(fonte www.arkistudio.eu)
TUA MADRE E’ MORTA
La parola Collegio ha sempre evocato
nelle menti di tutti una connotazione negativa, un sostantivo che evoca
punizioni e reclusioni e quando da adolescente leggevi qualche testo antico i
riferimenti al collegio e ai convitti erano latenti come forieri di caserma e
punizioni.
La prima volta che nel mio cervello
risuonò tale sostantivo era il giugno/luglio del 1983 annata disgraziata
l’ennesima stroncatura scolastica aveva fatto risuonare quel nome nel cervello;
occorreva riparare e rimediare all'errore e se si voleva un futuro diverso bisognava
rinchiudersi lontano da casa.
Fu così che il Collegio Dal Pozzo
diventò una realtà per la mia esistenza. Dubbi, ansie, perplessità e non lo
nascondo una fottuta paura cominciarono a prendermi. Cos’era quel posto
distante cinquanta chilometri da casa in cui si andava ? Cosa sarei riuscito a
combinare in Via Duomo che non avrei potuto fare a casa ? Chi avrei incontrato
? Ne ero proprio sicuro ??. Più si avvicinava la data più i dubbi aumentavano.
Era un cambio epocale, una sorta di militare ante litteram, un carcere forse.
A distanza di trent’anni ritengo quell'esperienza formativa ed educativa anche se all'epoca non riuscivo a
comprenderla appieno.
Ho conosciuto molti personaggi in
quel luogo: persone che ho imparato a temere, a rispettare e con il corso del
tempo ad apprezzare e ad amare come se tutti facessimo parte di una stessa
famiglia, perché quella del CDP è stata una grande famiglia.
Ma partiamo dall'inizio.
L’arrivo 269 all’alba
25 settembre 1983 era una domenica
che annunciava l’autunno, il tempo era uggioso, il pranzo fu trangugiato in
pochi attimi e l’ansia cominciò a prendermi alla gola, stavo per entrare in un
luogo che mi avrebbe ospitato per i prossimi due anni. Al momento non sapevo
che ne sarebbe stato di me, avrei resistito un giorno, un mese, un anno, qual
era la mia tempra ? Sarei riuscito a rimanere in quel luogo, avrei anche superato il doppio salto terza e
quarta, era non solo un obbligo verso di me e verso la mia famiglia era una
scommessa l’avrei vinta ?
Mentre si scendeva a Vercelli in
macchina a passo d’uomo, mia padre non ha mai amato la velocità a differenza di
me, ma in quell’occasione non me ne lamentai, era un’occasione per stare ancora
qualche momento in più con la mia famiglia.
Sono sempre stato tifoso del Milan e
la mia infanzia salvo rare eccezioni è stata contraddistinta da delusioni
calcistiche, il Milan degli anni settanta e dei primi anni ottanta non era un
squadrone e un personaggio come Gianni Rivera era un lusso che forse non ci
potevano permettere. Avevo già perso due scudetti all'ultima giornata (72/73)
eliminazioni dalle coppe, il simulacro della stella era stato un punto d’arrivo
e poi le due retrocessioni una sul campo e una per meriti extra-calcistici
quindi come me (due sonore bocciature) il Milan aveva subito due volte. In quel
pomeriggio il Milan dopo essere tornato in serie A soccombeva a Roma (3 a 1)
dopo una buona partenza. Gli auspici e le stelle erano quindi nuovamente
contro.
I marciapiedi di Vercelli non sono
stati mai ostici come quel pomeriggio, un gelato per il commiato, una
passeggiata in piazza Cavour e vedere i miei genitori che mi salutavano un po’
sommessi e piangenti era una pugnalata. Davanti a via Duomo cominciavano ad
arrivare macchine, automobili potenti e rombanti, sinonimo di un opulenza forse
troppo grande per me, signore ingioiellate e uomini inappuntabili scendevano a
scaricare la prole, in qualche caso recalcitrante.
Mi sentivo un pesce fuor d’acqua,
Entrato nel corridoio iniziale cominciai a incrociare i compagni di corso c’era
una montagna umana: lo Smilzo che continuava a sbraitare e a urlare e
sinceramente incuteva un certo timore, mi vide e come prima frase di benvenuto disse: Tua madre è morta. Ma lui era un vecchio.
Vecchio e nuovo termini che avrei
cominciato a comprendere presto non si trattava solo di enunciare due aggettivi,
erano due sostantivi belli pesanti il confine tra i privilegi e i soprusi, tra
il permesso di muoversi e di parlare e quello di ascoltare rigorosamente in
silenzio.
La differenza risaltava agli occhi ma
come avrei poi imparato a conoscere più tardi, i nuovi li vedevi tutti con lo
stesso sguardo allunato perso nel vuoto che vagavano alla ricerca di un unico
elemento positivo. I vecchi ti guardavano già con l’occhio del predatore che
pregusta la sua preda.
Nella palestra, ma chiamarla tale era
una pura bestemmia contro le più elementari norme di sicurezza con grate alle
pareti che la facevano somigliare alla New York di Jena Plinski, troneggiavano
pile di cartelle blu, cariche di libri e con ognuna allegata una scheda, e un
cartellino quello del convittore.
Non poteva il mio sguardo non
ricadere sulla frase dantesca tratta dal Paradiso (..) Apri la mente a quello
che ti paleso ecc. (..) La mia mente vagava alla ricerca di un unico elemento
che potesse farmi sopportare quel delirio che già si stava manifestando.
Cominciai a vagare in quei dieci metri di corridoio che avrei percorso a
chilometri nei mesi successivi, sguardo basso e poca confidenza, ogni tanto
risuonavano suoni sinistri e inquietanti. Si trattava degli urti che le porte
del bagno facevano sbattendo contro il muro, era un suono usato sapientemente
per terrorizzarci da parte dei vecchi. Un po’ come quando i celerini per
disperdere i manifestanti battono gli sfollagente contro gli scudi, l’effetto
ero lo stesso.
Alla sirena delle ventuno tutti
contro il muro nel corridoio, pistolotto del precettore e poi a due file su per
le scale a raggiungere il ricovero per la notte, al primo piano una gruppo si
staccava, al secondo un altro e noi, quelli più sfigati, al terzo la camerata.
Si trattava di uno stanzone venti per venti in cui quella sera ci trovammo in
una quindicina.
Li cominciammo a scioglierci gente
che proveniva dalla stesso luogo, differenti storie, qualche racconto una
situazione più rilassata, anche se per poco, dopo un po’ prendemmo subito
conoscenza con il sistema di controllo stile Alcatraz. Il precettore via cavo
al microfono ci informava che di li a poco si sarebbero spente le luci, quindi
sotto le coperte. Ma dopo aver sistemato la propria roba, come potevi dormire
alle 9,30, nemmeno quando avevo sei anni riuscivo ad addormentarmi a quell'ora
imparai poi in seguito a rimanere in studio almeno potevi star su fino alle
undici. I vecchi della camerata dettero ancora prova di sé, al mattino
successivo mi sarei risvegliato completamente foderato di carta igienica e con
il dentifricio nelle orecchie.
Quella notte fu una sorta di inferno
ma più per l’ambiente che non per la compagnia, quella luce rossa che mi
avrebbe accompagnato per due anni e che alimentava anche le cellule
fotoelettriche ti entrava negli occhi. Era iniziato un nuovo periodo mancavano
269 giorni all’alba.
Bravo Beppe. Hai reso benissimo le sensazioni della prima volta al CDP. Io le avevo vissute un anno prima, e forse saró stato uno dei vecchi che ti hanno accolto al tuo ingresso. Ma non sono stato io a foderarti, non ho mai dormito in camerata!!
RispondiEliminalo so lo so ma ti dico che non è stato un trauma anzi col senno di poi ci siamo anche divertiti
RispondiEliminaciao Beppe, ciao Marco.
RispondiElimina..."tua madre e' morta"... non so nemmeno come ho trovato questa frase su Google, ma mi ha immediatamente riportato indietro di trent'anni!
Mi ricordo che era uno degli insulti che andava tanto di moda al CDP, tanto che alla fine non ci si faceva nemmeno piu' caso, al contrario delle prime volte in cui ti veniva detto, quando avresti (avrei) voluto spaccare la faccia al "vecchio" che la pronunciava, ma non potevi (potevo) perche' i "nuovi" dovevano stare muti... :-)
Anch'io, come Marco, ho rivissuto mentalmente le stesse sensazioni che hai illustrato descrivendo il primo giorno, soprattutto il megacorridoione, area di transito, dall'ingresso verso "gli armadietti", "il bar", "il cortile".
Mentre nel "mondo civile" quando uno studente vuole minacciare un suo "simile", abbaia qualcosa del tipo "ti aspetto fuori..." o "ci vediamo fuori...", nel mio periodo di "detenzione" al CDP, la frase era "andiamo agli armadietti".
Io ho frequentato il collegio un paio di anni prima (anno scolastico 1981-82), magari qualche mia firma col pennarello su qualche parete era ancora visibile quando sei arrivato tu.
L'evento piu' temuto aveva una cadenza settimanale, e precisamente il venerdi sera, dopo il film al "cinema" (uno scantinato che puzzava di muffa con le pareti perennemente bagnate dall'umidita'!) in cui si passava un'ora e mezza di relax (sedie di legno scomodissime!) dopo cena, per poi entrare nel panico piu' totale quando, all'accensione delle luci, il "Ragio" si metteva di fronte al telone bianco con il foglio dei "puniti" a cui, a causa del pessimo rendimento scolastico o per motivi disciplinari, non veniva concesso di tornare a casa nel fine settimana.
I cognomi dei puniti venivano letti al microfono e i tapini (mi ci sono ritrovato anch'io qualche volta), dovevano alzarsi in piedi, sapendo che avrebbero dovuto disfare il borsone arancione (almeno, nell'81-82 era di quel colore, ma vedendo le borse dei "vecchi", direi che lo era anche negli anni precedenti), che erano gia' stati preparati con la roba sporca da farci lavare a casa.
L'evento per me piu' felice era invece il sabato a mezzogiorno, dopo la lezione, perche', se non ero stato punito, una volta suonata la campanella, potevo varcare l'uscita dell'edificio, respirare l'aria fresca, che sapeva di liberta' e, con il borsone in spalla, andare alla stazione a prendere il treno per Milano.
--- FINE PRIMA PARTE ---
Mi ricordo dei personaggi decisamente strani, che mi sono, nel bene o nel male, diventati immediatamente familiari. Provo a elencarne qualcuno, magari nell'83 erano ancora li'... se cosi' non fosse, immagino che almeno l'anno precedente al tuo, Marco ne avra' incontrato qualcuno!
RispondiElimina- Il "Magi" (maestro), un signore anzianotto, dall'aspetto severo, il cui ruolo non ho mai ben capito, con barba grigia molto lunga, mormone che, al contrario da quanto potevano far pensare le apparenze, aveva un cuore d'oro.
- Il "Ragio" (ragioniere), il preside (ma era veramente il preside?) del liceo, ex pugile, all'epoca insegnante di italiano alle classi della maturita' (liceo, geometri, ragionieri), con la pipa "corazzata" che quando meno te lo aspettavi, ti piombava sulla testa come una martellata... dovevi guardarti le spalle da lui!!!
- Il "Censore" (probabilmente quello che hai chiamato "precettore"), che era pure maestro delle elementari (ebbene si, c'erano anche dei bambini delle elementari in quel collegio!) e insegnante di italiano e storia alle medie (...pure le medie!!!).
- il "Cece" (Cesare), un ragazzotto sulla trentina, di statura minuta, riccoluto, che stava al bar e, puntualmente, faceva finta di non vedere quando i "vecchi" facevano la "spesa", prendendo qualsiasi cosa senza pagare, con un'arroganza che all'inizio non comprendevo, ma a cui alla fine mi sono dovuto abituare. Ancora mi chiedo come facessero a far tornare i conti, visto che piu' della meta' della merce del bar veniva prelevata aggratis!
- il "Bruno", un signore decisamente anziano, che si occupava dei lavori "di fatica", il cui compito principale era girare con un tronchese enorme per spaccare i lucchetti degli armadietti di chi, puntualmente, perdeva la chiave. Era spesso oggetto di battute, ma non l'ho mai visto scomporsi.
- Il "banchiere" (non ricordo ne' il nome, ne' il soprannome), era un tizio che veniva da Milano una volta alla settimana (il giovedi'? non ricordo) per elargire soldi a chi ne faceva richiesta. Ogni studente aveva un "conto" (???) di cui non ho mai capito la provenienza e ogni settimana poteva prelevare qualche migliaio di lire...
...e poi c'era la fauna studentesca... di personaggi degni di menzione ce n'erano decisamente parecchi, ma dovrei fare nomi e cognomi (qualcuno me lo ricordo ancora) e potrebbe non essere opportuno in un tuo blog.
Grazie per questo momento di "amarcord", in cui mi hai fatto rievocare qualcosa che non pensavo nemmeno di ricordare piu'!
Chissa' se il titolo di questo articolo potrebbe far riaccendere la scintilla anche a qualcun altro "studente modello" che all'epoca ha soggiornato in quell'edificio...
Un saluto a te, a Marco, e a tutti gli ex studenti del CDP!
Sandro
ci sono stato anch'io: anno 1963/64. mi è stato riferito che dagli anni ottanta erano rose e fiori al confronto. in quell'anno perdetti anche mio padre.........c'era il ragioniere Del Boca, il "Gufo"......giurai a me stesso che mai avrei mandato in collegio mio figlio e tanto meno al Dal Pozzo. comunque.. un saluto a tutti gli ex "internati". patrizio
RispondiEliminada quello che ho letto,siete le famose stecche"tipo naia"avreste dovuto esserci negli anni 1956-57-58-59-60-61-62 l'allora direttore F..aletti detto il gufo,o Del boca assieme a Vercelli Piero e per ultimo il censore da noi chiamato il "Cane".Le galere che stanno di fronte forse erano più accoglienti.ciao mario grieco
RispondiEliminaPurtroppo ho cancellato dalla memoria determinati eventi ma il "gufo" ci faceva filosofia e lettere. I cinque domenicali, in due anni ne ho presi quattro, quanti pianti per non andare a casa. Ma non ricordo in quali anni in quinta ginnasio presi anche la medaglia per la media più alta. Però sono ancora vivo, grazie al censore che mi fece passare notti in piedi a studiare fino alle 23.dormivo nelle camerette e il viaggio a fine anno era sul lago di Garda.
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RispondiEliminaAnno 1966/67.
RispondiEliminaC'era il rettore Franco Falletti (il gufo), il rag.Del Boca (factotum), il censore Guercio, il prefetto Borra, il contabile Bisio (morto poverino lo stesso anno con l'auto) e i vari assistenti. Ci sarebbe da scrivere un libro di ricordi....
Ora non ci crederebbe nessuno
Paolo Bruno
libro in gestazione stay tuned
EliminaAnch'io sono stato al CDP anno 1966/67 : maturita' classica. Ero reduce da una bocciatura per me ingiusta al liceo di Monza. Fu un anno durissimo ma uscii promosso. Ricordo la carenza di sonno, i 5 domenicali (ne presi solo 1). Ma li' stavo molto meglio che a casa mia dove rimproveri e continue sgridate per l'insuccesso scolastico mi avevano distrutto il morale e la vita. Non sentii il peso della disciplina. Forse grazie a quell'esperienza il servizio militare (Alpini), fu per me una piacevole vacanza.
Eliminavi svelo un segreto: il collegio Dal Pozzo era semplicemente una scuola per voi somari che avete fatto spendere un sacco di soldi ai vostri genitori, colpevoli di non avervi preso a calci in culo prima di andare in collegio
RispondiEliminaFui convittore al collegio Dal Pozzo nell'anno scolastico 1966-67. Fu una mia scelta entrarvi, per una bocciatura il penultimo anno di liceo classico.Prima di allora fui sempre promosso. A giugno. L'incidente di percorso fu provocato da un momento di crisi adolescenziale aggravata dall' incomprensione di genitori e insegnanti Quest'ultimi a quei tempi avevano un potere assoluto e insindacabile, nonostante gia' allora fossero poveri cristi malpagati e demotivati. Mio padre ebbe fiducia in me. Lavoratore dipendente, con sacrifici mi sostenne per affrontare la maturita' da privatista. Ne uscii promosso, mi laureai in medicina in 6 anni e svolsi l'attivita' di ospedaliero fino alla pensione. Per cui caro testa di cazzo che vigliaccamente di copri con l'anonimato, probabilmente "brillante" liceale di scuola statale, pensaci bene prima sparare sentenze a vanvera. Non fanno onore al tuo "genio" (ça va sans dire).
Eliminap.s. res gestae sono due locuzioni latine, non è un'unica parola
RispondiEliminacaro sconosciuto eravamo somari, meritavamo botte ecc e si abbiamo speso anche dei soldi, ma quell'esperienza è stata anche formativa e quindi va bene così nessun segreto, sapevamo dove eravamo, ognuno porta la propria esperienza personale positiva o negativa che sia.
RispondiEliminaIo ne ho prese tante. .. Pure dal ragio un mal rovescio che mi fece fare un giro su me stesso. Mi becco fare il palo. Anno 1988 credo. Indimenticabile
RispondiEliminalo sconosciuto che ha scritto il 7 settembre 2018 deve essere una persona se così si può definire super deficiente tanto da non qualificarsi.mario grieco
RispondiEliminaCollegio Dal Pozzo dal 1971 al 1979 ... poi un anno di militare alla SMIPAR di Pisa paracadutisti. Bene !!! Questo per dire che l’anno di militare in confronto al DAL PAZZO è stato come un anno in un villaggio turistico. Ricordo una canzone che si cantava in collegio e che sintetizza il tutto ... “ in virtù della legge Merlini in Italia hanno tolto i casini , uno solo ne hanno lasciato e Dal Pozzo lo hanno chiamato “... Ecco questo era il collegio DAL PAZZO di Vercelli .
RispondiEliminaL'inizio della canzone era: Oh Dal Pozzo tu sei la mia patria , sei un collegio ma sembri un casino...... questo per far capire al pirla che scrive cose del genere. Finiti i 2 anni 1970 _ 1971 mi sono laureato in elettronica e dopo 3 anni di lavoro sono diventato dirigente della società, magari tu adesso sei disoccupato e o un operaio(senza nulla togliere) . Ciao Alberto
RispondiEliminaCiao a tu8gli ex CDP, io sono un ex CDP 1970 -1971-1972, ai miei tempi era ancora peggio dei vostri racconti.Il nonnismo a militare era una passeggiata in confronto, se volevi stare tranquillo dovevi anche portare ai nonni dei pacchetti di sigarette,cosi anche la notte stavi tranquillo. Il ragioniere Egidio Del Boca era un dittatore, lo temevamo tutti, poi si spacciava anche professore e se solo respiravi in classe eri espulso ed il venerdì sera dopo il film il tuo nome era nell'elenco dei puniti. Il gufo era praticamente il padre del ragioniere,perché lui era stato adottato da piccolo, forse non tutti lo sapevano. C'era anche un infermeria dove c'era uno pseudo medico che se non stavi bene ti rimandava in classe con una confezione di citrosodina, non gratuita, ma a peso d'oro. La domenica se rientravo con 10 minuti di ritardo ero punito la settimana dopo, non parliamo poi della mensa, a militare era un ristorante a 5 stelle. Mi piacerebbe incontrare qualcuno che è passato nel mio periodo. Saluto tutti quelli che mi hanno ricordato il periodo CDP. Se mi ritorna in mente pubblico la canzone del Dal Pozzo, iniziava cosi: Oh DP tu sei la mia patria,sei un collegio ma sembri un casino, chi vi entra ne esce cretino, se bocciato è pure un coglion,,,,, se qualcuno la sa tutta la puo anche scrivere. Un saluto a tutti
RispondiEliminaAnno 1969/70 avevo 13 anni ho ho ancora gli incubi altro che nonnismo.... Essendo di Roma andavo a casa solo a Natale e Pasqua,il 5 domenicale era un privilegio così evitavo le gite tristi vicino Vercelli. Il censore sempre ubriaco regole della caserma del secolo scorso se non peggio insomma pochi ricordi positivi.
RispondiEliminaCiao Beppe. Stessi anni e ci siamo conosciuti. Hai spiegato benissimo sia la vita collegiale che la nostra situazione quasi di ansia vissuta per 3 anni. Il militare in qualità di Granatiere di Sardegna è stata una vera passeggiata e il nonnismo l'ho sempre combattuto. In bocca al lupo e buona vita. Massimo
RispondiEliminaCiao, anch'io era al DP negli anni 1969/70.
RispondiEliminaQuanti ricordi, ovviamente condivido quanto trascritto da molti di Voi.
Esperienza più unica che rara e.... dopo tanti anni anche piacevole da ricordare.
Comunque quante punizioni e quanta invidia per i carcerati che alloggiavano nelle carceri di fronte al campo "da calcio" (almeno quelli non dovevano alzarsi alle 06 00 ed inizisre le lezioni alle 07,00 a. m..
Un saluto a tutti gli ex D. P.
Gianpaolo