lunedì 11 giugno 2018

La storia è sempre la stessa



Quando Giacomo Matteotti venne rapito e ucciso la contrapposizione politica scoppiò in tutta la sua radicalità ma di fatto quel rapimento e conseguente assassinio venne commissionato ed eseguito solo ed esclusivamente per ragioni di natura economica, il deputato socialista era venuto in possesso di prove che avrebbero smascherato l’illecito coinvolgendo alte personalità del fascismo tra cui anche il fratello del Duce, insomma il vecchio vizio italico delle mazzette e quindi anche quando “c’era Lui” era quanto mai in voga. Nonostante la marcia su Roma e i mille più casi di stragi perpetrate per mano degli squadristi (come non ricordare quella del dicembre 1922 a Torino opera di Brandimarte) il fascismo non aveva ancora attecchito e rischiava se fossero venute fuori inchieste e documenti di sparire (da qui il discorso di Mussolini alle Camere e le leggi fascistissime che impedivano la libertà stessa di stampa)

Ma a cosa si riferivano i documenti di Matteotti

Il governo italiano, in effetti, poche settimane prima della fine di Matteotti, aprile 1924,  aveva concesso alla Sinclair Oil un’esclusiva, della durata di 90 anni, per la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi presenti nel territorio italiano, in Emilia e in Sicilia. Un business che aveva in prima linea i principali gruppi finanziari di New York, tra cui la banca di John Davison Rockefeller, presidente e fondatore della Standard Oil, la società per cui operava in Italia la Sinclair. Accordo che la compagnia d’oltreoceano avrebbe oliato a suon di tangenti. Mazzette che sarebbero finite nelle tasche di altissimi esponenti del regime, tra cui anche il fratello di Mussolini, Arnaldo. Matteotti aveva annunciato, facendo capire di avere in mano le prove, di voler denunciare l’illecito in un intervento parlamentare alla riapertura dell’Aula di Montecitorio il 10 giugno. Non arrivò mai in aula.

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