La grande Signora del Calcio ha accompagnato la storia
italiana dell’ultimo secolo la squadra di Torino, la Fiat nel suo Dna, i
campionati segnati dai modelli delle macchine, un odio atavico dei veri
torinesi doc, tutti rigorosamente granata, una nomea e un alone di amore che
sboccia in tutta Italia, la squadra più seguita, il team a striscie bianconere.
Tutto questo è ascritto a una sola famiglia: gli Agnelli alla quarta generazione
oramai. Per chi ha avuto la sventura di trovarsi di fronte la Juventus degli
anni settanta e ottanta l’acronimo e il nemico aveva un nome l’avvocato: Gianni
Agnelli, era lui il personaggio sfrontato che ti sfotteva, ma non te ne
accorgevi, arguto e sapiente, un signore nelle sconfitte ancora di più nelle
vittorie. L’erre moscia e l’orologio sopra il polsino segni distintivi, la
Squadra simulacro della nazione fornendone i 9/11 della nazionale. Insomma eri
circondato, allora scattava la molla era la lotta dell’operaio contro il
padrone, del diseredato contro il potente, l’unica giustizia era la vittoria. La
tua pulita la loro sempre macchiata dall’arbitro, quante sono le macchine
attribuite al potentato degli arbitri. Negli anni 128, la Croma, la Thema, sempre
di grossa cilindrata. C’era però rispetto non sudditanza. Venne poi l’epoca di
Berlusconi, la Juve in tenuta minore, gli Agnelli un po’ più distanti, la
Triade a governare ma non era la vera Juve anche nelle vittorie. La
purificazione passando per Cobolli Gilli e poi son tornati, Giovane, un po’
spocchioso pronto a riprendersi il palcoscenico accampando rispetto e menando
fendenti amministrativi. La storia dei trenta presunti scudetti invece dei 28,
il vecchio zio non l’avrebbe mai tirata in ballo, non era uno a cui piaceva
vincere barando ed era rispettoso delle regole, ricordo che la prima Champions
quella infausta dell’Heysel non l’aveva mai considerata tale e questo fa onore al
vecchio stile. Quello nuovo deve ancora farsi e parecchio
mercoledì 16 maggio 2012
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