Il 19 dicembre 1916 termina il
più grande carnaio d’Europa, quando le questioni venivano decise non a tavolino
ma sui campi di battaglia, quando la grande Bertha aveva un potere dissuasivo
enorme altro che la Merkel. Stiamo parlando di Verdun, milioni di uomini
coinvolti e la disputa di pochi metri di trincea da uno schieramento all’altro.
Milioni di proiettili sparati, un terreno arato in continuazione da bombe e shrapnel.
Più di seicentomila morti in entrambi gli schieramenti per una battaglia durata
nove mesi. Forti persi e ripresi in settimane a prezzi indicibili. Milioni di
pallottole sparate e centinaia di migliaia di litri di rhum e cognac consumati
a fiumi perché puoi anche avere il coraggio ma a volte andando all’assalto era
meglio farlo instupidito altrimenti non lo avresti mai fatto. Di fatto una
battaglia che non portò a nessun guadagno territoriale e fu una vittoria
difensiva pagata a carissimo prezzo dai francesi, grazie anche al dispendio di
vite umane inglesi sulle Somme. 37 milioni di colpi di cannone sparati è stata la
più grande concentrazione di artiglieria mai vista fino ad allora. Vi erano
inoltre ben 13 mortai
da 420 mm (le famose grandi bertha e Moser capaci di sparare un
proiettile da oltre una tonnellata), 2 cannoni da marina da 380 mm Langer Max , di lunghissima portata e al sicuro dall'eventuale reazione
francese, 17 mortai austriaci da 305 mm 17
(o "cannoni Beta") e un'enormità di pezzi da 210 mm e 150 mm
a tiro rapido che divennero la quotidianità con cui si confrontarono per quasi
un anno i difensori francesi. Una nuova e micidiale arma fece la sua comparsa
proprio allora: il lanciafiamme. Per non dimenticare.
lunedì 18 dicembre 2017
domenica 17 dicembre 2017
Avanti Savoia
Con il rientro della Salma di
Vittorio Emanuele III si dovrebbe chiudere il cerchio di un periodo storico che
ha segnato fasti e lutti di una nazione giovane come la nostra. Non è il
momento di fare processi alla storia anche perché la dinastia Savoia si
dimostrò debole e fallace soprattutto quando dovette far crescere non tanto la
nazione quanto gli italiani. La celeberrima frase: "fatta l’Italia dobbiamo fare
gli italiani" è li imperitura a segnalarci che noi siamo degli splendidi individualisti,
inventori, sagaci ma proprio non riusciamo mai a diventare popolo coeso e forte
come lo sono state e lo sono tutt’ora altre nazioni, su tutte Francia, Germania
e Inghilterra. Il problema dei Savoia e il rientro delle salme, a parte anche
il pagamento dell’eventuale gasolio degli aerei da Alessandria d’Egitto a Roma
(che facciamo una fattura di scarico merce ??) non mi sembra tale da creare un
principio di lesa maestà. La storia e gli eventi hanno di fatto condannato una
casata che per l’antesignano Carlo Alberto avevano coniato un appellativo inappuntabile:
il re tentenna. Una incapacità cronica di prendere decisioni che portò la
casata a fare cose buone e altre pessime. Dalle leggi fascistissime approvate e
anche quelle razziali assolutamente deprecabili, al fattivo apporto per far
cadere il fascismo e chiedere l’armistizio, salvo poi fuggire in gran fretta a
Brindisi per non essere catturato dai tedeschi. I Savoia hanno rappresentato
quindi uno specchio fedele dell’Italia sempre pronta a non schierarsi mai nel
bene come nel male e forse questo è proprio un icona della nostra personalità.
Non sarò di certo tra coloro che si recheranno a Vicoforte per una visita
pastorale, anche se il Santuario di Vicoforte nel Cuneese merita senza ombra di
dubbio una visita con annessa ascesa alla Cupola, ma rimane un elemento che
potrà portare eventuale beneficio turistico e tanto basta in un paese che purtroppo
ha deciso di realizzare un museo del fascismo a Predappio (Sic.!!!). Se proprio
devo ricordare i Savoia mi piace citare l’esempio del Duca d’Aosta che
resistette agli inglesi all’Amba Alagi nel 1941 e morì in prigionia coi suoi
uomini e Testa ad fer Emanuele Filiberto che sconfisse i francesi a San
Quintino nelle Fiandre nel 1557 e importò in Italia il cioccolato. Ecco questi
gli esempi da ricordare, il resto è storia
domenica 3 dicembre 2017
ICONE REICH
La bandiera neonazista appesa nella cameretta
del milite (per il momento ancora ignoto) ha come si poteva pensare scatenato i
pro e i contro. C’è persino chi disquisisce sul fatto che trattasi non di croce
uncinata, ma di bandiera del secondo reich. Verissimo, però questo è il simbolo
utilizzato diventato da tempo icona ineludibile dei vari movimenti neonazisti
dell’Europa. Un richiamo a un passato di cui francamente non si sente la
nostalgia, ma notiamo come crassa sia ancora l’ignoranza in materia sia da
parte di chi critica sia da parte di chi difende. Ancora una volta uno studio
anche solo superficiale della storia non guasterebbe. Una domanda però sorge
spontanea ma perché le estreme destre vogliono circondarsi di icone perdenti
(nazismo, fascismo ecc.) cosa sperano di dimostrare, il presunto ordine di cui
parlano non ha portato altro che disordine e povertà. Ha mandato a morire
centinaia di migliaia di persone in nome di cosa ?? un ideale ?? quale? la
sopraffazione? Di una cosa bisogna aver paura, non bisogna sottovalutare il
peso di questi gesti teatrali sono il frutto di una crassa ignoranza che deve
essere combattuta solo con la cultura. Quanto al milite lo si costringa a
studiare e a informarsi, se poi invece di attaccare poster inutili, appende la
copertina di play boy, forse è meglio.
MALEVENTUM
La citazione storica
è quasi d’obbligo oggi dopo la rete di Brignoli, poliedrico portiere del Benevento
che realizza una rete storica per il primo punto della squadra campana in serie
A. contro ci sono quei barbari che scendono da Milano anche se capitanati da
quel guitto di Rino Gattuso. Il richiamo è alle guerre sannitiche di 2292 anni
fa, quando Pirro, re dell’Epiro, affrontò le truppe romane con i suoi elefanti
e i suoi reparti e soccombette grazie alle tecniche di guerra riscoperte dagli
eredi di Romolo e Remo, Mario Curio Dentato (frecce incendiarie lanciate sugli
animali) la vittoria fece cambiare il nome del posto da Maleventum a Beneventum,
perchè il ricordo è importante e i Romani erano anche vogliosi di ricordare eventi
fortunati. Oggi, temo, che il mio Milan si ricorderà di una partita non giocata
poi così male ma che, proprio per il carattere storico del primo punto in serie
A per i campani, si trascinerà nella memoria per diverso tempo. Mala tempora
currunt
giovedì 30 novembre 2017
Quella volta che il Toro di Bonetto battè il Milan in finale di Coppa Italia (1971)
Raramente scrivo in memoriam, credo sia più bello parlare
delle emozioni che lo sport ti regala sul campo o sugli spalti ma faccio un
eccezione per l’amico Marcello Bonetto in ricordo di quel signore del football
che fu suo padre Beppe. L’occasione viene quando con Piemonte Notizie,
programma dedicato alle eccellenze piemontesi, cercammo di realizzare un
servizio dedicato al mondo del pallone visto dalla parte dei procuratori; parliamo
di qualche anno fa, non c’era ancora quella giungla che abbiamo poi visto negli
anni seguenti con gestori dell’immagine e dei servizi, più star degli stessi
loro assistiti. Marcello ci ha aperto le porte del suo ufficio del suo studio e
ci ha presentato un mondo professionistico fatto di cortesia e qualità, permettendoci
anche di intervistare un campione del mondo come il terzino di Juve e Milan
Zambrotta. Li ho visto il tocco di classe di un servizio offerto dalla Ifa
Bonetto che è una sorta di marchio di fabbrica di un modo di gestire persone
che derivava dalla lunga militanza del padre Beppe nel mondo del pallone negli anni sessanta e
settanta. Per chi come me è cresciuto con il Torino di Pulici e Graziani,
Bonetto voleva dire una gestione di una squadra costruita con il vivaio e con
la passione, quella che forse oggi manca a tanti club. Bonetto voleva dire le
sfide tra Juve e Toro degli anni settanta, lo scudetto di Radice, quello perso
nonostante i cinquanta punti due coppe italia di cui una strappata proprio al
Milan. Su quel ricordo pubblico ora un inedito che mi concesse
-Coppa Italia 1971, finale a Genova fra Milan e Torino
(miracolosamente portata ai supplementari ed ai successivi rigori, che allora
potevano essere calciati da un medesimo giocatore), con prima rete realizzata
da Rivera e fallita da Cereser e successivo determinante intervento di quella
"volpe" di Aldo Agroppi (cui spetta tra l'altro il copyright per
l'appellativo di "Gianni lacrima") che prendendo in mano le redini
della situazione e ritardando l'esecuzione con mille scuse, e mille battute,
riuscì ad innervosire Gianni ed a condurre il Toro (con i rigori realizzati da
Sergio Maddè) ad un titolo importante ed insperato.
lunedì 27 novembre 2017
Chi nasce tondo non può morire quadrato
Doveva succedere quando programmi
una stagione e alla fine dopo una prima parte del percorso che non va devi
porre dei correttivi. 23 formazioni diverse, un po’ di confusione e quel che è
peggio, tanta ma tanta approssimazione e aspettative. Naturale finisse così,
senza risultati e ora sotto col prossimo, consapevoli che sarà un esame
continuo. I giocatori ci sono, tocca al mister trovare l’amalgama, che come
vaticinava Massimino, vulcanico presidente etneo, quanto costa questo amalgama
che lo compro. Ecco la speranza è che l’entusiasmo dei 65.000 di un afosa
giornata di luglio non vada disperso, non si chiede di vincere subito, ma di
giocare bene e di emozionare questo si. Ieri sinceramente non ho visto nulla di
tutto questo, Gattuso, se riesce a mettere un po’ di quella grinta che lo contraddistingueva
quando entrava in campo allora sarà un acquisto notevole. Sei anni dall’ultimo
successo cominciano a diventare troppi occorre sterzare e in fretta. E per uno
che entrava per primo in campo per il pre gara è quasi un obbligo: benvenuto
Rino
L'ultima ridotta a Gondar nel 1941
Era il 27 novembre 1941, iniziava
ufficialmente l’assalto inglese che decretava la fine dell’impero italiano in
Africa Orientale e quindi in Etiopia. Tutti ricordano l’Amba Alagi la ridotta riconquistata
nel maggio del 1941, ma di fatto la presenza italiana va avanti ancora per
qualche mese e, grazie al generale Nasi, l’avamposto italiano tiene fino al 30
novembre. 13 battaglioni di italiani e altrettanti di ascari con qualche
brigata di cavalleria. Nasi riesce a reggere lo scontro contro truppe inglesi
maggiormente equipaggiate e supportate da un numero crescente di etiopi. Gli italiani
si ingegnano nel costruire addirittura carri armati con trattori agricoli ma
alla fine sono costretti a cedere con l’onore delle armi. Rimangono sul terreno
circa 4.000 difensori. Da libro cuore alcuni episodi come il pilota Ildebrando
Malavolta alla guida dell’unico aereo un Fiat CR42 a disposizione degli italiani
che muore in azione. Il 30 novembre cessa ogni attività bellica e di fatto
finisce quell’Impero che Mussolini aveva fortemente voluto ma che, di fatto,
era stato solo una sorta di specchio per le allodole di una potenza che
rimaneva sulla carta. Il valore degli uomini quello no c’era, ma non bastava
martedì 14 novembre 2017
Cronache di una sconfitta: i media
Non andremo ai mondiali di
calcio, ogni tanto può succedere a una nazione che sull’arte pedatoria ha
costruito la sua repubblica di parole di commenti e di improvvisati CT. E d’altronde
con decine di testate cartaceee online e televisive lo psicodramma è proprio
quello, di cosa parliamo? A volte c’è un cambio generazionale i Rivera e i
Mazzola, così come i Baggio, i Del Piero, i Pirlo non spuntano ad ogni
stagione. Può succedere poi di non imbroccare l’allenatore, e ci sta. Ma farla
diventare un isteria collettiva mi sembra francamente ridicolo. La frase che
dovrebbe far pensare, oltre alle facce funeree, era quella di un giornalista Rai
che testualmente l’altra sera diceva “non andiamo ai mondiali”, ma dal tono
sembrava che oggettivamente fosse un problema personale e probabilmente era
cosi. Ho assistito improvvidamente su Rai sport alla conferenza stampa di
Ventura post partita e li ho visto uno spaccato che ha confermato sospetti e
qualità del commento made in Italy. Tra Sky, Mediaset, Radio varie e fior di
cronisti, dieci domande al CT Ventura tutte improntate, non al fatto sportivo
(non gli si poteva chiedere se aveva sbagliato formazione o se aveva provveduto
a cambi di modulo in corso ad esempio ???) ma a quello che sarebbe successo in
seguito: dimissioni si no ? vergogna si no ?. La qualità del giornalismo
purtroppo è questa, non accettare verdetti sul campo e scatenare la caccia al
colpevole, l’immagine da bruciare e da consegnare alla folla modello
rivoluzione francese. Quando impareremo a non fare processi sommari e a
ragionare ?? Quando le analisi tecnico tattiche prenderanno il sopravvento
sulle emozioni? E in ultima analisi come non sottolineare la grandissima
stupidaggine scritta dai ct da tastiera sulla contaminazione degli stranieri
anche nei vivai ??? Francia 1998 e Germania 2014 sono il miglior esempio di
come col melting pot, se c’è classe, vinci.
lunedì 13 novembre 2017
Bisogna menà ?? No bisogna giocà
foto il napolista
Nella irreprensibile conferenza stampa del mister della Ternana
ha spiegato da par suo perché non abbiamo vinto a Solna. La sostanza è che il
pallone per andare in porta ha bisogno di randellate a prescindere; tanti
saluti ai vari Messi e compagnia che predicano che il calcio è il frutto di bei
lanci e di geometrie sofisticate. Alla faccia del tiki taka, gli alfieri
italici del bel calcio che fu, arringano dicendo che solo con il pugno si
conquistano i mondiali. Invocando una filiera di Pasquale Bruno tutti pronti a
difendere l’italico onore. Insomma istrionico e sardonico, sarebbe comico
vedere un suo intervento negli spogliatoi, un suo incipit motivazionale, non mi
sembra che il suddetto abbia vinto né Champions, né manifestazioni di prestigio
e allena una squadra che non sta facendo sfracelli. Insomma sembra il classico
commento da hater della rete. Per battere la Svezia, che non è squadraccia di
brocchi, occorre qualità e velocità e certamente non paura tutto qua. Se
meriteremo passeremo, altrimenti estate davanti alla tv, alla volte serve una
Corea per trovarsi poi successivamente all’Azteca, ma per favore non chiudiamo
le frontiere, quella sì che sarebbe la peggior paura possibile (vengono a
rubarci il lavoro ???)
venerdì 27 ottobre 2017
Si chiude con Musilli il Festival Giovanile di Musica Classica a Cossato
Ultimo appuntamento con il Festival Giovanile di Musica classica, concerti che hanno registrato un grande successo di pubblico e di critica e che mettono ancora di più in luce la qualità dei ragazzi che vi hanno preso parte. Gli spettatori di Biella e di Cossato hanno potuto godere di una grande qualità musicale e vedere all’opera musicisti di chiaro e futuro avvenire. Domenica sera alle 17 a Villa Ranzoni l’ultimo imperdibile appuntamento con Luna Musilli
Luna Musilli ha iniziato gli studi sotto la guida di Patrizia Radici presso il conservatorio F. Ghedini di Cuneo nel 2007 all'età di 7 anni e ha concluso il percorso nel 2017 diplomandosi con ottimi risultati al conservatorio G.Verdi di Milano. Si è perfezionata partecipando a masterclass con personalità di spicco dell'ambiente arpistico come Gabriella Dall’Olio, Park Stickney, Maria Rosa Calvo-Manzano, Gloria Martinez, Olga Shevelevich, Letizia Belmondo e Fabrice Pierre. Ha preso parte fin dall'età di 10 anni a concorsi internazionali quali "Suoni d'arpa", "XXIII CONCORSO Riviera della Versilia", " IX Concorso Internazionale di Esecuzione Musicale Città di Asti " classificandosi al secondo posto e al "Saluzzo Music Pizzico Competition" arrivando a classificarsi nella categoria solistica al primo posto assoluto e in quella di musica da camera al primo posto. Intraprende numerosi concerti come solista e con formazioni artistiche come il Cuneo Harp Ensamble.
PROGRAMMA DI SALA
G. F. Händel Concerto per arpa e orchestra in Si b Maggiore op 4 n. 6
(1685 – 1759) Allegro moderato – Larghetto - Allegro moderato
F. Poenitz “todestanz der Willys” op- 24a
(1850 – 1912)
L. Sphor Fantaisie in do minore op. 35
(1784 - 1859)
G. Fauré Impromptu op. 86
(1845 – 1924)
E. Parish – Alvars Introduction, Cadenza e Rondo
(1808 – 1849)
giovedì 26 ottobre 2017
Un calcio all'ignoranza
Il mondo dell’arte pedatoria
scosso da rigurgiti antisemiti, sembrerebbe una storia d’altri tempi poi a bene
vedere sono frasi e striscioni più o meno latenti che ricompaiono a ogni pie’
sospinto da più tempo. Ricordo nel secolo scorso durante i derby a San Siro in
cui campeggiava la scritta bella Nord di San Siro “Milanisti ebrei ecc. ....... ” quindi una sorta di déjà-vu. Le curve sono il ricettacolo delle
peggiori specie umane quelle del ludibrio a chi la spara più grossa, dove l’ignoranza
regna sovrana e non si spinge il bene dell’intelletto oltre la discussione
sportiva del gesto tecnico. Tanti e troppi gli esempi visti e citati, dalla
banana buttata a Dany Alves,al numero 88 vestito da un giovane Buffon ai
primordi, alla stessa curva laziale che tributava gli onori a una jena del
balcani (Arkan). Quando si mescola la storia di cui ci dovremo tutti vergognare
con l’attualità pedatoria ne esce un pastrocchio senza fine. Da multe
incomprensibili a gesti ed esempi che, seppur nascono con i migliori intenti
corrono il rischio di essere fuori dal tempo. Che i giocatori diano in omaggio
un libro ai più piccoli durante il contesto sportivo, pur nobile, non ottiene lo
scopo prefissato. E’ una questione di educazione, vadano i giocatori tra i loro
tifosi e si facciano portavoce di una vera cultura sportiva, questo si sarebbe
epocale. Si esalti il valore della prova sportiva e della qualità e si impari
ad apprezzare il gesto atletico. Meno multe e più lavori socialmente utili per
chi sgarra, sarebbe il daspo migliore
sabato 21 ottobre 2017
Trio Chagall danon perdere a Cossato. Domenica 22 ore 17
Dopo i brillanti concerti tenutesi al Cantinone di
Biella il Festival Giovanile di Musica classica biellese diretti dal maestro
Simone Sarno si spostano, come di consueto a Cossato, a Villa Ranzoni, domani
pomeriggio alle 17 sarà il turno del Trio Chagall, archi e pianoforte per una
musica di qualità e livello. Come sempre ingresso libero
Il Trio Chagall è stato fondato nel
2013 da Lorenzo Nguyen (pianoforte), Edoardo Grieco (violino) e Francesco
Massimino (violoncello) al Conservatorio “G.Verdi” di Torino. Sotto la guida
del M° Zuccarini ha partecipato a numerosi eventi, tra cui i “Lunedì Musicali”
alla Chiesa di Santa Pelagia a Torino e le “Serate del Conservatorio di Torino”.
Il Trio ha suonato in sedi prestigiose quali Palazzo Carignano di Torino in
occasione del “Classical Music Festival 2015”, alla Reggia di Venaria per l’evento
“Torino incontra Berlino”, “Avigliana
Insieme” Chiesa di S. Maria Maggiore, Musica alle Corti di Venaria, Chiesa di
Santa Croce a Racconigi, Festival Internazionale di Musica Contemporanea XVIII
edizione di Aqui Terme, Villa Tesoria a Torino e nel Maggio 2016, tramite il
Conservatorio di Torino, ai Musei Vaticani ottenendo notevole successo da parte
dell’ambiente musicale qualificato. Nonostante la giovane età dei componenti il
trio ottiene numerosi riconoscimenti tra cui il 1° premio al XXIII International
music competition di Cortemilia (CN), 1° premio all’ European Music Competition
di Moncalieri 2016, 1° premio al concorso di Giussano (insieme al premio
speciale “Il Progresso” come migliore gruppo cameristico), 3° premio e premio
speciale “Città di Venaria” (riservato ai migliori giovani dell’intera
edizione) al concorso Luigi Nono di Venaria e il 3° premio al XVI Concorso
Internazionale di Musica Marco Fiorindo di Nichelino. Dal 2015 il trio studia
sotto la guida del M° Valentino Nel marzo 2017 viene scelto dal Conservatorio
per la masterclass tenuta dal M° Bruno Giuranna al termine della quale esegue il quartetto K.493 di Mozart con il maestro
stesso.
lunedì 16 ottobre 2017
bisogna soffrire .... sempre
Da tifoso
del calcio non mi posso esimere, il derby è una partita che si guarda che si
soffre e che può come tutti gli eventi dare il doppio esito: felicità estrema
oppure nera inquietudine, a maggior ragione se è lunedì e vorresti buttare la
tazzina del caffè in faccia a Spalletti. Certo si rosica, come si dice in
gergo, ma per fortuna settimana corta c’è già un altro scontro da preparare. Ma
torniamo alla domenica sera, approccio troppo timido e rete generosa regalata
agli avversari in contropiede. Non mi capaciterò mai perché noi dobbiamo
costruire il gioco e poi subiamo di rimessa, ormai è un leit motiv di questi
ultimi anni. Poi nella ripresa cambia il registro, più pressione, più
penetrazione e raggiungi il pari, non ti accontenti e subisci di nuovo in contropiede.
Non si molla, si chiude ancora in pareggio e poi il fattaccio, un rigore molto
generoso, siccome si parla di danno procurato ben difficilmente d’Ambrosio
avrebbe potuto elevarsi a quattro metri d’altezza e battere imparabilmente Gigio,
ma tant’è con Tagliavento è inutile discutere, se fischi un rigore contro al
90, dovresti essere sicuro e di molto. Ma non sarà questa partita che cambia la
stagione. I cugini torneranno nei ranghi già la prossima contro Sarri e noi
recupereremo. Avessimo acquistato un top player in attacco avremmo avuto un ben
altro approccio ma in fin dei conti questa è la stagione del Barbuti bis 1986
(o per lo meno a me piace pensarla così)
giovedì 12 ottobre 2017
Dopo il successo di Irimescu ora è il turno di Spagnolo
E’ iniziato nei migliori dei modi il Festival
Giovanile Biellese: David Alecsandru Irimescu ha impressionato il numeroso pubblico
intervenuto sia per la tecnica prodigiosa sia per le doti espressive che l’hanno
portato a suonare, in fiato solo, un repertorio tra i più difficili che un
pianista possa affrontare e proporre: Sarabanda di J.S. Bach, Sonata n. 2 di
Rachmaninov, Ballata e Sonata di Liszt, Gaspard de la nuit di Ravel sono stati
i brani presentati nell’evento biellese. L’audience è stata mantenuta per tutta
la durata del concerto con un’energia così travolgente da lasciare quasi senza
fiato gli spettatori. Applausi scroscianti e diversi occhi inumiditi dalle
emozioni provate, hanno segnato la fine del pomeriggio musicale. Sicuramente,
del giovane pianista torinese ne sentiremo parlare spesso e lo vedremo proposto
nelle più importanti sale da concerto.
Orgogliosi di aver ospitato Irimescu, il
festival si prepara all’arrivo del flautista Lucas Spagnolo, vincitore della
categoria A al Concorso Internazionale Flautistico “S. Gazzelloni” – edizione
2017, che sarà accompagnato dal pianista Simone Rugani. Lucas Spagnolo nasce a Lucca nel 2001. Inizia gli studi del flauto
all' età di soli 7 anni e viene ammesso nel 2009 all' Istituto Superiore di
Studi Musicali "Luigi Boccherini", sotto la guida del Maestro Filippo
Rogai. Ha frequentato vari Masterclass con i maestri Michele Marasco, Mario
Ancillotti, Janos Balint, Andrea Oliva, Fabio Angelo Colajanni, Salvatore Lombardi,
Paolo Taballione, Gianpaolo Pretto, Andrea Lieberknecht. Lucas è vincitore
di concorsi nazionali e internazionali
come: 1° premio al concorso
"Riviera della Versilia"(2011, 1° premio assoluto al concorso
"Riviera Etrusca" 2015), 1° premio al
concorso "Giuseppe Peloso”(2015), 1° premio assoluto al concorso
"Premio Crescendo"cat. A con il premio speciale del "Miglior
Flautista"(2015), 2° premio al concorso internazionale “Grand Prix
Virtuoso International”, 1° premio assoluto della categoria B al concorso
“Premio Crescendo” – (2017), e a settembre 2017 Lucas vince il 1° premio della
categoria A al concorso internazionale “Severino Gazzelloni” con i premi
speciali “Premio Glauco Cambursano” e “Premio Angelo Persichilli”. Il concerto in
calendario per il 15 ottobre presso la sala “Il Cantinone” del Palazzo della
Provincia di Biella, avrà inizio alle ore 17.00, sempre ad ingresso libero. Veramente
un’occasione da non perdere
lunedì 9 ottobre 2017
La scintilla creativa: avanzi da Var
foto youtube
E stato il nostro padre putativo,
quello che ha inventato il calcio parlato televisivo, quello che ha dato la
stura una pletora di commentatori televisivi, a volte di aria fritta, compreso
il sottoscritto, legittimando il tubo catodico riempiendolo di discussioni
infinite. Sarebbe stato bello vedere l’Aldo pensiero ora sulla VAR, ma non
sapremo mai se quello che si sta realizzando sia una sorta di ulteriore
tassello di discussione o meno, il processo sarebbe stato il suo ideale epilogo.
Siamo cresciuti con i suoi denkiou, ma a volte dava l’impressione di calcare
sul personaggio e di ingigantirne l’aspetto macchiettistico. Insomma un
precursore. Spiace solo constatare che oggi anche in presenza di una tecnologia
debordante non ci sia più nessuno in grado di inventare qualcosa come aveva
fatto lui, manca la scintilla creativa, insomma qualcuno fuori dagli schemi.
Come dite interviene la VAR ? Allora alziamo le mani.
martedì 3 ottobre 2017
mercoledì 27 settembre 2017
25 anni di Donne nel Turismo: traguardo e nuovi obiettivi
Nella
splendida cornice del Turin Palace Hotel di via Sacchi si è svolta la
celebrazione dei 25 anni dell’Associazione Nazionale Donne nel Turismo. E’
stata questa l’occasione per confermare l’attività di un gruppo di donne,
pioniere nel mondo del turismo nazionale, che hanno avuto la lungimiranza di
scommettere su un settore in un momento in cui non era certo facile (nascita
nel 1992 legate all’organizzazione internazionale IFWTO). Le persone
sono più importanti delle destinazioni, questo il motto che ha contraddistinto
l’operatività e la rete delle donne nel turismo e che è risuonata ancora una
volta forte e chiara nell’incontro celebrativo del Turin Palace. Una voce
condivisa e sostenuta anche dalla presenza di autorità competenti che da sempre
sono state al fianco dell’associazione (Ascom Confcommercio, Regione Piemonte,
Federalberghi, Turismo Torino, Camera di Commercio, Unione Italiana
Consumatori, sezione del Piemonte). Le istituzioni hanno così riconosciuto il
ruolo e la proposta dell’Associazione guidata da Caterina Fioritti (Presidente
Nazionale dal 2001) e che si avvale del supporto di Luisella Morandi
(Governatrice del Piemonte dal 2000 e di Mariangela Minio (tesoriera nazionale).
lunedì 25 settembre 2017
1066: la lotta per lo Stamford Bridge
Ho sempre pensato che lo Stamford Bridge fosse solo ed esclusivamente lo
stadio del Chelsea là dove Magic Box Zola ha deliziato la platea della Perfida
Albione e dove uno stuolo di italici pedatori ha trovato le proprie fortune,
poi a forza di scavare nei ricordi e nella storia alla fine scopri che qualche
settimana prima di Hastings nel 1066, proprio li ebbe luogo un fatto epico, lo storico scontro tra Anglosassoni e Vichinghi
con la vittoria dei nativi condotti da re Harald che dopo una lotta sanguinosa
ebbe la meglio proprio sugli uomini del nord. La battaglia molto cruenta per l’epoca
segnò pertanto l’esito di quella successiva con l’avvento dei Normanni sull’isola
britannica. Famoso il ponte, secondo la leggenda, occupato da un guerriero di
dimensioni imponenti che impedì per lungo tempo il passaggio dell’esercito
nemico. Ma si sa che gli storici alle volte amano esagerare
domenica 24 settembre 2017
Keep Calm
foto milan7
Pensare di vincere il campionato era una follia,
autoflaggellarsi perché hai perso due partite contro due buone squadre Lazio e
Sampdoria a casa loro mi sembra del tutto fuori luogo. L’entusiasmo generato da
una nuova società ha fatto del bene al Milan ha creato quei prodromi che
saranno utili nei prossimi due e tre anni. Sarà un anno di transizione con ogni
probabilità e con qualche soddisfazione, magari al prossimo 28 ottobre o al 15.
L’obiettivo di andare avanti il più possibile nelle competizioni c’è (un quarto
di finale internazionale e/o una semifinale di coppa dopo aver eventualmente
eliminato i cugini ci starebbe) e poi arrivare al quarto posto dietro le due
corrazzate Napoli e Juve non è un traguardo impossibile. Ricordate il 1986 ?
Berlusconi al comando, un allenatore confermato e quante scoppole contro la Samp
di Briegel ( 3 a 0 a Marassi e 0 a 2 in casa) la sconfitta casalinga contro l’Ascoli
di Barbuti e la perentoria battuta di arresto di Verona. Alla fine grazie a
provvidenza Massaro entrammo in Europa. Era la squadra di Donadoni, di Maldini di
Baresi degli acquisti, magari anche sbagliati: uno su tutti nanu Galderisi.
Ecco pazienza e costruiamo in silenzio e le soddisfazioni arriveranno. Due
domande per Montella e per la società però ci sono: Andrè Silva che ci fa in
panca? Contro una squadra ruvida perché non subito il turco?. A questa
aggiungiamo che non abbiamo conquistato il centravanti di peso e quindi i
difetti stanno qui. Ma arriveremo o se arriveremo, anche in Europa.
lunedì 11 settembre 2017
Quella volta che Nikola Subic fermò Solimano il Magnifico (1566)
L’Europa dell’Est è stata sempre
un coacervo e passaggio di popoli di flussi e di battaglie, storia non studiata
mai abbastanza e che forse anche oggi servirebbe per avere piena coscienza di
un certo odio fra i popoli balcanici in particolare tra gli eredi della Turchia
e gli altri popoli slavi croati e ungheresi sopra tutto. Liberata Vienna nel
1529, Solimano il magnifico ci riprovò nel 1566 è fu l’ultima campagna della
sua gloriosa vita militare. Non aveva però fatto i conti con Szigetvar una
fortezza forte di tremila uomini di guarnigione che bloccò l’avanzata dei
giannizzeri, dei tatari e degli ottomani sulla strada di Vienna. Un assedio che
i turchi pagarono a caro prezzo oltre ventimila morti e che li tenne inchiodati
per un mese dal sei agosto al 8 settembre grazie all’opera di Nikola Subic
Zrinski, il comandante della guarnigione che pagò con la propria vita la difesa
della fortezza. Non gli sopravvisse Solimano e, seppur vittoriosi, i turchi
ritornarono indietro, un assedio nei mesi invernali della capitale austriaca
sarebbe stato deleterio per il morale delle truppe già provate dal lungo
scontro a Szigetvar. La pace ottenuta permise di evitare l’invasione turca in Europa
e la procrastinò di oltre un secolo fino alla fine del 1683 quando furono poi i
polacchi a fermare con successo l’ultima grande invasione a est.
RAI............... ola
Raramente è capitato di assistere
a una performance come quella di ieri sera alla domenica sportiva. Un ospitata
che sa di markettona al potentissimo Mino direttamente negli studi della
Domenica. Che fosse una notizia fuori dai consueti schemi tra procuratori assistiti
e società è un dato di fatto, tirata fuori proprio nella domenica in cui il
Milan ha svalvolato è una curiosa coincidenza. Un attacco etero diretto da far
paura in cui il conflitto tra un procuratore e la società dimostra di non
essere ancora del tutto finito, ma anzi corre il rischio di proseguire
lasciando dietro morti e feriti. Verrebbe da dire non opzioniamo più i
giocatori di quella scuderia, ma come fai, butti alle ortiche un patrimonio di
credenziali, sarebbe inopportuno. E allora eccoci qui a celebrare i peana di un
uomo che ha costruito una fortuna e un impero per lui e i suoi assistiti, in
cui l’obiettivo non è il bel gioco ma il conto in banca di coloro che si
affidano alle sue cure- Una volta, come ha ricordato Tardelli, il Presidente
Boniperti chiedeva la firma in bianco che la cifra la metteva poi lui ( e non
era certo di poco peso). Nostalgia
giovedì 7 settembre 2017
C'è chi vuole celebrare la Marcia su Roma !! Domani comunque è l'8 settembre
Marcia su Roma, manifesti contro
gli occupanti invasori, ma per Pansa non dobbiamo preoccuparci a questo
fascismo di ritorno non dobbiamo dare peso al massimo prepara a una sorta di
golpe militare??? Gulp, verrebbe da dire, sono consapevole e l’ho sempre detto,
anche durante le cerimonie ufficiali che durante la resistenza (certo fu una
guerra civile tra italiani, e non fu Pansa il primo a dirlo) ci furono pagine
brutte e oscure ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio (perdonatemi il
gioco di parole). Il ventennio fu pesante non tutto rose, fiori e pensioni. Un
regime per definizione è tale perché priva libertà di pensiero e di azione e
ammazza i suoi detrattori. Chi oggi inneggia a quel periodo o è figlio/nipote
di persone che ebbero dei benefici da quell’epoca, oppure proprio non lo
conosce appieno e lì la colpa è di chi in passato ha lasciato circolare una
retorica di destra estrema e di contrapposizione tra rossi e neri come fosse
una partita di calcio. Sarebbe auspicabile che si leggessero maggiormente
testimonianze e ricordi di chi lo visse quel periodo e i testi non mancano, per
comprendere come fosse, quello, un periodo, in cui non solo era limitate le più
elementari norme di libertà ma mancasse proprio il sostentamento per andare
avanti. L’ordine conclamato e vaticinato dai nipotini del Duce proprio non
c’era solo slogan e parate. Non mi stancherò mai di ripetere come l’istruzione
e la conoscenza siano due antidoti quanto mai forti a questo revanchismo e
ricordare o peggio ancora riproporre la Marcia su Roma, sia una follia anche
solo pensarla. Per fortuna domani è l’otto settembre quando gli italiani
capirono realmente chi li aveva governati (non tutti in realtà ma la
maggioranza)
La guerra vista attraverso gli occhi dei soldati.
Due film
di guerra uno realizzato e prodotto da quel vecchio volpone di Nolan e l’altra
dall’esordiente Sepe, tutti e due spettacolari, tutti e due dedicati all’introspezione
psicologica dei personaggi, dei soldati che lottano non solo per la loro
sopravvivenza ma che si interrogano sul futuro e sulla nazione. L’ansia da
prestazione prende il sopravvento, l’obiettivo non è l’uccisione del nemico, ma
la sopravvivenza. Nolan lo rende benissimo in Dunkirk, gli occhi stralunati dei
protagonisti sono li a rendere merito di questa ricerca spasmodica di un
appiglio che li renda consapevoli del loro ruolo. Il giudizio della gente, cosa
penseranno di noi, si stempera proprio nell’accoglienza finale di un popolo che
coglie il momento di difficoltà “siamo sopravvissuti” dice il soldato e “vi
pare poco” risponde l’anziano che li accoglie. Più scuro e con molte
connotazioni su responsabilità della guerra combattuta invece nel
lungometraggio di Sepe. Una guerra persa, combattuta dalla parte sbagliata che
però, pur nella tragedia del combattimento fa emergere un lato di umanità anche
in chi faceva parte di squadroni votati alla morte. La guerra vista con gli
occhi del soldato non è gloria, è soltanto carneficina da cui allontanarsi il
più velocemente possibile. We shall never surrender (non ci arrenderemo mai)
più che al nemico è dedicato alla vita
venerdì 25 agosto 2017
Reuse e l'Amianto non è più un problema
L’amianto è una piaga che ha
creato tantissimi lutti e problemi alla vita quotidiana delle persone, l’asbesto
è fuorilegge dal 1992 ma rimane il problema della riconversione del materiale.
La società Reuse Asbesto si propone invece attraverso processi industriali di
trasformare i manufatti in amianto proprio per distruggerlo in modo chimico una
volta per tutte. Scopo della società è proprio la trasformazione dei manufatti
di cemento amianto attraverso l’uso di siero di latte esausto e dell’acqua di
lavaggio delle produzioni agro alimentari. L'impiego dei suddetti elementi
determina un attacco biochimico al cemento amianto con l’ottenimento nel corso
della varie fasi in cui è articolato il processo di trasformazione di prodotti
diversificati quali anidride carboniche idrogeno prodotti per idropittura
fertilizzanti a base di fosfati magnesio nichel e manganese. Reuse si propone
quindi quale azienda in grado di trattare tale problematica dalla sua evidenziazione
fino ad arrivare al trattamento vero e proprio. Nella puntata di Città allo
Specchio in onda questa sera su Grp e che potrete trovare anche su you tube la
spiegazione nei dettagli del progetto e della parte industriale aziendale. Da
non perdere
Un secolo fa, la Bainsizza
Cent’anni fa in questi giorni di
fine agosto il Generale Cadorna produceva lo sforza massimo per cercare di
sfondare il fronte italiano e per aprirsi, nelle sue vane speranze la strada
per arrivare a Vienna e quindi finire la guerra. Il 1917 è stato l’anno
horribilis della prima guerra mondiale attacchi e contrattacchi sanguinosissimi
decine di migliaia di morti per un fronte in stallo da Ypres fino al fronte
italiano. Gli attacchi lanciati fra il 17 e il 31 agosto sulla Baisinzza
portarono alla morte migliaia di soldati italiani mandati, come carne da
macello contro le schwarzlose (mitragliatrici) austriache. La spallata di
Cadorna non riuscì anche se la difesa austro-ungarica vacillò tanto da
costringere gli alleati tedeschi a pensare all’invio di rinforzi che sarebbero
poi ritornati utili per Caporetto a ottobre. Forse nella pazzia della prima
guerra quell’offensiva costrinse le potenze centrali a ripensare indirettamente
a come capitalizzare al meglio le offensive di fine 1917 e salvò dal collasso
certo il fronte francese. Undici battaglie e massacri avevano dissanguato anche
l’esercito italiano e Cadorna pagò a caro prezzo quest’ultima carneficina.
40.000 morti 108.000 feriti 18.000 dispersi questo il macabro computo della
strage. Gli austriaci per parte loro 10.000 morti 45.000 feriti e 30.000
dispersi. Milioni i colpi di artiglieria sparati sia in attacco che in difesa
la guerra era a una svolta. Caporetto 24 ottobre dietro l’angolo.
mercoledì 23 agosto 2017
L'ultima carica: Isbuscenskij 24 agosto 1942
Per chi ha studiato con passione
la storia della prima guerra mondiale l’urlo Avanti Savoia, con cui i fanti
uscivano dalle trincee, ha imperversato per anni ricordandoci anche le pagine
gloriose delle guerre di indipendenza in cui i pistapauta (i marines
piemontesi) affrontavano con sprezzo del nemico il fuoco austriaco. L’ultima
volta che fu lanciato, anche se in modo che potrà risultare anacronistico, fu
per la carica di cavalleria che avvenne sul fronte russo il 24 agosto 1942,
quando il Savoia cavalleria respinse tre battaglioni russi a Isbuscenskij: le
truppe nemiche furono affrontate con moschetti, sciabole e bombe a mano il
tutto per annientare le postazioni russe. Non una vera e propria battaglia, più
una scaramuccia se si vuole, nell’ambito dell’offensiva lanciata dai russi in
estate per isolare, come poi avvenne più tardi, la città di Stalingrado. Ma
comunque un episodio di storia che merita di essere ricordato per il valore dei
nostri soldati mandati a combattere una guerra di annientamento in un
territorio lontano migliaia di chilometri dall’Italia per la gloria effimera di
Mussolini (anche quei morti sulla sua coscienza).
Quando la storia fa spettacolo e rende. Il caso Nolan e Dunkirk
foto mrliricks
Mancano solo dieci giorni all’uscita
anche in italia dell’ultima fatica di Nolan dedicata all’operazione Dynamo. Il
film sarà senza ombra di dubbio un successo al botteghino, il regista si è
cimentato con la storia e per la seconda volta una conclamata sconfitta
(Giuseppe Rasolo Le Grandi Battaglie della seconda guerra mondiale, Newton
Compton Editore) si è trasformata in un successo. Al botteghino in Francia
oltre due milioni di spettatori, in sole 5 settimane di programmazione. Ma la
vera fortuna è stata lo sfruttamento da parte delle autorità locali di
Dunquerque (la città) dei siti in cui si sono state realizzate riprese e dietro
le quinte (Envers du Decor). In questo caso fino al 28 luglio 2018 è stato
allestito un vero e proprio percorso storico didattico e cinematografico che,
oltre a far conoscere da vicino i segreti della pellicola, ha permesso di
ristudiare fatti di 77 anni prima. Che dire la storia, il proprio passato, sono
sempre fonte sia di ispirazione e in questo caso di guadagno. Vi posso
assicurare che i luoghi non hanno grandi capacità turistiche; tempo incerto,
ventoso, freddo anche in estate, ma il fascino di rivivere la storia a diretto
contatto nei luoghi dove si sono compiuti i destini del mondo non ha prezzo. L’emozione
di stare in una trincea a Ypres, di sedere nella dependance della villa di Arnheim
dove si è deciso il destino dell’operazione Market Garden o di camminare sulle
spiagge di Dunquerque, contagia anche un neofita della storia. In questo inglesi
e francesi sono maestri, quando anche in Italia si percepirà che questo è un
settore che può essere da traino per la cultura, per il turismo e per l’economia
??
Fernet vs Colera. Una storia piemontese del 1867
foto fernetmania
150 anni fa in Piemonte ci fu un
epidemia abbastanza violenta di colera. Lo stesso re Vittorio Emanuele scriveva
al Presidente del Consiglio Urbano Rattazzi comunicando oltre 50 casi al giorno
con decine di decessi. La scoperta del bacillo virgola fatta da Kock nel 1885 avrebbe
svelato cause e cure, ma prima di quella data le ipotesi sulle origini del
colera erano varie e le cure alle volte fantasiose. Stupisce allora di leggere
una lettera del Sindaco di Donnaz che, proprio in quel periodo, ringraziava i
signori Martini Rossi e Compagni “grazioso invio fatto a questo municipio di
venti bottiglie del rinomato Fernet che è stato efficacissimo come preservativo
alla malattia e anticolerico”. Non fu l’unica missiva, anche i sindaci di San
Maurizio Canavese e Montjovet vergarono lettere dello stesso tenore. La società
che produceva il Fernet era stata costituita appena pochi anni prima il 1
luglio 1863, quando Alessandro Martini Luigi Rossi e Teofilo Sola diedero
origine alla società con 9000 lire la Martini, sola e C.ia che poi nel 1879
divenne la Martini e Rossi. Gusto piemontese e potente rimedio.
lunedì 14 agosto 2017
Operazione Dynamo la Storia diventa spettacolo, quando la stessa attenzione per quella italiana ?
Se c’è una cosa che ho sempre
invidiato agli inglesi è la loro capacità di sfruttare la storia e il passato
in modo autorevole, quasi autoreferenziale, in grado di far vedere ai posteri
ma anche ai propri concittadini eventi e momenti topici come un passato di cui
andare fieri. Per loro nulla è lasciato al caso e anche episodi marginali
diventano l’occasione per magnificare il proprio spirito di appartenenza. Ho
visto solo i provini, in gergo cinematografico trailer di Dunkirk che uscirà
nelle sale italiane il prossimo 31 agosto ma che in Inghilterra viene
proiettato fin dallo scorso 21 luglio. Le sequenze, l’uso delle parole, le
immagini, la fotografia tutto fa rimanere senza fiato. Stiamo parlando di una
sconfitta che viene sublimata come una vittoria, seguendo lo spirito messo in
voga da Churchill proprio mentre tutto questo avveniva nel giugno del 1940.
Nolan è una grande regista che all'apice della sua carriera con l’aiuto di uno
staff di prim'ordine, tra cui le musiche di Hans Zimmer, porta sul grande
schermo una storia di grande orgoglio britannico, la ritirata vittoriosa dell’operazione
Dynamo dei 340.000 soldati britannici dalla Francia. Per chi volesse leggere
com'è andata consiglio, scusate l’autocitazione, il mio libro sulla seconda
guerra mondiale, ma quello che mi preme sottolineare oggi più che mai, è mai
possibile che il mondo della cinematografia italica non senta il bisogno di
realizzare qualche opera che ricordi le mille e più belle pagine di storia
italiana di guerra. Quante sarebbero? Sulla prima guerra mondiale gli esempi
sarebbero mille, e nella seconda la ritirata degli alpini dalla Russia non
avrebbe lo stesso impatto della ritirata delle truppe inglesi a Dunkirk. Tutto
questo sarebbe sicuramente un modo per spettacolarizzare la nostra storia, ma
anche per tramandare alle giovani generazioni il sacrificio dei nostri avi e
forse anche un modello educativo
Suprematisti la storia non si è fermata a Gettysburg (1863)
Suprematisti bianchi, suona
malissimo quasi impronunciabile e vedere questi signori per lo più sovrappeso
inneggiare alla supremazia della razza ariana, alfieri di un mondo che per
fortuna non c’è più, ci fa sprofondare in un passato antico. Ci sarebbe solo da
sorridere se non ci fosse scappato il morto e se questo odio, per chi non ha il
colore della pelle uguale al tuo, non stesse prendendo piede un po’ ovunque come
se non fossimo figli della stessa terra. Al cinema erano già stati sbeffeggiati
dai Blues Brothers (i famosi nazisti dell’illinois) per finire a Quentin Tarantino
nel suo Django unchained,. Ma tutta questa storia prende il via dalla figura di
un generale, Robert Edward Lee, capo dei Confederati Sudisti e di una sua
statua in via di rimozione. Lee era un generale di buona levatura che fece
letteralmente vedere i sorci verdi alle truppe dell’Unione nella Guerra di
Secessione fino a Gettysburg (1/3 luglio 1863) la più sanguinosa battaglia
combattuta sul suolo americano (leggendaria la carica del colonnello Pickett) .
Una guerra dal chiaro valore economico tra il Nord delle fabbriche e il Sud
Contadino e che segnò anche la fine della schiavitù sul suolo americano. Una
guerra sanguinosa, la più sanguinosa mai combattuta dagli americani (oltre 700.
Mila morti) con un paese completamente trasformato e forsanche emancipato anche
se per la completa consacrazione di una parità avremmo dovuto attendere poi gli
anni sessanta del Secolo breve.
Shiloh, Bull Run, Antietam,
Appomatox tutte pietre miliari di una sorta di catarsi militare in cui si
scontrarono due mondi e due filosofie. In cui anche i capi militari
rappresentavano due modi diversi di fare la guerra. Lee da una parte e Ulysses
Grant dall’altra. Lee era schiavista, ma chi non lo era al Sud in quel periodo.
Grant passò poi dai teatri di battaglia agli scranni politici diventando anche
Presidente degli Stati Uniti per due mandati (con tutto quello che ne consegue
anche in termini di disprezzo politico da parte degli avversari). Lee non
sopravvisse molto alla fine della guerra, morì di malattia nel 1870. E la sua
dipartita ante litteram lo fece diventare una sorta di icona, non reale, di un
sud ormai antico. Usare Lee sia da una parte e dall’altra dei due schieramenti
non è corretto ma ancora di più pensare a una supremazia bianca nel XXI secolo
suona di un'anacronistico da far paura e son convinto che anche il pragmatico
Lee ne sarebbe d’accordo.
martedì 8 agosto 2017
Tessera per il tifoso
L’avevano spacciata per il
futuro. Tornelli che sarebbero stati aperti con queste chiavi elettroniche e
che ci avrebbero procurato un sacco di vantaggi. Invece solo code, casini
burocratici, impossibilità di recuperare i biglietti per le trasferte come se
la voglia del singolo tifoso fosse quella di andare a fare l’hooligan comunque.
Dopo anni, complice la disaffezione del tifoso hanno percepito che qualcosa
andava cambiato e se Dio vuole l’hanno attuata. Meglio tardi che mai verrebbe da dire. Riammessi gli
striscioni, i tamburi e tutte le altre cose che facevano colore e folclore.
Belli i tempi in cui potevi portare le galline allo stadio, mettevi loro la
casacca della squadra avversaria e le facevi scorrazzare sul prato di san siro.
Era un tifo ruspante che magistralmente Abantuono aveva recensito nel suo
eccezzziunale veramente, un tempo andato ma che potrebbe tornare e forse anche
gli stadi si torneranno a colorare di tifo genuino e partecipativo, perché in
fin dei conti è pur sempre una festa. Adesso però abbassate anche il prezzo del
biglietto
lunedì 7 agosto 2017
Commercialisti rossoneri:una passione del diavolo
foto multimedia quotidiano
Commercialisti rossoneri: lo striscione
l’ho visto in Curva Nord a San Siro e vista l’esposizione mediatica sul caso
fidejussioni è subito rimbalzato nei miei highlights personali. 65.000
spettatori al 3 di agosto per una partita, forse scontata, per i preliminari di
Europa League sono da follia del calcio, ma si sa, i tifosi, soprattutto quelli
del Milan sono abituati a far pazzie. In fin dei conti il 24maggio 1989 si
consumava un altro esodo biblico in quel di Barcellona con i rumeni a fare da
sparring partner. Allora era un punto d’arrivo dopo un triennio di aspettative
ora è una ripartenza. E che sia quella giusta è facile intravederla nelle
sprezzanti parole degli avversari. Falliranno, non hanno i soldi ! non sono
capaci ! Anche in questo caso sovviene il ricordo del bel passato che fu. La
presentazione del Milan all’epoca venne fatta con gli elicotteri all’Arena e un
noto portiere di una squadra di Venaria disse “li useranno anche per scappare”.
La storia non gli diede ragione ed è bello pensare e sperare che non sia così.
Certo è più facile in Italia fare il tifo contro (mi iscrivo anch’io) ma una
volta tanto è bello pensare al rinnovato valore di una maglia a due colori (il
rosso e il nero).
giovedì 27 luglio 2017
Quando i libici ce le suonarono. La strage di Sciara Sciatt
www.giovannigiolitti.it
Sciara Sciatt è il nome di una strage di italiani sul suolo
libico che forse pochi ricordano e che si svolse poco più di un secolo fa,
quando guarda caso Francia e Italia, corsi e ricorsi storici, non se le
mandavano a dire per le terre d’oltremare e in cui la Libia (Tripolitania e Cirenaica
anche allora) era oggetto di contesa militare e non solo. Anche all’epoca le
discussioni sugli organi di stampa erano all’ordine del giorno. Poi Giolitti, l’uomo
di Dronero, piemontese doc, dette il via all’occupazione manu militari della
zona costiera vicino a Tripoli, La Libia all’epoca era mal controllata dai
Turchi, quella che un tempo era stata una gloriosa e gioiosa macchina da guerra,
era al lumicino. L’Italia contribuì di fatto a far scoppiare la polveriera dei
Balcani facendo emergere la pochezza della macchina militare ottomana. Ma in
Africa, a comandare, non vi erano solo gli eredi di Solimano il Magnifico ma
decine e decine di tribù, quelle assoggettate da Gheddafi fino al 2011 e dopo l’occupazione
della costa ci fu il contrattacco che portò alla sconfitta di Sciara Sciatt. Il
23 ottobre 1911 i turchi di sorpresa cercarono di occupare le posizioni tenute dei
bersaglieri proprio in prossimità dell’Oasi costringendo gli italiani a ripiegare,
la quarta compagnia si asserragliò nel cimitero di Rebab, dove, dopo aspri
combattimenti, si arrese al numeroso nemico. Quando gli italiani si ripresero e
passarono al contrattacco la scena che videro nel cimitero fu raccapricciante i
prigionieri erano stati
accecati, decapitati, crocifissi, sviscerati, bruciati vivi o tagliati a pezzi (come recita la relazione ufficiale). Scattò la caccia all’arabo
e tutti coloro che furono trovati con armi addosso furono immediatamente
fucilati. L’arrivo di rinforzi portò nel breve volgere di qualche settimana al
recupero delle posizioni perse e i prigionieri libici furono poi portati alle
Tremiti (si tratta di quei patrioti, per conto di Gheddafi naturalmente, su cui
il dittatore libico chiese poi in seguito gli indennizzi). La Stampa inglese
condannò ovviamente l’azione italiana, mentre l’opinione pubblica italiana
avvallò l’operazione ritenendo ahimè il bel suol d’amore libico irto di spine.
Son passati cent’anni ma stiamo ancora discutendo di quella zona.
mercoledì 26 luglio 2017
Quando i manganelli volavano. La strage di Torino del dicembre 1922
comune di torino
Forse non tutti sanno cos’è stata
la Strage di Torino del 18/20 di dicembre del 1922. Quando uno oggi inneggia al
Fascismo è bene ricordare quelli che erano i prodromi su cui sorse la dittatura
che governò l’Italia. Matteotti fu un fulgido esempio di come l’avversario
politico poteva essere eliminato e in quella Torino in cui la componete
socialista e anarchica era forte lo scontro era inevitabile. L’Antefatto che
porta alla tre giorni di massacro è l’agguato in cui cade il 17 dicembre
Francesco Prato, tranviere comunista, per mano di Carlo Camerano, Giuseppe
Dresda e Lucio Bazzani. Il tranviere si difende e nella colluttazione muoiono
due degli assalitori. La vendetta è così servita su un piatto d’argento, nei
tre giorni successivi le squadracce di Piero Brandimarte imperversano al calar delle
tenebre e uccidono 14 uomini e ne feriscono 26 tra i caduti il segretario della
sezione torinese del Sindacato Metalmeccamici Piero Ferrero, malmenato
torturato e legato a un camion che ne trascina per diverse centinaia di metri
il corpo. Agghiacciante il commento del Bradimarte abbiamo 3000 nomi di
sovversivi, tra questi ne abbiamo scelti 24 e i loro nomi li abbiamo affidati
alle nostre migliori squadre. Questo invece il commento di Benito Mussolini
“come capo del fascismo mi dolgo che non ne abbiamo ammazzati di più, come capo
del Governo debbo ordinare il rilascio dei comunisti arrestati (dal libro di
Walter Tobagi gli anni del Manganello). Questo il clima in cui il Fascismo
prese il sopravvento. Per la serie meglio ricordare e studiare.
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