Da quando lavoro nel “dorato”
mondo televisivo, anche se a livello regionale, abituato a riprese a montaggi e
a sinergie tra racconti, orali verbali e immagini, il tutto condensato in
pochi frame o secondi guardo tutto
quello che vedo in tv sotto un altro occhio. Cerchi dettagli, che forse a molti
sfuggono, ma perché ti immedesimi in chi costruisce il prodotto per affinare l’occhio
e la mente, e per cercare di trovare altre chiavi di lettura. I peana accesi
per il successo all’Oscar italiano, mi hanno decisamente incuriosito per un
opera che probabilmente non avrei mai visto, né al cinema né in tv, ma l’attenzione
mediatica derivata, ne ha fatto quasi un obbligo. I successivi commenti pro e
contro, come se si trattasse di un partito politico, di un referendum
pro/contro Silvio (ma quando riusciremo a liberarci non del fantasma di Silvio –
ma di quell'immagine di uomo del male, che una certa sinistra, sempre alla
ricerca di un icona colpevolista ha generato nel corso degli anni, di fatto
ingessando il sistema politico italiano ??) ne hanno fatto il caso italiano.
Più sommessamente ho guardato il film: un inno a una decadenza, a una sorta di
ultime luci della ribalta di un sistema, quello della noia, delle serate
romane, dell’esserci e del disquisire contro, tipico italian style, di persone
che tirano a campare. Una sorta di controtendenza a quelli che sono i veri
problemi dell’italiano medio, arrivare a fine mese, a fagare gli F24 a
ingegnarsi per vivere in modo dignitoso. Il ritratto fotografico e video della
capitale è stato fatto in maniera perfetta, ha reso aurea un immagine di una
città, che, se la frequenti, ti cattura, colpa anche di quei 3000 anni di
storia che ne hanno fatto l’ombelico del mondo. E questa con ogni probabilità è
la chiave del successo e che ha spinto la giuria a decretarne la vittoria. Sorrentino
non può certo paragonarsi a maestri del calibro di Fellini, Monicelli, Germi,
altre levature e altri stili, il loro racconto, privo della computer graphic,
era più diretto a lui lascerei la capacità di aver fatto un ritratto reale di
una società quanto mai allo sbando e direi anche la qualità tutta italiana di
salire sul carro del vincitore chiunque esso sia. Persino Marchionne e la Fiat,
pardon la FCA, ne hanno abusato, questa si che è la grande tristezza
giovedì 6 marzo 2014
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