martedì 16 luglio 2013

Ci siamo ancora a tu per tu con Gabriele Fioretti (basketinside)


Sarebbe tempo di vacanze ma per chi organizza e gestisce sport a qualsiasi livello sono giorni febbrili: appuntamenti, telefonate, attese, brevi o lunghe che siano, scandiscono le giornate, e trovare anche il tempo per una seppur breve intervista non è facile. Ma bisogna coordinarsi e dare sfoggio a una grande managerialità.

Gabriele Fioretti è sempre stato una persona riservata quasi ai limiti della timidezza, ma è un professionista serio, preciso, puntuale, inappuntabile, con una grande passione per il basket. Potremmo forse dire che è quasi nato su un campo da basket (..)  mia madre mi portava a vedere mio padre che giocava a Casale anni settanta, ruolo playmaker, la serie era quella cadetta (..) il basket è una passione che ti porti dentro, da piccolo seguivo e mi piaceva Brunamonti e di conseguenza la Virtus Bologna  anch’io ho giocato fino alla serie C (..)  il ruolo è quasi scontato Playmaker come il padre fino ai 26 anni e poi (..) e dopo ho cominciato a scrivere su giornali, siti specializzati e da li l’incontro con Daniele Baiesi è stato determinante per il proseguo della carriera.

(..) Ricordo la mia prima giornata a Biella tutto il giorno in ufficio e poi alla sera non avendo nulla in casa la pizza, consumata in un locale storico di Biella,  di fronte alla stazione, con Baio e i nostri foglietti in cui erano appuntanti i nomi dei giocatori da acquisire, da trattare (..)
La vedi e la senti la passione di Fioretti e la puoi notare nei dettagli, la prima partita contro Cantù (purtroppo persa) la prima vittoria (a Bologna)la prima salvezza sofferta. Quando calchi un parquet tutto diventa un emozione e un sogno quella della serie A

(..) La mia vera fortuna è stata ed è quella di avere avuto la possibilità di trasformare una passione in un lavoro (..)non è solo un modo di dire quello di Gabriele da come snocciola nomi, ricordi, sensazioni comprendi che lui è proprio il prototipo di quella persona che potrebbe impersonare il motto Biella Città del Basket.

Durante la scorsa stagione lo hai sempre notato lì, sul cubo, di fianco al tavolo della giuria, intercapedine tra il mondo arbitrale, la terna, e lo staff della squadra. Un ruolo in cui bisogna essere glaciali e privi di emozione e invece lui ti stupisce. (..) l’adrenalina della domenica è la cosa che mi piace di più del basket ( ..) e quando obietti che in fin dei conti non traspare alcuna emozione (..) il basket è il fuoco che mi consuma dentro.

Il bel rapporto con Pinkney (sexy dal gioco di parole utilizzato con l’americano occhi di brace) quello altrettanto stretto con Brunner e le piccole battute o attenzioni fanno parte di un bagaglio di emozioni di un mondo a spicchi che è un patrimonio ormai tutto biellese.

Tempo libero poco, la nascita del figlio Giovanni ha dato una gioia (scommettiamo noi sul fatto che calcherà i campetti e diventerà playmaker) infinita a Gabriele che se lo gode nei pochi, presupponiamo, momenti liberi anche se ha già gusti particolari di ascolto come la Cura di Battiato. Il Fioretti privato non disdegna un buon tiramisù della mamma, ricorda con affetto la carbonara della nonna e soprattutto la zuppa di pesce della compagna Paola magari innaffiata da un buon rosso Piemontese.

Ma il tempo per i buon ricordi è quasi svanito, amerebbe poter aver tra le mani Sasha Danilovic con cui costruire una squadra, stuzzica i suoi ricordi con Jerebko e Keith Langford ma poi ci si deve concentrare sull’attualità, fatta di cronache che ti impongono di dover magari cercare i probabili sostituti di Renzi e Jurak, la passione e la competenza quelle non mancano proprio. Ed accompagnandoti alla porta l’appuntamento a cui ti rimanda è per la prossima avventura, quella di una Pallacanestro Biella viva e presente perché come ricorda lui stesso: NOI CI SIAMO, ANCORA.

E allora qualunque sia l’abbonamento che il tifoso biellese sottoscriverà,  vale la pena farlo, perché con attori di questo genere lo spettacolo a Biella non mancherà mai.


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