Il tifo si sa non conosce
ostacoli, puoi andare a vedere una partita soffrendo il freddo così come il
caldo, ti fai centinaia di chilometri per applaudire i tuoi idoli, rimani in
attesa per ore, cerchi di conquistare i posti migliori allo stadio, nonostante
le mille e più telecamere ti garantiscano una visibilità migliore a casa. Ma il
tifo è tutto questo, sacrificio e duri sforzi per vedere anche solo per un
minuto, coloro che ti danno gioia e che ti fanno parlare per tutta la settimana
e per tutto l’anno. L’amore per i propri colori è questo. Certo ci sono
tifoserie più calde e altre più freddine, ma i tifosi del Torino sono
particolari, nel proprio DNA hanno la sofferenza, ma anche l’appartenenza a un
colore e a un calore che è particolare. A ferragosto la squadra del Torino si è
concessa ai propri beniamini piemontesi in due località: Verbania e Mondovì. Un
ritorno alla origini forse, un introspezione nella provincia profonda, quella
da cui trae linfa vitale, ma un bagno di folla necessario, rinforzante e
tonificante. In una piazza traboccante di delirio granata con i vessilli in
cielo, la folla ha salutato il ritorno in serie A di uno dei club più gloriosi.
I nomi, al di là di Alessandro Bianchi forse, non sono quelli roboanti dei top
player, ma il Toro è questo, squadra compatta capace di lottare e di non
mollare mai e in un Italia alle prese con difficoltà economiche e problemi di
identità, il messaggio di una squadra operaia come quella del Torino e del suo
popolo è forse quanto di meglio ci si possa augurare. Dalla Granda con sapiente
maestria la squadra è diventata un veicolo promozionale, ottima l’intuizione
delle istituzioni locali dal Comune di Mondovì all’Azienda Turistica del
Cuneese per una settimana di passione, passione granata
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