C’è un particolare curioso che è legato a un libro che ho
appena finito di leggere: l’Italia nella sconfitta in cui si analizzano le
cinque peggiori sconfitte militari da Custoza ad Adua, da Caporetto alla Grecia
per finire alla Campagna di Russia. Non c’è che dire tutti episodi in cui,
causa anche una classe dirigente quanto meno imbarazzante spesso e volentieri
siamo stati sonoramente suonati, ma tutto questo fa emergere anche un elemento
di cui noi italiani abbondiamo, ovverosia la capacità di attirarsi addosso non
solo sfortuna ma di celebrarla sopra ogni cosa. Noi siamo più votati alla
sconfitta come elemento di narrazione che non alla capacità di saper cogliere i
momenti positivi. Pensiamo a come celebrano una sconfitta ad esempio gli
inglesi. Per i sudditi britannici la disfatta di Dunquerque fu una vittoria
(certamente 300.00 soldati salvati erano un bell’inizio ma che dire di tutti
quelli abbandonati alla mercé dei tedeschi e l’immane materiale sacrificato
nella ritirata) per non parlare delle mille e più battaglie combattute nella
prima guerra mondiale con rovesci epocali. O se ci spostiamo sul fronte
coloniale gli inglesi hanno subito rovesci a più non posso dal Madhi in Sudan
per finire in Afghanistan, il primo esercito occidentale a lasciare campo agli
avversari. Eppure se guardate i libri di storia inglesi, pur non negando la
realtà, celebrano spesso i loro successi, mentre latitano su altri fronti dall’Operazione
Market Garden (1944) alla guerra contro i Boeri in sudafrica (e non erano certo
i cioccolatini). Mi piacerebbe magari leggere un testo italiano in cui si parla
di Goito, di Solferino, di Bezzecca, delle vittorie in mare come ad esempio le
imprese dei MAS, di Vittorio Veneto e prima ancora della battaglia estiva sul
Piave o per finire alla seconda guerra mondiale con la carica di Isbuskenki,
insomma anche noi abbiamo avuto le nostre glorie, perché invece sempre parlare
di quello che non è andato. Un parallelismo si potrebbe anche con il periodo
odierno e sulla nostra capacità di farci del male ricordando sempre i nostri peggiori
difetti ricordando solo ciò che non andava, eppure se ben ricordiamo la civiltà
moderna in un modo o nell’altro è sempre passata dalla penisola
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