domenica 5 gennaio 2020

Noi italiani che amiamo raccontare le sconfitte



C’è un particolare curioso che è legato a un libro che ho appena finito di leggere: l’Italia nella sconfitta in cui si analizzano le cinque peggiori sconfitte militari da Custoza ad Adua, da Caporetto alla Grecia per finire alla Campagna di Russia. Non c’è che dire tutti episodi in cui, causa anche una classe dirigente quanto meno imbarazzante spesso e volentieri siamo stati sonoramente suonati, ma tutto questo fa emergere anche un elemento di cui noi italiani abbondiamo, ovverosia la capacità di attirarsi addosso non solo sfortuna ma di celebrarla sopra ogni cosa. Noi siamo più votati alla sconfitta come elemento di narrazione che non alla capacità di saper cogliere i momenti positivi. Pensiamo a come celebrano una sconfitta ad esempio gli inglesi. Per i sudditi britannici la disfatta di Dunquerque fu una vittoria (certamente 300.00 soldati salvati erano un bell’inizio ma che dire di tutti quelli abbandonati alla mercé dei tedeschi e l’immane materiale sacrificato nella ritirata) per non parlare delle mille e più battaglie combattute nella prima guerra mondiale con rovesci epocali. O se ci spostiamo sul fronte coloniale gli inglesi hanno subito rovesci a più non posso dal Madhi in Sudan per finire in Afghanistan, il primo esercito occidentale a lasciare campo agli avversari. Eppure se guardate i libri di storia inglesi, pur non negando la realtà, celebrano spesso i loro successi, mentre latitano su altri fronti dall’Operazione Market Garden (1944) alla guerra contro i Boeri in sudafrica (e non erano certo i cioccolatini). Mi piacerebbe magari leggere un testo italiano in cui si parla di Goito, di Solferino, di Bezzecca, delle vittorie in mare come ad esempio le imprese dei MAS, di Vittorio Veneto e prima ancora della battaglia estiva sul Piave o per finire alla seconda guerra mondiale con la carica di Isbuskenki, insomma anche noi abbiamo avuto le nostre glorie, perché invece sempre parlare di quello che non è andato. Un parallelismo si potrebbe anche con il periodo odierno e sulla nostra capacità di farci del male ricordando sempre i nostri peggiori difetti ricordando solo ciò che non andava, eppure se ben ricordiamo la civiltà moderna in un modo o nell’altro è sempre passata dalla penisola  

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