giovedì 30 novembre 2017

Quella volta che il Toro di Bonetto battè il Milan in finale di Coppa Italia (1971)


Raramente scrivo in memoriam, credo sia più bello parlare delle emozioni che lo sport ti regala sul campo o sugli spalti ma faccio un eccezione per l’amico Marcello Bonetto in ricordo di quel signore del football che fu suo padre Beppe. L’occasione viene quando con Piemonte Notizie, programma dedicato alle eccellenze piemontesi, cercammo di realizzare un servizio dedicato al mondo del pallone visto dalla parte dei procuratori; parliamo di qualche anno fa, non c’era ancora quella giungla che abbiamo poi visto negli anni seguenti con gestori dell’immagine e dei servizi, più star degli stessi loro assistiti. Marcello ci ha aperto le porte del suo ufficio del suo studio e ci ha presentato un mondo professionistico fatto di cortesia e qualità, permettendoci anche di intervistare un campione del mondo come il terzino di Juve e Milan Zambrotta. Li ho visto il tocco di classe di un servizio offerto dalla Ifa Bonetto che è una sorta di marchio di fabbrica di un modo di gestire persone che derivava dalla lunga militanza del padre Beppe nel mondo del pallone negli anni sessanta e settanta. Per chi come me è cresciuto con il Torino di Pulici e Graziani, Bonetto voleva dire una gestione di una squadra costruita con il vivaio e con la passione, quella che forse oggi manca a tanti club. Bonetto voleva dire le sfide tra Juve e Toro degli anni settanta, lo scudetto di Radice, quello perso nonostante i cinquanta punti due coppe italia di cui una strappata proprio al Milan. Su quel ricordo pubblico ora un inedito che mi concesse

-Coppa Italia 1971, finale a Genova fra Milan e Torino (miracolosamente portata ai supplementari ed ai successivi rigori, che allora potevano essere calciati da un medesimo giocatore), con prima rete realizzata da Rivera e fallita da Cereser e successivo determinante intervento di quella "volpe" di Aldo Agroppi (cui spetta tra l'altro il copyright per l'appellativo di "Gianni lacrima") che prendendo in mano le redini della situazione e ritardando l'esecuzione con mille scuse, e mille battute, riuscì ad innervosire Gianni ed a condurre il Toro (con i rigori realizzati da Sergio Maddè) ad un titolo importante ed insperato.



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