chi non ha avuto il piacere di conoscere Naim e il suo gruppo e di assistere a una performance dal vivo si è perso molto, il fregoli della musica pop sta diventano un icona, apprezzatelo ora, più tardi diventerà una star. in questo brillante articolo di Enrica Ferrari, la storia e la genesi di un gruppo di amici che io festeggio mettendo come immagine Arturo, so che loro apprezzerebbero
Beppe
Chissà se sono
consapevoli, questi 8 supereroi genovesi (per citare uno dei tanti
travestimenti con cui si esibiscono) che il solo fatto di essere rimasti uniti
per molti anni di fatica e investimento continuo ha qualcosa di straordinario.
D’altronde è un destino dichiarato nel loro nome: “Si scrive Tuamadre, tutto
attaccato" spiegano "perché è un concetto che intende unire e mai
dividere” . L’avventura inizia 5 anni fa con un obiettivo chiaro:
collocarsi a livello nazionale nel mondo del pop. Le parole chiave
sono: farsi notare e crearsi un pubblico. L’autoproduzione per le band emergenti
a volte è una scelta, più spesso la scelta di chi non ne ha altre, ma in
entrambi i casi sono in pochi ad avere le capacità, la chiarezza di idee e la
costanza necessarie per portare avanti un progetto musicale autoprodotto. Fondamentale la scelta del nome:
“Tuamadre”,
curioso, facile da ricordare ed in controtendenza con le lunghe perifrasi della
musica indie.
Per
crearsi velocemente un seguito optano per una proposta che possa
incontrare un ampio pubblico: decidono di divertire, con un’apparente
scanzonata leggerezza , ma basta un ascolto per capire quanto siano bravi e
preparati i musicisti e come nulla, della apparente improvvisazione, sia in
realtà lasciato al caso. Cosa apprezzabile, in un mondo indie, che troppo
spesso si suona addosso. Con la stessa coerenza scelgono il genere:
uno ska dimezzato in rocksteady per dare spazio all’attitudine soul e r&b
del bravo frontman, con le tipiche influenze del calypso giamaicano pur
mantenendo l’incisività dei fiati (una sezione eccellente tra cui spicca il
talento alla tromba del giovane Stefano Bergamaschi). In parole povere ai
concerti dei Tuamadre, si ride e si balla. Poi
il repertorio: propongono un live di noti successi pop (Queen,
Eurythmics, Cab Calloway, Beatles) tutti declinati alla ritmica in levare.
Realizzano il cd “Tuamadre plays the Beatles”, tratto da un omonimo
e fortunato spettacolo di musica, storia e gag cabarettistiche, che contiene
qualche gioiellino come l’arrangiamento rocksteady di “here comes the sun”, l’originale “black bird” voce e marimba e una versione reggae della troppo
abusata “yesterday” con violino al posto della chitarra (notato da Radio
Capital, questo progetto li porta tra i finalisti del Capitalent 2013). Lo show è molto ben costruito e
colpiscono i costumi appariscenti, a volte demenziali (intervistati in Rai da
Unomattina si presentano vestiti da banane e si aggiudicano un passaggio in
prima serata su Blob). Il pubblico aumenta di concerto in concerto
(attualmente sono 15mila i fan della pagina facebook). I tour sono gestiti con intelligenza: non date
sparate a destra e a manca, ma una progressiva conquista di territori
tra Liguria, Piemonte e Lombardia per potersi sempre garantire un seguito
numeroso a cui aggiungere nuovi estimatori. Le
entrate vengono attentamente amministrate: i musicisti rinunciano al compenso
per acquistare costumi, per produrre il nuovo progetto di brani originali, per
realizzare video di qualità professionale e pagare un buon ufficio stampa
(sanno infatti scegliere dove risparmiare con il “fai da tè” e dove è
invece importante assumere dei professionisti). La comunicazione ricopre un ruolo
fondamentale nella crescente popolarità della band, grazie all’estro di Eugenio
Ruocco – uno dei fondatori e batterista del gruppo – attorno alla band si
è creato una sorta di pensiero condiviso - tra l’intelligente ironia ed una
certa raffinata demenzialità - che viene alimentato dagli stessi fan, si
parla della “tuamadrità”. “Lo
trovi sullo Zingarelli Minore" ci spiega Ruocco quando gli chiediamo cosa
sia "Scherzi a parte, la tuamadrità come stile comunicativo segue un concetto
più che semplice: fuggire la banalità ad ogni costo, anche a costo di perdere
il senso della comunicazione”. Stupire
e divertire per farsi conoscere, quindi, sempre in linea con quello che ormai
potremmo definire un business plan a tutti gli effetti. Esce nello scorso dicembre il cd
“L’invasione dei tordoputti”, che sovrappone al ritmo rocksteady ormai ben
noto, l’originalità dei brani finalmente di loro produzione un po’ in italiano,
un po’ in inglese, un po’ in entrambe le lingue. “My gorilla” spicca per
l’insolito testo, Swingin’ Fitz (dall’atmosfera alla Fred Buscaglione)
riconferma la bravura dei musicisti, “Castaway”, fosse in italiano,
potrebbe essere un successo sanremese. Il
progetto viene presentato a Genova in un Teatro Claque stracolmo, con
l’incredibile partecipazione sul palco di Dado Moroni. Dei due singoli che
hanno preceduto la raccolta, l’estivissima “Up&Down”
è stata al primo posto della classifica reggae di I tunes ed il video ha
superato in poche ore le 10mila visualizzazioni. Il secondo singolo “She don’t konw me”
ha avuto meno clamore, ma l’eco sui social non si è ancora spenta.Non passano
ancora sui canali mainstream, ma conoscono le loro canzoni migliaia di persone,
conquistate concerto dopo concerto senza l’intermediazione
di etichette, produttori o distributori: ed è un risultato notevole, da
applaudire e sostenere.
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