lunedì 18 dicembre 2017

Niente di nuovo sul Fronte Occidentale a parte il lanciafiamme


Il 19 dicembre 1916 termina il più grande carnaio d’Europa, quando le questioni venivano decise non a tavolino ma sui campi di battaglia, quando la grande Bertha aveva un potere dissuasivo enorme altro che la Merkel. Stiamo parlando di Verdun, milioni di uomini coinvolti e la disputa di pochi metri di trincea da uno schieramento all’altro. Milioni di proiettili sparati, un terreno arato in continuazione da bombe e shrapnel. Più di seicentomila morti in entrambi gli schieramenti per una battaglia durata nove mesi. Forti persi e ripresi in settimane a prezzi indicibili. Milioni di pallottole sparate e centinaia di migliaia di litri di rhum e cognac consumati a fiumi perché puoi anche avere il coraggio ma a volte andando all’assalto era meglio farlo instupidito altrimenti non lo avresti mai fatto. Di fatto una battaglia che non portò a nessun guadagno territoriale e fu una vittoria difensiva pagata a carissimo prezzo dai francesi, grazie anche al dispendio di vite umane inglesi sulle Somme. 37 milioni di colpi di cannone sparati è stata la più grande concentrazione di artiglieria mai vista fino ad allora. Vi erano inoltre ben 13 mortai da 420 mm (le famose grandi bertha e Moser capaci di sparare un proiettile da oltre una tonnellata), 2 cannoni da marina da 380 mm Langer Max , di lunghissima portata e al sicuro dall'eventuale reazione francese, 17 mortai austriaci da 305 mm 17 (o "cannoni Beta") e un'enormità di pezzi da 210 mm e 150 mm a tiro rapido che divennero la quotidianità con cui si confrontarono per quasi un anno i difensori francesi. Una nuova e micidiale arma fece la sua comparsa proprio allora: il lanciafiamme. Per non dimenticare.

domenica 17 dicembre 2017

Avanti Savoia


Con il rientro della Salma di Vittorio Emanuele III si dovrebbe chiudere il cerchio di un periodo storico che ha segnato fasti e lutti di una nazione giovane come la nostra. Non è il momento di fare processi alla storia anche perché la dinastia Savoia si dimostrò debole e fallace soprattutto quando dovette far crescere non tanto la nazione quanto gli italiani. La celeberrima frase: "fatta l’Italia dobbiamo fare gli italiani" è li imperitura a segnalarci che noi siamo degli splendidi individualisti, inventori, sagaci ma proprio non riusciamo mai a diventare popolo coeso e forte come lo sono state e lo sono tutt’ora altre nazioni, su tutte Francia, Germania e Inghilterra. Il problema dei Savoia e il rientro delle salme, a parte anche il pagamento dell’eventuale gasolio degli aerei da Alessandria d’Egitto a Roma (che facciamo una fattura di scarico merce ??) non mi sembra tale da creare un principio di lesa maestà. La storia e gli eventi hanno di fatto condannato una casata che per l’antesignano Carlo Alberto avevano coniato un appellativo inappuntabile: il re tentenna. Una incapacità cronica di prendere decisioni che portò la casata a fare cose buone e altre pessime. Dalle leggi fascistissime approvate e anche quelle razziali assolutamente deprecabili, al fattivo apporto per far cadere il fascismo e chiedere l’armistizio, salvo poi fuggire in gran fretta a Brindisi per non essere catturato dai tedeschi. I Savoia hanno rappresentato quindi uno specchio fedele dell’Italia sempre pronta a non schierarsi mai nel bene come nel male e forse questo è proprio un icona della nostra personalità. Non sarò di certo tra coloro che si recheranno a Vicoforte per una visita pastorale, anche se il Santuario di Vicoforte nel Cuneese merita senza ombra di dubbio una visita con annessa ascesa alla Cupola, ma rimane un elemento che potrà portare eventuale beneficio turistico e tanto basta in un paese che purtroppo ha deciso di realizzare un museo del fascismo a Predappio (Sic.!!!). Se proprio devo ricordare i Savoia mi piace citare l’esempio del Duca d’Aosta che resistette agli inglesi all’Amba Alagi nel 1941 e morì in prigionia coi suoi uomini e Testa ad fer Emanuele Filiberto che sconfisse i francesi a San Quintino nelle Fiandre nel 1557 e importò in Italia il cioccolato. Ecco questi gli esempi da ricordare, il resto è storia

domenica 3 dicembre 2017

ICONE REICH

 
La bandiera neonazista appesa nella cameretta del milite (per il momento ancora ignoto) ha come si poteva pensare scatenato i pro e i contro. C’è persino chi disquisisce sul fatto che trattasi non di croce uncinata, ma di bandiera del secondo reich. Verissimo, però questo è il simbolo utilizzato diventato da tempo icona ineludibile dei vari movimenti neonazisti dell’Europa. Un richiamo a un passato di cui francamente non si sente la nostalgia, ma notiamo come crassa sia ancora l’ignoranza in materia sia da parte di chi critica sia da parte di chi difende. Ancora una volta uno studio anche solo superficiale della storia non guasterebbe. Una domanda però sorge spontanea ma perché le estreme destre vogliono circondarsi di icone perdenti (nazismo, fascismo ecc.) cosa sperano di dimostrare, il presunto ordine di cui parlano non ha portato altro che disordine e povertà. Ha mandato a morire centinaia di migliaia di persone in nome di cosa ?? un ideale ?? quale? la sopraffazione? Di una cosa bisogna aver paura, non bisogna sottovalutare il peso di questi gesti teatrali sono il frutto di una crassa ignoranza che deve essere combattuta solo con la cultura. Quanto al milite lo si costringa a studiare e a informarsi, se poi invece di attaccare poster inutili, appende la copertina di play boy, forse è meglio.

MALEVENTUM


La citazione storica è quasi d’obbligo oggi dopo la rete di Brignoli, poliedrico portiere del Benevento che realizza una rete storica per il primo punto della squadra campana in serie A. contro ci sono quei barbari che scendono da Milano anche se capitanati da quel guitto di Rino Gattuso. Il richiamo è alle guerre sannitiche di 2292 anni fa, quando Pirro, re dell’Epiro, affrontò le truppe romane con i suoi elefanti e i suoi reparti e soccombette grazie alle tecniche di guerra riscoperte dagli eredi di Romolo e Remo, Mario Curio Dentato (frecce incendiarie lanciate sugli animali) la vittoria fece cambiare il nome del posto da Maleventum a Beneventum, perchè il ricordo è importante e i Romani erano anche vogliosi di ricordare eventi fortunati. Oggi, temo, che il mio Milan si ricorderà di una partita non giocata poi così male ma che, proprio per il carattere storico del primo punto in serie A per i campani, si trascinerà nella memoria per diverso tempo. Mala tempora currunt

giovedì 30 novembre 2017

Quella volta che il Toro di Bonetto battè il Milan in finale di Coppa Italia (1971)


Raramente scrivo in memoriam, credo sia più bello parlare delle emozioni che lo sport ti regala sul campo o sugli spalti ma faccio un eccezione per l’amico Marcello Bonetto in ricordo di quel signore del football che fu suo padre Beppe. L’occasione viene quando con Piemonte Notizie, programma dedicato alle eccellenze piemontesi, cercammo di realizzare un servizio dedicato al mondo del pallone visto dalla parte dei procuratori; parliamo di qualche anno fa, non c’era ancora quella giungla che abbiamo poi visto negli anni seguenti con gestori dell’immagine e dei servizi, più star degli stessi loro assistiti. Marcello ci ha aperto le porte del suo ufficio del suo studio e ci ha presentato un mondo professionistico fatto di cortesia e qualità, permettendoci anche di intervistare un campione del mondo come il terzino di Juve e Milan Zambrotta. Li ho visto il tocco di classe di un servizio offerto dalla Ifa Bonetto che è una sorta di marchio di fabbrica di un modo di gestire persone che derivava dalla lunga militanza del padre Beppe nel mondo del pallone negli anni sessanta e settanta. Per chi come me è cresciuto con il Torino di Pulici e Graziani, Bonetto voleva dire una gestione di una squadra costruita con il vivaio e con la passione, quella che forse oggi manca a tanti club. Bonetto voleva dire le sfide tra Juve e Toro degli anni settanta, lo scudetto di Radice, quello perso nonostante i cinquanta punti due coppe italia di cui una strappata proprio al Milan. Su quel ricordo pubblico ora un inedito che mi concesse

-Coppa Italia 1971, finale a Genova fra Milan e Torino (miracolosamente portata ai supplementari ed ai successivi rigori, che allora potevano essere calciati da un medesimo giocatore), con prima rete realizzata da Rivera e fallita da Cereser e successivo determinante intervento di quella "volpe" di Aldo Agroppi (cui spetta tra l'altro il copyright per l'appellativo di "Gianni lacrima") che prendendo in mano le redini della situazione e ritardando l'esecuzione con mille scuse, e mille battute, riuscì ad innervosire Gianni ed a condurre il Toro (con i rigori realizzati da Sergio Maddè) ad un titolo importante ed insperato.



lunedì 27 novembre 2017

Chi nasce tondo non può morire quadrato


Doveva succedere quando programmi una stagione e alla fine dopo una prima parte del percorso che non va devi porre dei correttivi. 23 formazioni diverse, un po’ di confusione e quel che è peggio, tanta ma tanta approssimazione e aspettative. Naturale finisse così, senza risultati e ora sotto col prossimo, consapevoli che sarà un esame continuo. I giocatori ci sono, tocca al mister trovare l’amalgama, che come vaticinava Massimino, vulcanico presidente etneo, quanto costa questo amalgama che lo compro. Ecco la speranza è che l’entusiasmo dei 65.000 di un afosa giornata di luglio non vada disperso, non si chiede di vincere subito, ma di giocare bene e di emozionare questo si. Ieri sinceramente non ho visto nulla di tutto questo, Gattuso, se riesce a mettere un po’ di quella grinta che lo contraddistingueva quando entrava in campo allora sarà un acquisto notevole. Sei anni dall’ultimo successo cominciano a diventare troppi occorre sterzare e in fretta. E per uno che entrava per primo in campo per il pre gara è quasi un obbligo: benvenuto Rino

L'ultima ridotta a Gondar nel 1941


Era il 27 novembre 1941, iniziava ufficialmente l’assalto inglese che decretava la fine dell’impero italiano in Africa Orientale e quindi in Etiopia. Tutti  ricordano l’Amba Alagi la ridotta riconquistata nel maggio del 1941, ma di fatto la presenza italiana va avanti ancora per qualche mese e, grazie al generale Nasi, l’avamposto italiano tiene fino al 30 novembre. 13 battaglioni di italiani e altrettanti di ascari con qualche brigata di cavalleria. Nasi riesce a reggere lo scontro contro truppe inglesi maggiormente equipaggiate e supportate da un numero crescente di etiopi. Gli italiani si ingegnano nel costruire addirittura carri armati con trattori agricoli ma alla fine sono costretti a cedere con l’onore delle armi. Rimangono sul terreno circa 4.000 difensori. Da libro cuore alcuni episodi come il pilota Ildebrando Malavolta alla guida dell’unico aereo un Fiat CR42 a disposizione degli italiani che muore in azione. Il 30 novembre cessa ogni attività bellica e di fatto finisce quell’Impero che Mussolini aveva fortemente voluto ma che, di fatto, era stato solo una sorta di specchio per le allodole di una potenza che rimaneva sulla carta. Il valore degli uomini quello no c’era, ma non bastava

martedì 14 novembre 2017

Cronache di una sconfitta: i media


Non andremo ai mondiali di calcio, ogni tanto può succedere a una nazione che sull’arte pedatoria ha costruito la sua repubblica di parole di commenti e di improvvisati CT. E d’altronde con decine di testate cartaceee online e televisive lo psicodramma è proprio quello, di cosa parliamo? A volte c’è un cambio generazionale i Rivera e i Mazzola, così come i Baggio, i Del Piero, i Pirlo non spuntano ad ogni stagione. Può succedere poi di non imbroccare l’allenatore, e ci sta. Ma farla diventare un isteria collettiva mi sembra francamente ridicolo. La frase che dovrebbe far pensare, oltre alle facce funeree, era quella di un giornalista Rai che testualmente l’altra sera diceva “non andiamo ai mondiali”, ma dal tono sembrava che oggettivamente fosse un problema personale e probabilmente era cosi. Ho assistito improvvidamente su Rai sport alla conferenza stampa di Ventura post partita e li ho visto uno spaccato che ha confermato sospetti e qualità del commento made in Italy. Tra Sky, Mediaset, Radio varie e fior di cronisti, dieci domande al CT Ventura tutte improntate, non al fatto sportivo (non gli si poteva chiedere se aveva sbagliato formazione o se aveva provveduto a cambi di modulo in corso ad esempio ???) ma a quello che sarebbe successo in seguito: dimissioni si no ? vergogna si no ?. La qualità del giornalismo purtroppo è questa, non accettare verdetti sul campo e scatenare la caccia al colpevole, l’immagine da bruciare e da consegnare alla folla modello rivoluzione francese. Quando impareremo a non fare processi sommari e a ragionare ?? Quando le analisi tecnico tattiche prenderanno il sopravvento sulle emozioni? E in ultima analisi come non sottolineare la grandissima stupidaggine scritta dai ct da tastiera sulla contaminazione degli stranieri anche nei vivai ??? Francia 1998 e Germania 2014 sono il miglior esempio di come col melting pot, se c’è classe, vinci.

lunedì 13 novembre 2017

Bisogna menà ?? No bisogna giocà

foto il napolista
 
Nella irreprensibile conferenza stampa del mister della Ternana ha spiegato da par suo perché non abbiamo vinto a Solna. La sostanza è che il pallone per andare in porta ha bisogno di randellate a prescindere; tanti saluti ai vari Messi e compagnia che predicano che il calcio è il frutto di bei lanci e di geometrie sofisticate. Alla faccia del tiki taka, gli alfieri italici del bel calcio che fu, arringano dicendo che solo con il pugno si conquistano i mondiali. Invocando una filiera di Pasquale Bruno tutti pronti a difendere l’italico onore. Insomma istrionico e sardonico, sarebbe comico vedere un suo intervento negli spogliatoi, un suo incipit motivazionale, non mi sembra che il suddetto abbia vinto né Champions, né manifestazioni di prestigio e allena una squadra che non sta facendo sfracelli. Insomma sembra il classico commento da hater della rete. Per battere la Svezia, che non è squadraccia di brocchi, occorre qualità e velocità e certamente non paura tutto qua. Se meriteremo passeremo, altrimenti estate davanti alla tv, alla volte serve una Corea per trovarsi poi successivamente all’Azteca, ma per favore non chiudiamo le frontiere, quella sì che sarebbe la peggior paura possibile (vengono a rubarci il lavoro ???)


venerdì 27 ottobre 2017

Si chiude con Musilli il Festival Giovanile di Musica Classica a Cossato

 
Ultimo appuntamento con il Festival Giovanile di Musica classica, concerti che hanno registrato un grande successo di pubblico e di critica e che mettono ancora di più in luce la qualità dei ragazzi che vi hanno preso parte. Gli spettatori di Biella e di Cossato hanno potuto godere di una grande qualità musicale e vedere all’opera musicisti di chiaro e futuro avvenire. Domenica sera alle 17 a Villa Ranzoni l’ultimo imperdibile appuntamento con Luna Musilli  

Luna Musilli ha iniziato gli studi sotto la guida di Patrizia Radici presso il conservatorio F. Ghedini di Cuneo nel 2007 all'età di 7 anni e ha concluso il percorso nel 2017 diplomandosi con ottimi risultati al conservatorio G.Verdi di Milano. Si è perfezionata partecipando a masterclass con personalità di spicco dell'ambiente arpistico come Gabriella Dall’Olio, Park Stickney, Maria Rosa Calvo-Manzano, Gloria Martinez, Olga Shevelevich, Letizia Belmondo e Fabrice Pierre. Ha preso parte fin dall'età di 10 anni a concorsi internazionali quali "Suoni d'arpa", "XXIII CONCORSO Riviera della Versilia", " IX Concorso Internazionale di Esecuzione Musicale Città di Asti " classificandosi al secondo posto e al "Saluzzo Music Pizzico Competition" arrivando a classificarsi nella categoria solistica al primo posto assoluto e in quella di musica da camera al primo posto. Intraprende numerosi concerti come solista e  con formazioni artistiche come il Cuneo Harp Ensamble.

 

PROGRAMMA DI SALA




G. F. Händel            Concerto per arpa e orchestra in Si b Maggiore op 4 n. 6

(1685 – 1759)        Allegro moderato – Larghetto - Allegro moderato

 

F. Poenitz            “todestanz der Willys” op- 24a

(1850 – 1912)

 

L. Sphor            Fantaisie in do minore op. 35

(1784 - 1859)

 

G. Fauré            Impromptu op. 86

(1845 – 1924)

 

E. Parish – Alvars        Introduction, Cadenza e Rondo

(1808 – 1849)

 

giovedì 26 ottobre 2017

Un calcio all'ignoranza


Il mondo dell’arte pedatoria scosso da rigurgiti antisemiti, sembrerebbe una storia d’altri tempi poi a bene vedere sono frasi e striscioni più o meno latenti che ricompaiono a ogni pie’ sospinto da più tempo. Ricordo nel secolo scorso durante i derby a San Siro in cui campeggiava la scritta bella Nord di San Siro “Milanisti ebrei ecc. ....... ” quindi una sorta di déjà-vu. Le curve sono il ricettacolo delle peggiori specie umane quelle del ludibrio a chi la spara più grossa, dove l’ignoranza regna sovrana e non si spinge il bene dell’intelletto oltre la discussione sportiva del gesto tecnico. Tanti e troppi gli esempi visti e citati, dalla banana buttata a Dany Alves,al numero 88 vestito da un giovane Buffon ai primordi, alla stessa curva laziale che tributava gli onori a una jena del balcani (Arkan). Quando si mescola la storia di cui ci dovremo tutti vergognare con l’attualità pedatoria ne esce un pastrocchio senza fine. Da multe incomprensibili a gesti ed esempi che, seppur nascono con i migliori intenti corrono il rischio di essere fuori dal tempo. Che i giocatori diano in omaggio un libro ai più piccoli durante il contesto sportivo, pur nobile, non ottiene lo scopo prefissato. E’ una questione di educazione, vadano i giocatori tra i loro tifosi e si facciano portavoce di una vera cultura sportiva, questo si sarebbe epocale. Si esalti il valore della prova sportiva e della qualità e si impari ad apprezzare il gesto atletico. Meno multe e più lavori socialmente utili per chi sgarra, sarebbe il daspo migliore

sabato 21 ottobre 2017

Trio Chagall danon perdere a Cossato. Domenica 22 ore 17


Dopo i brillanti concerti tenutesi al Cantinone di Biella il Festival Giovanile di Musica classica biellese diretti dal maestro Simone Sarno si spostano, come di consueto a Cossato, a Villa Ranzoni, domani pomeriggio alle 17 sarà il turno del Trio Chagall, archi e pianoforte per una musica di qualità e livello. Come sempre ingresso libero

Il Trio Chagall è stato fondato nel 2013 da Lorenzo Nguyen (pianoforte), Edoardo Grieco (violino) e Francesco Massimino (violoncello) al Conservatorio “G.Verdi” di Torino. Sotto la guida del M° Zuccarini ha partecipato a numerosi eventi, tra cui i “Lunedì Musicali” alla Chiesa di Santa Pelagia a Torino e le “Serate del Conservatorio di Torino”. Il Trio ha suonato in sedi prestigiose quali Palazzo Carignano di Torino in occasione del “Classical Music Festival 2015”, alla Reggia di Venaria per l’evento “Torino incontra Berlino”,  “Avigliana Insieme” Chiesa di S. Maria Maggiore, Musica alle Corti di Venaria, Chiesa di Santa Croce a Racconigi, Festival Internazionale di Musica Contemporanea XVIII edizione di Aqui Terme, Villa Tesoria a Torino e nel Maggio 2016, tramite il Conservatorio di Torino, ai Musei Vaticani ottenendo notevole successo da parte dell’ambiente musicale qualificato. Nonostante la giovane età dei componenti il trio ottiene numerosi riconoscimenti tra cui il 1° premio al XXIII International music competition di Cortemilia (CN), 1° premio all’ European Music Competition di Moncalieri 2016, 1° premio al concorso di Giussano (insieme al premio speciale “Il Progresso” come migliore gruppo cameristico), 3° premio e premio speciale “Città di Venaria” (riservato ai migliori giovani dell’intera edizione) al concorso Luigi Nono di Venaria e il 3° premio al XVI Concorso Internazionale di Musica Marco Fiorindo di Nichelino. Dal 2015 il trio studia sotto la guida del M° Valentino Nel marzo 2017 viene scelto dal Conservatorio per la masterclass tenuta dal M° Bruno Giuranna al termine della quale esegue  il quartetto K.493 di Mozart con il maestro stesso.

lunedì 16 ottobre 2017

bisogna soffrire .... sempre


Da tifoso del calcio non mi posso esimere, il derby è una partita che si guarda che si soffre e che può come tutti gli eventi dare il doppio esito: felicità estrema oppure nera inquietudine, a maggior ragione se è lunedì e vorresti buttare la tazzina del caffè in faccia a Spalletti. Certo si rosica, come si dice in gergo, ma per fortuna settimana corta c’è già un altro scontro da preparare. Ma torniamo alla domenica sera, approccio troppo timido e rete generosa regalata agli avversari in contropiede. Non mi capaciterò mai perché noi dobbiamo costruire il gioco e poi subiamo di rimessa, ormai è un leit motiv di questi ultimi anni. Poi nella ripresa cambia il registro, più pressione, più penetrazione e raggiungi il pari, non ti accontenti e subisci di nuovo in contropiede. Non si molla, si chiude ancora in pareggio e poi il fattaccio, un rigore molto generoso, siccome si parla di danno procurato ben difficilmente d’Ambrosio avrebbe potuto elevarsi a quattro metri d’altezza e battere imparabilmente Gigio, ma tant’è con Tagliavento è inutile discutere, se fischi un rigore contro al 90, dovresti essere sicuro e di molto. Ma non sarà questa partita che cambia la stagione. I cugini torneranno nei ranghi già la prossima contro Sarri e noi recupereremo. Avessimo acquistato un top player in attacco avremmo avuto un ben altro approccio ma in fin dei conti questa è la stagione del Barbuti bis 1986 (o per lo meno a me piace pensarla così)

giovedì 12 ottobre 2017

Dopo il successo di Irimescu ora è il turno di Spagnolo


E’ iniziato nei migliori dei modi il Festival Giovanile Biellese: David Alecsandru Irimescu ha impressionato il numeroso pubblico intervenuto sia per la tecnica prodigiosa sia per le doti espressive che l’hanno portato a suonare, in fiato solo, un repertorio tra i più difficili che un pianista possa affrontare e proporre: Sarabanda di J.S. Bach, Sonata n. 2 di Rachmaninov, Ballata e Sonata di Liszt, Gaspard de la nuit di Ravel sono stati i brani presentati nell’evento biellese. L’audience è stata mantenuta per tutta la durata del concerto con un’energia così travolgente da lasciare quasi senza fiato gli spettatori. Applausi scroscianti e diversi occhi inumiditi dalle emozioni provate, hanno segnato la fine del pomeriggio musicale. Sicuramente, del giovane pianista torinese ne sentiremo parlare spesso e lo vedremo proposto nelle più importanti sale da concerto.

Orgogliosi di aver ospitato Irimescu, il festival si prepara all’arrivo del flautista Lucas Spagnolo, vincitore della categoria A al Concorso Internazionale Flautistico “S. Gazzelloni” – edizione 2017, che sarà accompagnato dal pianista Simone Rugani. Lucas Spagnolo nasce a Lucca nel 2001. Inizia gli studi del flauto all' età di soli 7 anni e viene ammesso nel 2009 all' Istituto Superiore di Studi Musicali "Luigi Boccherini", sotto la guida del Maestro Filippo Rogai. Ha frequentato vari Masterclass con i maestri Michele Marasco, Mario Ancillotti, Janos Balint, Andrea Oliva, Fabio Angelo Colajanni, Salvatore Lombardi, Paolo Taballione, Gianpaolo Pretto, Andrea Lieberknecht. Lucas è vincitore di  concorsi nazionali e internazionali come:  1° premio al concorso "Riviera della Versilia"(2011, 1° premio assoluto al concorso "Riviera Etrusca" 2015), 1° premio al  concorso "Giuseppe Peloso”(2015), 1° premio assoluto al concorso "Premio Crescendo"cat. A con il premio speciale del "Miglior Flautista"(2015), 2° premio al concorso internazionale “Grand Prix Virtuoso International”, 1° premio assoluto della categoria B al concorso “Premio Crescendo” – (2017), e a settembre 2017 Lucas vince il 1° premio della categoria A al concorso internazionale “Severino Gazzelloni” con i premi speciali “Premio Glauco Cambursano” e “Premio Angelo Persichilli”. Il concerto in calendario per il 15 ottobre presso la sala “Il Cantinone” del Palazzo della Provincia di Biella, avrà inizio alle ore 17.00, sempre ad ingresso libero. Veramente un’occasione da non perdere

 

lunedì 9 ottobre 2017

La scintilla creativa: avanzi da Var

foto youtube
 
 
E stato il nostro padre putativo, quello che ha inventato il calcio parlato televisivo, quello che ha dato la stura una pletora di commentatori televisivi, a volte di aria fritta, compreso il sottoscritto, legittimando il tubo catodico riempiendolo di discussioni infinite. Sarebbe stato bello vedere l’Aldo pensiero ora sulla VAR, ma non sapremo mai se quello che si sta realizzando sia una sorta di ulteriore tassello di discussione o meno, il processo sarebbe stato il suo ideale epilogo. Siamo cresciuti con i suoi denkiou, ma a volte dava l’impressione di calcare sul personaggio e di ingigantirne l’aspetto macchiettistico. Insomma un precursore. Spiace solo constatare che oggi anche in presenza di una tecnologia debordante non ci sia più nessuno in grado di inventare qualcosa come aveva fatto lui, manca la scintilla creativa, insomma qualcuno fuori dagli schemi. Come dite interviene la VAR ? Allora alziamo le mani.


martedì 3 ottobre 2017

Domenica al via la Settima Edizione del Festival Giovanile di Musica classica

 
 

Dopo il gustoso antipasto con l’esibizione sold out di Federico Crema, uno degli artefici delle passate stagioni del Festival, questo fine settimana prende il via ufficiale la settima edizione del Festival giovanile biellese di Musica Classica. La manifestazione, organizzata dall’Istituto Civico Musicale sotto la Direzione Artistica del Maestro Simone Sarno con il contributo della Provincia di Biella e del Comune di Cossato, prenderà il via domenica 8 ottobre alle ore 17 con la performance di Alecsandru Irimescu .
David Alecsandru Irimescu, nato nel 1999, inizia lo studio del pianoforte all' età di nove anni sotto la guida dell' insegnante Marieta Gavrailova (Associazione Musicale "Artemus").Fin da subito si distingue per la sua capacità di apprendimento e di interpretazione che gli valgono un susseguirsi di premi e riconoscimenti in concorsi nazionali ed internazionali ("Giovani Talenti in Canavese", Favria; "Concorso Alpi Marittime", Busca "Rassegna giovani pianisti Angelo Tavella", Terzo; "Giovani Interpreti" Torino e tanti altri ). Dal 2010 al 2013 ha frequentato le master-class di alto perfezionamento con il M° Nelson Delle Vigne-Fabbri, nel 2013 ha partecipato con successo alla master-class organizzata dalla Fondation Bell'Arte a Bruxelles, perfezionandosi con vari professori (tra cui il M° Philippe Entremont) e nel febbraio 2015 è stato ammesso alle master-class del M° Fabio Bidini. Elogiato per il suo talento e la precoce maturità musicale è abitualmente ospite di prestigiose stagioni concertistiche ed è chiamato ad esibirsi in numerosi eventi musicali. Attualmente frequenta il quarto anno del liceo musicale e prosegue la sua formazione musicale dal 2014 con il M° Marina Scalafiotti presso il conservatorio "Giuseppe Verdi" di Torino.

 

 
 

 
 
 

mercoledì 27 settembre 2017

25 anni di Donne nel Turismo: traguardo e nuovi obiettivi


Nella splendida cornice del Turin Palace Hotel di via Sacchi si è svolta la celebrazione dei 25 anni dell’Associazione Nazionale Donne nel Turismo. E’ stata questa l’occasione per confermare l’attività di un gruppo di donne, pioniere nel mondo del turismo nazionale, che hanno avuto la lungimiranza di scommettere su un settore in un momento in cui non era certo facile (nascita nel 1992 legate all’organizzazione internazionale IFWTO). Le persone sono più importanti delle destinazioni, questo il motto che ha contraddistinto l’operatività e la rete delle donne nel turismo e che è risuonata ancora una volta forte e chiara nell’incontro celebrativo del Turin Palace. Una voce condivisa e sostenuta anche dalla presenza di autorità competenti che da sempre sono state al fianco dell’associazione (Ascom Confcommercio, Regione Piemonte, Federalberghi, Turismo Torino, Camera di Commercio, Unione Italiana Consumatori, sezione del Piemonte). Le istituzioni hanno così riconosciuto il ruolo e la proposta dell’Associazione guidata da Caterina Fioritti (Presidente Nazionale dal 2001) e che si avvale del supporto di Luisella Morandi (Governatrice del Piemonte dal 2000 e di Mariangela Minio (tesoriera nazionale).
 
Proprio per dare peso e lustro al lavoro in questo delicato settore l’Associazione ha voluto celebrare e ricordare, assegnando due premi a chi ha lavorato e lavora con il gruppo. Il primo a Paola Casagrande, funzionario della Regione Piemonte, è andato il riconoscimento dedicato a Cristina Ambrosini, mentre allo storico funzionario del Comune di Torino, Davide Bogliacino, il riconoscimento Fulvio Rogolino. Premi che tengono fede al motto: le persone sono più importanti delle destinazioni. Una citazione va naturalmente a Mediolanum (Olivia Mondello) che ha creduto e sostenuto questa iniziativa, ad Axea di Giovanna Possio e all’Associazione Torino in Europa (Carmelina Novembre) per la concreta e fattiva collaborazione. Appuntamento ora alle prossime iniziative.

lunedì 25 settembre 2017

1066: la lotta per lo Stamford Bridge


Ho sempre pensato che lo Stamford Bridge fosse solo ed esclusivamente lo stadio del Chelsea là dove Magic Box Zola ha deliziato la platea della Perfida Albione e dove uno stuolo di italici pedatori ha trovato le proprie fortune, poi a forza di scavare nei ricordi e nella storia alla fine scopri che qualche settimana prima di Hastings nel 1066, proprio li ebbe luogo un fatto epico,  lo storico scontro tra Anglosassoni e Vichinghi con la vittoria dei nativi condotti da re Harald che dopo una lotta sanguinosa ebbe la meglio proprio sugli uomini del nord. La battaglia molto cruenta per l’epoca segnò pertanto l’esito di quella successiva con l’avvento dei Normanni sull’isola britannica. Famoso il ponte, secondo la leggenda, occupato da un guerriero di dimensioni imponenti che impedì per lungo tempo il passaggio dell’esercito nemico. Ma si sa che gli storici alle volte amano esagerare

domenica 24 settembre 2017

Keep Calm

foto milan7
 

Pensare di vincere il campionato era una follia, autoflaggellarsi perché hai perso due partite contro due buone squadre Lazio e Sampdoria a casa loro mi sembra del tutto fuori luogo. L’entusiasmo generato da una nuova società ha fatto del bene al Milan ha creato quei prodromi che saranno utili nei prossimi due e tre anni. Sarà un anno di transizione con ogni probabilità e con qualche soddisfazione, magari al prossimo 28 ottobre o al 15. L’obiettivo di andare avanti il più possibile nelle competizioni c’è (un quarto di finale internazionale e/o una semifinale di coppa dopo aver eventualmente eliminato i cugini ci starebbe) e poi arrivare al quarto posto dietro le due corrazzate Napoli e Juve non è un traguardo impossibile. Ricordate il 1986 ? Berlusconi al comando, un allenatore confermato e quante scoppole contro la Samp di Briegel ( 3 a 0 a Marassi e 0 a 2 in casa) la sconfitta casalinga contro l’Ascoli di Barbuti e la perentoria battuta di arresto di Verona. Alla fine grazie a provvidenza Massaro entrammo in Europa. Era la squadra di Donadoni, di Maldini di Baresi degli acquisti, magari anche sbagliati: uno su tutti nanu Galderisi. Ecco pazienza e costruiamo in silenzio e le soddisfazioni arriveranno. Due domande per Montella e per la società però ci sono: Andrè Silva che ci fa in panca? Contro una squadra ruvida perché non subito il turco?. A questa aggiungiamo che non abbiamo conquistato il centravanti di peso e quindi i difetti stanno qui. Ma arriveremo o se arriveremo, anche in Europa.


lunedì 11 settembre 2017

Quella volta che Nikola Subic fermò Solimano il Magnifico (1566)


L’Europa dell’Est è stata sempre un coacervo e passaggio di popoli di flussi e di battaglie, storia non studiata mai abbastanza e che forse anche oggi servirebbe per avere piena coscienza di un certo odio fra i popoli balcanici in particolare tra gli eredi della Turchia e gli altri popoli slavi croati e ungheresi sopra tutto. Liberata Vienna nel 1529, Solimano il magnifico ci riprovò nel 1566 è fu l’ultima campagna della sua gloriosa vita militare. Non aveva però fatto i conti con Szigetvar una fortezza forte di tremila uomini di guarnigione che bloccò l’avanzata dei giannizzeri, dei tatari e degli ottomani sulla strada di Vienna. Un assedio che i turchi pagarono a caro prezzo oltre ventimila morti e che li tenne inchiodati per un mese dal sei agosto al 8 settembre grazie all’opera di Nikola Subic Zrinski, il comandante della guarnigione che pagò con la propria vita la difesa della fortezza. Non gli sopravvisse Solimano e, seppur vittoriosi, i turchi ritornarono indietro, un assedio nei mesi invernali della capitale austriaca sarebbe stato deleterio per il morale delle truppe già provate dal lungo scontro a Szigetvar. La pace ottenuta permise di evitare l’invasione turca in Europa e la procrastinò di oltre un secolo fino alla fine del 1683 quando furono poi i polacchi a fermare con successo l’ultima grande invasione a est.

RAI............... ola


Raramente è capitato di assistere a una performance come quella di ieri sera alla domenica sportiva. Un ospitata che sa di markettona al potentissimo Mino direttamente negli studi della Domenica. Che fosse una notizia fuori dai consueti schemi tra procuratori assistiti e società è un dato di fatto, tirata fuori proprio nella domenica in cui il Milan ha svalvolato è una curiosa coincidenza. Un attacco etero diretto da far paura in cui il conflitto tra un procuratore e la società dimostra di non essere ancora del tutto finito, ma anzi corre il rischio di proseguire lasciando dietro morti e feriti. Verrebbe da dire non opzioniamo più i giocatori di quella scuderia, ma come fai, butti alle ortiche un patrimonio di credenziali, sarebbe inopportuno. E allora eccoci qui a celebrare i peana di un uomo che ha costruito una fortuna e un impero per lui e i suoi assistiti, in cui l’obiettivo non è il bel gioco ma il conto in banca di coloro che si affidano alle sue cure- Una volta, come ha ricordato Tardelli, il Presidente Boniperti chiedeva la firma in bianco che la cifra la metteva poi lui ( e non era certo di poco peso). Nostalgia

giovedì 7 settembre 2017

C'è chi vuole celebrare la Marcia su Roma !! Domani comunque è l'8 settembre


Marcia su Roma, manifesti contro gli occupanti invasori, ma per Pansa non dobbiamo preoccuparci a questo fascismo di ritorno non dobbiamo dare peso al massimo prepara a una sorta di golpe militare??? Gulp, verrebbe da dire, sono consapevole e l’ho sempre detto, anche durante le cerimonie ufficiali che durante la resistenza (certo fu una guerra civile tra italiani, e non fu Pansa il primo a dirlo) ci furono pagine brutte e oscure ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio (perdonatemi il gioco di parole). Il ventennio fu pesante non tutto rose, fiori e pensioni. Un regime per definizione è tale perché priva libertà di pensiero e di azione e ammazza i suoi detrattori. Chi oggi inneggia a quel periodo o è figlio/nipote di persone che ebbero dei benefici da quell’epoca, oppure proprio non lo conosce appieno e lì la colpa è di chi in passato ha lasciato circolare una retorica di destra estrema e di contrapposizione tra rossi e neri come fosse una partita di calcio. Sarebbe auspicabile che si leggessero maggiormente testimonianze e ricordi di chi lo visse quel periodo e i testi non mancano, per comprendere come fosse, quello, un periodo, in cui non solo era limitate le più elementari norme di libertà ma mancasse proprio il sostentamento per andare avanti. L’ordine conclamato e vaticinato dai nipotini del Duce proprio non c’era solo slogan e parate. Non mi stancherò mai di ripetere come l’istruzione e la conoscenza siano due antidoti quanto mai forti a questo revanchismo e ricordare o peggio ancora riproporre la Marcia su Roma, sia una follia anche solo pensarla. Per fortuna domani è l’otto settembre quando gli italiani capirono realmente chi li aveva governati (non tutti in realtà ma la maggioranza)

La guerra vista attraverso gli occhi dei soldati.


Due film di guerra uno realizzato e prodotto da quel vecchio volpone di Nolan e l’altra dall’esordiente Sepe, tutti e due spettacolari, tutti e due dedicati all’introspezione psicologica dei personaggi, dei soldati che lottano non solo per la loro sopravvivenza ma che si interrogano sul futuro e sulla nazione. L’ansia da prestazione prende il sopravvento, l’obiettivo non è l’uccisione del nemico, ma la sopravvivenza. Nolan lo rende benissimo in Dunkirk, gli occhi stralunati dei protagonisti sono li a rendere merito di questa ricerca spasmodica di un appiglio che li renda consapevoli del loro ruolo. Il giudizio della gente, cosa penseranno di noi, si stempera proprio nell’accoglienza finale di un popolo che coglie il momento di difficoltà “siamo sopravvissuti” dice il soldato e “vi pare poco” risponde l’anziano che li accoglie. Più scuro e con molte connotazioni su responsabilità della guerra combattuta invece nel lungometraggio di Sepe. Una guerra persa, combattuta dalla parte sbagliata che però, pur nella tragedia del combattimento fa emergere un lato di umanità anche in chi faceva parte di squadroni votati alla morte. La guerra vista con gli occhi del soldato non è gloria, è soltanto carneficina da cui allontanarsi il più velocemente possibile. We shall never surrender (non ci arrenderemo mai) più che al nemico è dedicato alla vita

venerdì 25 agosto 2017

Reuse e l'Amianto non è più un problema

 


L’amianto è una piaga che ha creato tantissimi lutti e problemi alla vita quotidiana delle persone, l’asbesto è fuorilegge dal 1992 ma rimane il problema della riconversione del materiale. La società Reuse Asbesto si propone invece attraverso processi industriali di trasformare i manufatti in amianto proprio per distruggerlo in modo chimico una volta per tutte. Scopo della società è proprio la trasformazione dei manufatti di cemento amianto attraverso l’uso di siero di latte esausto e dell’acqua di lavaggio delle produzioni agro alimentari. L'impiego dei suddetti elementi determina un attacco biochimico al cemento amianto con l’ottenimento nel corso della varie fasi in cui è articolato il processo di trasformazione di prodotti diversificati quali anidride carboniche idrogeno prodotti per idropittura fertilizzanti a base di fosfati magnesio nichel e manganese. Reuse si propone quindi quale azienda in grado di trattare tale problematica dalla sua evidenziazione fino ad arrivare al trattamento vero e proprio. Nella puntata di Città allo Specchio in onda questa sera su Grp e che potrete trovare anche su you tube la spiegazione nei dettagli del progetto e della parte industriale aziendale. Da non perdere

Un secolo fa, la Bainsizza


Cent’anni fa in questi giorni di fine agosto il Generale Cadorna produceva lo sforza massimo per cercare di sfondare il fronte italiano e per aprirsi, nelle sue vane speranze la strada per arrivare a Vienna e quindi finire la guerra. Il 1917 è stato l’anno horribilis della prima guerra mondiale attacchi e contrattacchi sanguinosissimi decine di migliaia di morti per un fronte in stallo da Ypres fino al fronte italiano. Gli attacchi lanciati fra il 17 e il 31 agosto sulla Baisinzza portarono alla morte migliaia di soldati italiani mandati, come carne da macello contro le schwarzlose (mitragliatrici) austriache. La spallata di Cadorna non riuscì anche se la difesa austro-ungarica vacillò tanto da costringere gli alleati tedeschi a pensare all’invio di rinforzi che sarebbero poi ritornati utili per Caporetto a ottobre. Forse nella pazzia della prima guerra quell’offensiva costrinse le potenze centrali a ripensare indirettamente a come capitalizzare al meglio le offensive di fine 1917 e salvò dal collasso certo il fronte francese. Undici battaglie e massacri avevano dissanguato anche l’esercito italiano e Cadorna pagò a caro prezzo quest’ultima carneficina. 40.000 morti 108.000 feriti 18.000 dispersi questo il macabro computo della strage. Gli austriaci per parte loro 10.000 morti 45.000 feriti e 30.000 dispersi. Milioni i colpi di artiglieria sparati sia in attacco che in difesa la guerra era a una svolta. Caporetto 24 ottobre dietro l’angolo.

mercoledì 23 agosto 2017

L'ultima carica: Isbuscenskij 24 agosto 1942


Per chi ha studiato con passione la storia della prima guerra mondiale l’urlo Avanti Savoia, con cui i fanti uscivano dalle trincee, ha imperversato per anni ricordandoci anche le pagine gloriose delle guerre di indipendenza in cui i pistapauta (i marines piemontesi) affrontavano con sprezzo del nemico il fuoco austriaco. L’ultima volta che fu lanciato, anche se in modo che potrà risultare anacronistico, fu per la carica di cavalleria che avvenne sul fronte russo il 24 agosto 1942, quando il Savoia cavalleria respinse tre battaglioni russi a Isbuscenskij: le truppe nemiche furono affrontate con moschetti, sciabole e bombe a mano il tutto per annientare le postazioni russe. Non una vera e propria battaglia, più una scaramuccia se si vuole, nell’ambito dell’offensiva lanciata dai russi in estate per isolare, come poi avvenne più tardi, la città di Stalingrado. Ma comunque un episodio di storia che merita di essere ricordato per il valore dei nostri soldati mandati a combattere una guerra di annientamento in un territorio lontano migliaia di chilometri dall’Italia per la gloria effimera di Mussolini (anche quei morti sulla sua coscienza).

Quando la storia fa spettacolo e rende. Il caso Nolan e Dunkirk


foto mrliricks
Mancano solo dieci giorni all’uscita anche in italia dell’ultima fatica di Nolan dedicata all’operazione Dynamo. Il film sarà senza ombra di dubbio un successo al botteghino, il regista si è cimentato con la storia e per la seconda volta una conclamata sconfitta (Giuseppe Rasolo Le Grandi Battaglie della seconda guerra mondiale, Newton Compton Editore) si è trasformata in un successo. Al botteghino in Francia oltre due milioni di spettatori, in sole 5 settimane di programmazione. Ma la vera fortuna è stata lo sfruttamento da parte delle autorità locali di Dunquerque (la città) dei siti in cui si sono state realizzate riprese e dietro le quinte (Envers du Decor). In questo caso fino al 28 luglio 2018 è stato allestito un vero e proprio percorso storico didattico e cinematografico che, oltre a far conoscere da vicino i segreti della pellicola, ha permesso di ristudiare fatti di 77 anni prima. Che dire la storia, il proprio passato, sono sempre fonte sia di ispirazione e in questo caso di guadagno. Vi posso assicurare che i luoghi non hanno grandi capacità turistiche; tempo incerto, ventoso, freddo anche in estate, ma il fascino di rivivere la storia a diretto contatto nei luoghi dove si sono compiuti i destini del mondo non ha prezzo. L’emozione di stare in una trincea a Ypres, di sedere nella dependance della villa di Arnheim dove si è deciso il destino dell’operazione Market Garden o di camminare sulle spiagge di Dunquerque, contagia anche un neofita della storia. In questo inglesi e francesi sono maestri, quando anche in Italia si percepirà che questo è un settore che può essere da traino per la cultura, per il turismo e per l’economia ??

Fernet vs Colera. Una storia piemontese del 1867

foto fernetmania

150 anni fa in Piemonte ci fu un epidemia abbastanza violenta di colera. Lo stesso re Vittorio Emanuele scriveva al Presidente del Consiglio Urbano Rattazzi comunicando oltre 50 casi al giorno con decine di decessi. La scoperta del bacillo virgola fatta da Kock nel 1885 avrebbe svelato cause e cure, ma prima di quella data le ipotesi sulle origini del colera erano varie e le cure alle volte fantasiose. Stupisce allora di leggere una lettera del Sindaco di Donnaz che, proprio in quel periodo, ringraziava i signori Martini Rossi e Compagni “grazioso invio fatto a questo municipio di venti bottiglie del rinomato Fernet che è stato efficacissimo come preservativo alla malattia e anticolerico”. Non fu l’unica missiva, anche i sindaci di San Maurizio Canavese e Montjovet vergarono lettere dello stesso tenore. La società che produceva il Fernet era stata costituita appena pochi anni prima il 1 luglio 1863, quando Alessandro Martini Luigi Rossi e Teofilo Sola diedero origine alla società con 9000 lire la Martini, sola e C.ia che poi nel 1879 divenne la Martini e Rossi. Gusto piemontese e potente rimedio.

lunedì 14 agosto 2017

Operazione Dynamo la Storia diventa spettacolo, quando la stessa attenzione per quella italiana ?


Se c’è una cosa che ho sempre invidiato agli inglesi è la loro capacità di sfruttare la storia e il passato in modo autorevole, quasi autoreferenziale, in grado di far vedere ai posteri ma anche ai propri concittadini eventi e momenti topici come un passato di cui andare fieri. Per loro nulla è lasciato al caso e anche episodi marginali diventano l’occasione per magnificare il proprio spirito di appartenenza. Ho visto solo i provini, in gergo cinematografico trailer di Dunkirk che uscirà nelle sale italiane il prossimo 31 agosto ma che in Inghilterra viene proiettato fin dallo scorso 21 luglio. Le sequenze, l’uso delle parole, le immagini, la fotografia tutto fa rimanere senza fiato. Stiamo parlando di una sconfitta che viene sublimata come una vittoria, seguendo lo spirito messo in voga da Churchill proprio mentre tutto questo avveniva nel giugno del 1940. Nolan è una grande regista che all'apice della sua carriera con l’aiuto di uno staff di prim'ordine, tra cui le musiche di Hans Zimmer, porta sul grande schermo una storia di grande orgoglio britannico, la ritirata vittoriosa dell’operazione Dynamo dei 340.000 soldati britannici dalla Francia. Per chi volesse leggere com'è andata consiglio, scusate l’autocitazione, il mio libro sulla seconda guerra mondiale, ma quello che mi preme sottolineare oggi più che mai, è mai possibile che il mondo della cinematografia italica non senta il bisogno di realizzare qualche opera che ricordi le mille e più belle pagine di storia italiana di guerra. Quante sarebbero? Sulla prima guerra mondiale gli esempi sarebbero mille, e nella seconda la ritirata degli alpini dalla Russia non avrebbe lo stesso impatto della ritirata delle truppe inglesi a Dunkirk. Tutto questo sarebbe sicuramente un modo per spettacolarizzare la nostra storia, ma anche per tramandare alle giovani generazioni il sacrificio dei nostri avi e forse anche un modello educativo 

Suprematisti la storia non si è fermata a Gettysburg (1863)

Suprematisti bianchi, suona malissimo quasi impronunciabile e vedere questi signori per lo più sovrappeso inneggiare alla supremazia della razza ariana, alfieri di un mondo che per fortuna non c’è più, ci fa sprofondare in un passato antico. Ci sarebbe solo da sorridere se non ci fosse scappato il morto e se questo odio, per chi non ha il colore della pelle uguale al tuo, non stesse prendendo piede un po’ ovunque come se non fossimo figli della stessa terra. Al cinema erano già stati sbeffeggiati dai Blues Brothers (i famosi nazisti dell’illinois) per finire a Quentin Tarantino nel suo Django unchained,. Ma tutta questa storia prende il via dalla figura di un generale, Robert Edward Lee, capo dei Confederati Sudisti e di una sua statua in via di rimozione. Lee era un generale di buona levatura che fece letteralmente vedere i sorci verdi alle truppe dell’Unione nella Guerra di Secessione fino a Gettysburg (1/3 luglio 1863) la più sanguinosa battaglia combattuta sul suolo americano (leggendaria la carica del colonnello Pickett) . Una guerra dal chiaro valore economico tra il Nord delle fabbriche e il Sud Contadino e che segnò anche la fine della schiavitù sul suolo americano. Una guerra sanguinosa, la più sanguinosa mai combattuta dagli americani (oltre 700. Mila morti) con un paese completamente trasformato e forsanche emancipato anche se per la completa consacrazione di una parità avremmo dovuto attendere poi gli anni sessanta del Secolo breve.


Shiloh, Bull Run, Antietam, Appomatox tutte pietre miliari di una sorta di catarsi militare in cui si scontrarono due mondi e due filosofie. In cui anche i capi militari rappresentavano due modi diversi di fare la guerra. Lee da una parte e Ulysses Grant dall’altra. Lee era schiavista, ma chi non lo era al Sud in quel periodo. Grant passò poi dai teatri di battaglia agli scranni politici diventando anche Presidente degli Stati Uniti per due mandati (con tutto quello che ne consegue anche in termini di disprezzo politico da parte degli avversari). Lee non sopravvisse molto alla fine della guerra, morì di malattia nel 1870. E la sua dipartita ante litteram lo fece diventare una sorta di icona, non reale, di un sud ormai antico. Usare Lee sia da una parte e dall’altra dei due schieramenti non è corretto ma ancora di più pensare a una supremazia bianca nel XXI secolo suona di un'anacronistico da far paura e son convinto che anche il pragmatico Lee ne sarebbe d’accordo. 

martedì 8 agosto 2017

Tessera per il tifoso

L’avevano spacciata per il futuro. Tornelli che sarebbero stati aperti con queste chiavi elettroniche e che ci avrebbero procurato un sacco di vantaggi. Invece solo code, casini burocratici, impossibilità di recuperare i biglietti per le trasferte come se la voglia del singolo tifoso fosse quella di andare a fare l’hooligan comunque. Dopo anni, complice la disaffezione del tifoso hanno percepito che qualcosa andava cambiato e se Dio vuole l’hanno attuata. Meglio tardi  che mai verrebbe da dire. Riammessi gli striscioni, i tamburi e tutte le altre cose che facevano colore e folclore. Belli i tempi in cui potevi portare le galline allo stadio, mettevi loro la casacca della squadra avversaria e le facevi scorrazzare sul prato di san siro. Era un tifo ruspante che magistralmente Abantuono aveva recensito nel suo eccezzziunale veramente, un tempo andato ma che potrebbe tornare e forse anche gli stadi si torneranno a colorare di tifo genuino e partecipativo, perché in fin dei conti è pur sempre una festa. Adesso però abbassate anche il prezzo del biglietto 

lunedì 7 agosto 2017

Commercialisti rossoneri:una passione del diavolo

foto multimedia quotidiano

Commercialisti rossoneri: lo striscione l’ho visto in Curva Nord a San Siro e vista l’esposizione mediatica sul caso fidejussioni è subito rimbalzato nei miei highlights personali. 65.000 spettatori al 3 di agosto per una partita, forse scontata, per i preliminari di Europa League sono da follia del calcio, ma si sa, i tifosi, soprattutto quelli del Milan sono abituati a far pazzie. In fin dei conti il 24maggio 1989 si consumava un altro esodo biblico in quel di Barcellona con i rumeni a fare da sparring partner. Allora era un punto d’arrivo dopo un triennio di aspettative ora è una ripartenza. E che sia quella giusta è facile intravederla nelle sprezzanti parole degli avversari. Falliranno, non hanno i soldi ! non sono capaci ! Anche in questo caso sovviene il ricordo del bel passato che fu. La presentazione del Milan all’epoca venne fatta con gli elicotteri all’Arena e un noto portiere di una squadra di Venaria disse “li useranno anche per scappare”. La storia non gli diede ragione ed è bello pensare e sperare che non sia così. Certo è più facile in Italia fare il tifo contro (mi iscrivo anch’io) ma una volta tanto è bello pensare al rinnovato valore di una maglia a due colori (il rosso e il nero).

giovedì 27 luglio 2017

Quando i libici ce le suonarono. La strage di Sciara Sciatt

www.giovannigiolitti.it

Sciara Sciatt è il nome di una strage di italiani sul suolo libico che forse pochi ricordano e che si svolse poco più di un secolo fa, quando guarda caso Francia e Italia, corsi e ricorsi storici, non se le mandavano a dire per le terre d’oltremare e in cui la Libia (Tripolitania e Cirenaica anche allora) era oggetto di contesa militare e non solo. Anche all’epoca le discussioni sugli organi di stampa erano all’ordine del giorno. Poi Giolitti, l’uomo di Dronero, piemontese doc, dette il via all’occupazione manu militari della zona costiera vicino a Tripoli, La Libia all’epoca era mal controllata dai Turchi, quella che un tempo era stata una gloriosa e gioiosa macchina da guerra, era al lumicino. L’Italia contribuì di fatto a far scoppiare la polveriera dei Balcani facendo emergere la pochezza della macchina militare ottomana. Ma in Africa, a comandare, non vi erano solo gli eredi di Solimano il Magnifico ma decine e decine di tribù, quelle assoggettate da Gheddafi fino al 2011 e dopo l’occupazione della costa ci fu il contrattacco che portò alla sconfitta di Sciara Sciatt. Il 23 ottobre 1911 i turchi di sorpresa cercarono di occupare le posizioni tenute dei bersaglieri proprio in prossimità dell’Oasi costringendo gli italiani a ripiegare, la quarta compagnia si asserragliò nel cimitero di Rebab, dove, dopo aspri combattimenti, si arrese al numeroso nemico. Quando gli italiani si ripresero e passarono al contrattacco la scena che videro nel cimitero fu raccapricciante i prigionieri erano stati accecati, decapitati, crocifissi, sviscerati, bruciati vivi o tagliati a pezzi (come recita la relazione ufficiale). Scattò la caccia all’arabo e tutti coloro che furono trovati con armi addosso furono immediatamente fucilati. L’arrivo di rinforzi portò nel breve volgere di qualche settimana al recupero delle posizioni perse e i prigionieri libici furono poi portati alle Tremiti (si tratta di quei patrioti, per conto di Gheddafi naturalmente, su cui il dittatore libico chiese poi in seguito gli indennizzi). La Stampa inglese condannò ovviamente l’azione italiana, mentre l’opinione pubblica italiana avvallò l’operazione ritenendo ahimè il bel suol d’amore libico irto di spine. Son passati cent’anni ma stiamo ancora discutendo di quella zona.

mercoledì 26 luglio 2017

Quando i manganelli volavano. La strage di Torino del dicembre 1922

comune di torino
 
Forse non tutti sanno cos’è stata la Strage di Torino del 18/20 di dicembre del 1922. Quando uno oggi inneggia al Fascismo è bene ricordare quelli che erano i prodromi su cui sorse la dittatura che governò l’Italia. Matteotti fu un fulgido esempio di come l’avversario politico poteva essere eliminato e in quella Torino in cui la componete socialista e anarchica era forte lo scontro era inevitabile. L’Antefatto che porta alla tre giorni di massacro è l’agguato in cui cade il 17 dicembre Francesco Prato, tranviere comunista, per mano di Carlo Camerano, Giuseppe Dresda e Lucio Bazzani. Il tranviere si difende e nella colluttazione muoiono due degli assalitori. La vendetta è così servita su un piatto d’argento, nei tre giorni successivi le squadracce di Piero Brandimarte imperversano al calar delle tenebre e uccidono 14 uomini e ne feriscono 26 tra i caduti il segretario della sezione torinese del Sindacato Metalmeccamici Piero Ferrero, malmenato torturato e legato a un camion che ne trascina per diverse centinaia di metri il corpo. Agghiacciante il commento del Bradimarte abbiamo 3000 nomi di sovversivi, tra questi ne abbiamo scelti 24 e i loro nomi li abbiamo affidati alle nostre migliori squadre. Questo invece il commento di Benito Mussolini “come capo del fascismo mi dolgo che non ne abbiamo ammazzati di più, come capo del Governo debbo ordinare il rilascio dei comunisti arrestati (dal libro di Walter Tobagi gli anni del Manganello). Questo il clima in cui il Fascismo prese il sopravvento. Per la serie meglio ricordare e studiare.


Contro la Corrazzata Reggio Emilia si lotta fino alla fine

  Si andava in casa della capolista contro un gruppo che non ha mai perso e ha solo concesso un pareggio nelle partite precedenti. L’abbiam...