La Giovane Italia, eccoci ci
risiamo, Repubblica di nuovo vaticina con un titolo che richiama il Risorgimento
per mettere in risalto il discorso di fine anno del capo di Stato Mattarella, parlando
di fatto di un nuovo Risorgimento in mano a una nuova leva ma è così ? Certo il
discorso di fine anno deve essere necessariamente un misto di speranza e di
voglia di guardare al futuro, com’è sempre stato, ma il parallelismo non regge
e allora andiamo a cercare l’autore di quegli scritti, quel Giuseppe Mazzini
teorico di uno stato Italiano che all’epoca non esisteva ma che attraverso i
suoi scritti doveva trovare compimento anni dopo.
Due i passaggi in particolare che
nel discorso ai Giovani vanno la pena di essere citati. Il primo è sul valore
morale dei nostri (per quell’epoca) giovani: L’uomo è pensiero e azione e
qualunque sopprime uno di quei due termini smembra la sacra unità della vita,
sacrifica metà dell’anima e tradisce la propria missione. Il pensiero e l’azione
stanno termini indivisibili dello sviluppo nazionale del genio italiano. La contemplazione
è l’egoismo del genio
L’italia sembra oggi ingombra di
sette e opinioni diverse unitarie o federaliste spettacolo doloroso non insolito.
A un popolo confuso le forme del vero appaiono sempre molte e distorte. Fra una
tomba e una culla sta l’infinito. E noi balziamo dalla sepoltura di un’epoca spenta
al limitare di un’altra appena nascente che aspetta forse la prima parola da
noi. Ma a chi guarda a questo caos foriero di una creazione due soli partiti esistono
il partito che crede nel moto dall’alto verso il basso e quello che intende la
vita italiana non poter salire che dalle viscere del paese alle sue sommità: il
principesco e il popolare il moderato e il nazionale.
Giuseppe Mazzini, un gigante e
anche un genio incompreso di quell’Italia che emetteva i primi vagiti, un fine
pensatore e un politico d’eccezione che pagò forse la sua scarsa propensione
all’attività bellica, forse non un grande uomo di squadra ma di sicuro un
osservatore fine e capace. Ecco forse al di là del parallelismo sul titolo
sarebbe stato bello un parallelismo sui testi e sui contenuti, un’occasione
persa un’opportunità sfumata. Ma come in altri casi precedenti ancora uno
stimolo per studiare meglio la storia
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