mercoledì 17 ottobre 2012

Perchè non voterò Bersani

Il prossimo 25 novembre saremo chiamati a esprimerci, in qualità di elettori di centro sinistra sulla scelta di colui che guiderà alle prossime elezioni di primavera la coalizione dell’area di centrosinistra. Una scelta che deve essere responsabile e deve fornire gli utili elementi per riconoscere un guida del governo di una nazione che è mancata negli ultimi anni. Come è giusto che sia si mettono in campo gli schieramenti contrapposti tra due impostazioni che dovrebbero essere simili per l’area di origine ma differenti nella preparazione e nel metodo. L’idea attuale è che ci si concentri sotto l’aspetto formale e poco sulla parte progettuale. Che ci sia bisogno di un ricambio, non solo generazionale, ma di metodo, è quanto mai auspicabile. Gli errori del passato non devono essere commessi nuovamente, la classe dirigente che ci ha accompagnato in quel percorso deve necessariamente farsi da parte, e non solo per una questione anagrafica, ma per scegliere un nuovo metodo di lavoro. I pilastri del futuro così come di quello prossimo sono e saranno lavoro ed economia, ma concetti che devono essere svincolati da quanto prodotto dal Governo Monti. Occorrono e non lo dico solo io nuove regole, un Irpef più leggera e un Iva che non cresca ad ogni semestre, altrimenti ci scordiamo la crescita. Il lavoro è un diritto, ma dobbiamo cominciare a ragionare anche in termini di produttività e di vera meritocrazia. Chi produce deve essere incentivato, le categorie non devono essere criminalizzate. Occorrono controlli ma occorre anche una certezza della pena, se ci sono regole certe e con costi accettabili allora anche le tasse diventeranno una giusta partecipazione. Deve esistere uno Stato e delle istituzioni leali con regole reali e non la creazione di caste autoreferenziali, episodi a cui abbiamo assistito, a tutte le latitudini, fanno male alla democrazia e non possiamo permettercelo, il populismo emergente dell’ultimo periodo va combattuto con la sobrietà e con la chiarezza. Questa la ricetta, ma non vedo nell’attuale segretario Bersani l’uomo in grado di tirarci fuori dalla secche di questa inadempienza, una politica economica come quella propugnata dal suo referente nel partito, Fassina, rischia di affondare il paese piuttosto che di salvarlo. Una politica delle alleanze in cui si perde quello che era il principio cardine su cui si era fondato il Partito Democratico, sintesi di due esperienze distinte, corre il rischio di trasformare il partito in una riedizione di un movimento che invece di attirare consensi alla fine li allontanerà. Dobbiamo andare oltre certi schemi e provare a trasformarci in qualcosa di differente e Bersani non rappresenta in questo la risposta ideale, ma una risposta di apparato. Anche la scelta di partire da un distributore di benzina, in un momento in cui i carburanti rappresentano une delle voci di spesa più insopportabili per il bilancio familiare non è stata a mio avviso il modo migliore per approcciarsi ai problemi degli italiani. Un'altra Italia è quindi possibile purché a farla siano davvero le migliori risorse d’Italia, in cui i nostri candidati potremo sceglierli direttamente noi con primarie e partecipazione, in cui la politica sia fatta da persone con profondo senso di volontariato, no a carriere lunghe e inamovibili, anche a livello locale. Per utilizzare lo slogan di un politico americano impegnato nella lotta presidenziale bisogna e dobbiamo andare avanti

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