche se per la completa consacrazione di una parità avremmo dovuto attendere poi gli anni sessanta del Secolo breve.


Shiloh, Bull Run, Antietam, Appomatox tutte pietre miliari di una sorta di catarsi militare in cui si scontrarono due mondi e due filosofie. In cui anche i capi militari rappresentavano due modi diversi di fare la guerra. Lee da una parte e Ulysses Grant dall’altra. Lee era schiavista, ma chi non lo era al Sud in quel periodo. Grant passò poi dai teatri di battaglia agli scranni politici diventando anche Presidente degli Stati Uniti per due mandati (con tutto quello che ne consegue anche in termini di disprezzo politico da parte degli avversari). Lee non sopravvisse molto alla fine della guerra, morì di malattia nel 1870. E la sua dipartita ante litteram lo fece diventare una sorta di icona, non reale, di un sud ormai antico. Usare Lee sia da una parte e dall’altra dei due schieramenti non è corretto ma ancora di più pensare a una supremazia bianca nel XXI secolo suona di un'anacronistico da far paura e son convinto che anche il pragmatico Lee ne sarebbe d’accordo. 

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