domenica 26 gennaio 2020

1917 la storia si comprende meglio al cinema



1917 ovverosia l’anno peggiore per chi ha combattuto nella prima guerra mondiale, le continue offensive e controffensive che mandarono al massacro decine di migliaia di giovani, fronti aperti e metri di terra contesi palmo a palmo. Acquitrini e pozzanghere in cui il massacro continuò per mesi. La speranza che la guerra fosse a un bivio e al suo crepuscolo, una stanchezza lunga anni che contagiava i soldati reduci di lotte infinite. Un florilegio di nuove armi, tank e aerei, ma anche una guerra di intelligence per capire e comprendere dove l’avversario avrebbe sferrato l’attacco. Il gas e la lotta senza quartiere. Tutti o quasi questi elementi sono stati magistralmente evocati e riportati nel film di Sam Mendes che ha reso così omaggio ai racconti della sua famiglia e dei suoi avi (piacerebbe anche a me ricordare le gesta del Nonno Beppe sul Piave), in un film quanto mai iconografico sulla Grande Guerra. Spazio ai sentimenti, alla cruda realtà del conflitto, alla ineluttabilità degli eventi, alla cameratesca fratellanza tra uomini di reparti diversi. Struggente per certi versi prima dell’attacco il canto che un soldato realizza a favore dei commilitoni dedicato al ricongiungersi con i padri, un chiaro verso all’imminente e probabile morte all’assalto fuori dalla trincea. Insomma un film realizzato in modo innovativo e con garbo e che più di mille libri presenta uno spaccato di un conflitto in cui morì la meglio gioventù della fine del secolo scorso. Un’ode ai racconti di Alfred Hubert Mendes del battaglione dei fucilieri reali inglesi. Concorrerà agli Oscar e questa è una buona notizia perché oggi il cinema rappresenta un modo innovativo di tramandare ai posteri pagine di storia che meritano di essere raccontate. Eppure in tutto questo c’è anche chi sbeffeggia come la recensione pubblicata dal Fatto Quotidiano che presenta con chiari errori anche banali (parla di divisioni di 1600 uomini invece che di battaglioni -sic) un film - paragonato secondo l’autore - a un videogioco (call of Duty – una sorta di sparatutto) quando in realtà la parte di guerra, pur presente non è fondamentale se non accessoria al racconto dell’episodio che la caratterizza, ma con certi soloni è sicuramente fatica sprecata

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