Non sono solito alle agiografie
ne ai coccodrilli a maggior ragione nel mondo sportivo, ma questa volta faccio
un eccezione, per il capitano, al secolo Antonio Celentano con cui ho avuto
modo di condividere diverse stagioni. Coriaceo e duro nelle marcature difensive,
sempre pronto ad anticipare l’avversario e dotato, soprattutto sui calci d’angolo
di una castagna imprendibile. Nel bar del Palabrumar si può vedere una vecchia
immagine Orange di un successo in cui proprio lui sorride, beh, un’icona, quasi
impossibile, per uno che difficilmente sa sorridere sul campo, sempre preciso e
puntuale e mai sbruffone. Amici e avversari ne tessono le lodi, ma lui non ti
ha mai fatto pesare nulla, anche nella rottura di scatole delle interviste post
partita, quando, di solito, si parla con il capitano a fronte di una sconfitta
o di una prestazione non eccellente. Insomma in poche parole un uomo vero. Tra
i ricordi che serberò a lungo, per emozioni e feste, non posso non ricordare la
trasferta a Cornaredo, sotto le spoglie del città di Asti, contro una squadra
che si chiamava Real e che incuteva paura. Quell’anno un campionato altalenante
ma poi i play off magicamente aprirono le strade a un percorso impossibile. Dopo
aver battuto con quattro reti di scarto all’andata i lombardi, il ritorno
sembrava una formalità, e invece, nonostante due espulsioni e una serie infinita
di occasioni, il Real ci mise alle corde, ma ci pensò lui con la consueta sua
calma serafica a otto secondi dalla sirena a portare, sulle sue spalle la
squadra in serie A. Dettò il passaggio e lo andò a ricevere solo davanti al
portiere, tunnel, e apoteosi sotto la curva con tutta Asti ad abbracciarlo. Posso
garantire che nemmeno la vittoria del Milan a Barcellona (per inteso anche Cele
un fratello rossonero) mi ha dato tale emozione. Buona vita capitano e grazie
di tutto.
Per
meglio comprendere la situazione seguono alcune grafiche e le relative
didascalie:
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