venerdì 30 dicembre 2022

Vai Fernandez è .... tua

Se Maradona era genio e sregolatezza Edson Arantes do Nascimiento in arte Pelè sempre è stato soltanto genio, pioniere di un futbal bailado che, chi viaggia negli anta, ha saputo apprezzare tantissimo, dove l’invenzione era sempre a scapito della forza bruta e della velocità e ti permetteva di gustare azioni, tiri e palleggi che hanno fatto dell’arte pedatoria uno degli sport più conosciuti e amati al mondo. Al crepuscolo di questa annata, che ha mietuto vittime illustri anche tra gli sportivi, ultimo in ordine di tempo Sinisa Mihalovic, il Dio del calcio ha preteso a se anche quest’icona brasiliana che è stata il messaggero del futbal. Centinaia e migliaia i messaggi che hanno invaso la rete, ognuno con un ricordo, un peana, un pensiero perché in fin dei conti un personaggio di questo genere era una sorta di parente stretto, una figura insostituibile che abbiamo accanto. Un calciatore che ha attraversato gli assi sessanta portandosi a casa tre coppe del mondo: Svezia Cile e Messico, con l’ultima proprio soffiata all’Italia in quella finale in cui sovrastò quella roccia di Burgnich segnando una rete che sigillò il match a favore dei verdeoro. Di lui ricordiamo il sorriso e i mille e più paragoni per stabilire chi fosse il più grande, non preoccupatevi vinceva sempre lui, o quanti giocatori sono stati accostati a lui: eredi, emuli o semplicemente capaci di imitarlo. Lui però era inimitabile come quando diventò attore e nello stadio di Colombes a Parigi, a favore della telecamera di John Houston, segnò persino ai nazisti in rovesciata: Vai Fernandez è Tua …… fuga per la vittoria  


pubblicata su newsbiella

lunedì 26 dicembre 2022

Il Natale del 1942 nella valle di Arbuzovka


 Molti hanno scritto del clima di pace che si manifestò al primo Natale di Guerra sul fronte belga tra inglesi e tedeschi alla vigilia di Natale, una pagina epica anche un po’ romanzata. La supremazia dell’uomo sull’inutile stupidità della guerra. Un atto romantico che avvenne nei primi mesi di un conflitto che poi diventò sempre meno epico e più tetro, basta leggersi Remarque o guardare il film Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale. Però se si fa un passo avanti e si va verso il secondo conflitto mondiale, la soprattutto sul fronte orientale dove la guerra era sporca, cattiva e senza pietà i Natali avevano un sapore diverso. Lo sapevano senz’altro i militi della Celere della Torino e della Sforzesca che proprio tra il 21 e il 25 combatterono per uscire da una sacca che vive tantissimi caduti tra gli italiani dei 25.000 che li stavano aprendosi la via del ritorno in mezzo ai T34 ai mitragliatori russi, al gelo dell’inverno, spesso anche a mani nude quasi 21.00 rimasero su quelle bianche distese di Arbuzovka, soprannominata poi la valle della morte, spesso una fine orribile, la morte arrivava tra i cingoli dei carri armati, del tiro preciso dei russi, che dominava le alture di quella valle, una strage. Era il Natale del 1942. La brutalità di quelle zone del conflitto su cui in passato si sono sfidati e massacrati generazioni di soldati quella volta era toccata agli italiani

Il giornalista Gareth Jones e l'Holodomor


 

Nel pantheon dei giornalisti meritevoli di citazione per il loro lavoro, spesso non compreso merita una citazione Gareth Jones, gallese, che troviamo su tre eventi importanti degli anni trenta quelli che poi consegnarono all’Europa al secondo conflitto mondiale. Dapprima alla salita al potere di Adolf Hitler in Germania, fu uno dei pochi ammessi al seguito di un volo aero che condusse il Fuhrer a Francoforte e in tono profetico disse che se quel volo fosse caduto sarebbe cambiata la storia non solo della Germania ma dell’Europa. Poi entrò in Unione Sovietica e sfuggendo al controllo delle autorità fu autore di un reportage che testimoniò l’Holodomor la grande carestia indotta che sterminò milioni di ucraini, un vero e proprio genocidio. Gli articoli scritti da Jones con il proprio nome gli costarono l’ostracismo sovietico ma non furono tenuti nel dovuto conto da molte testate, compresa quella che aveva pubblicato il suo rapporto. E’ curioso come negli anni trenta molte situazioni, in germania, in russia e in molti altri paesi non vennero tenute nel dovuto conto, una maggiore accortezza avrebbe portato a meno lutti ma a un cambio deciso della storia. Jones tenta allora la via dell’Asia e va in Giappone anche qui interviste e pezzi non si contano ma viene catturato in Cina dai ribelli e finisce la sua vita colpito da tre proiettili non si capisce per mano di chi. C’è chi ipotizza che sia stata una vendetta russa, tanto in voga nell’epoca, un incidente, oppure altre motivazioni poco plausibili. Un giornalista Jones che amava fare il suo mestiere andando di persona a verificare la veridicità dei fatti, spiace che il suo rapporto sull’Ucraina non sia stato accolto dai media, la solidarietà all’Unione Sovietica era molto forte e di fatto questo influì l’opinione pubblica. Certo il tributo di sangue pagato dagli Ucraini spiega anche l’atavico odio che le due popolazioni riversano l’un l’altro, oltre 4 milioni di morti sono li a certificarlo  

domenica 25 dicembre 2022

Attila: l'erba non cresceva prima o dopo il suo passaggio? Il passato rivelato dagli anelli degli alberi ?? Ma per piacere

Va bene il politically correct, l’agenda 2030, l’ecosostenibilità e compagnia cantante, ma certificare la storia su supposizioni e su studi scientifici basati sui “dati raccolti dagli anelli degli alberi combinati con informazioni archeologiche e ambientali” mi sembra una follia. Lo studio redatto da due studiosi di Cambridge avrebbe certificato che le scorribande di Attila, il famoso flagello di Dio, sarebbero avvenute per colpa della siccità; insomma parafrasando quello che abbiamo sempre studiato e cioè dopo il suo passaggio non cresceva più l’erba, in realtà l’erba, quella dei prati, era già scomparsa prima. Ora basterebbe leggersi un po’ meglio la storia senza interpretare gli anelli degli alberi. Italia terra di scorribande lo era stata già ai tempi dei cimbri e dei teutoni nel 101, prima ancora di Brenno 390 e poi di Annibale, si andava non solo verso la terra più calda e ricca, ma anche per conquistarla militarmente e non perché spinti da chissà quali eventi climatici, si andava dove c’era la ricchezza, semplice no. A proposito di Attila forse gli studiosi non sapevano che, già a far data dal 439, era a libro paga dei vari imperatori romani che usavano le truppe unne per difendersi da altre popolazioni barbare, visigoti su tutte. Solo che gli accordi spesso non venivano rispettati e gli Unni, ma insieme a questa popolazione ve n’erano delle altre, facevano razzia e distruggevano tutto quello che incontravano, a casa di chi li aveva prezzolati. I visigoti e i romani poi si allearono e con il generale Ezio, romano, li bloccarono poi ai Campi Catalaunici e subito dopo in Italia, ma nella penisola Attila, che era superstizioso, fu fermato più che dal Papa da presagi e da un grosso esercito che stava arrivando alle sue spalle. Fu il global warming la causa scatenante degli Unni? No, semplicemente un continente che non avendo più un regno forte e coeso (Roma) diventò il centro delle dispute di una serie di popolazioni che cercavano il predominio. Longobardi, Franchi e poi Arabi queste le tappe successive con in mezzo la caduta formale dell’Impero Romano nel 476. Cosa c’entri in questo la siccità francamente è un mistero, certo ci furono stragi, anche stagioni aride e le malattie che mietevano migliaia di vittime, ma ininfluenti sul corso della storia geopolitica del nostro continente. Un’analisi più completa a volte è utile per evitare inutili stupidaggini       

giovedì 22 dicembre 2022

Al Palabrumar passa la Domus, troppi errori sottoporta degli Orange


 

Natale amaro per l’Orange Futsal Asti che nel turno infrasettimanale cade fra le mura amiche del Palabrumar contro la Domus Bresso al termine di una partita in cui gli errori non sono mancati. Più attenta la squadra lombarda ad approfittare dei momenti di difficoltà della squadra di Morellato. Un punteggio poi dilatato nel finale che però non rende giustizia della mole di occasioni, non sfruttate peraltro, da parte di Curallo e soci. Un primo tempo a doppia tinta in cui dapprima la squadra di casa ha stretto gli ospiti nella sua area e poi punita da due incursioni in cui Da Silva e la difesa hanno perso palloni mortiferi in area. Sul due a zero Morellato ha chiamato time out e il concione ha sortito effetti portando prima Ibra a dimezzare il divario e poi Tra Ramon, Curallo, Rasero e Mendes a sbagliare reti quasi fatte e in alcuni casi sventate dall’estremo difensore lombardo. Nemmeno la superiorità numerica per il doppio giallo a Di Biasi ha sortito effetto e, a inizio ripresa, gli errori commessi sotto porta hanno di fatto condannato gli Orange alla terza sconfitta casalinga, con la Domus che ha rimpinguato il bottino. Finale convulso con l’allenatore ospite che ha chiamato time out a 25 secondi dalla fine che ha suonato un po’ come una beffa per i padroni di casa, con conseguenti discussioni, poi subito sedate. Ora un po’ di serenità non guasta, occorre ritemprarsi e prepararsi bene perché alla ripresa ci sarà una trasferta proibitiva a Verona e li bisognerà mettere un’attenzione tripla.

martedì 20 dicembre 2022

Memories: quella volta con Ruud Gullit a Milano


 Pubblico quanto detto oggi in Chiesa a ricordo, un modo per salutarla per un ultima volta  

 Nel rivolgermi a voi contravvengo a una sua precisa richiesta, ma giuro che è l’ultima volta che le disubbidisco, e lo faccio, pur con la morte nel cuore perché quando hai convivere passi importanti hai voglia di condividere con amici, parenti e tutti voi che siete qui oggi un pensiero per Lei

Un’indole buona, un carattere dolce e una manualità incredibile che l’aveva portata all’età di dodici anni ad imparare un mestiere che poi aveva seguito per tutta la vita.

Maglie, maglioni gilet che a distanza di 30 anni sono ancora li patrimonio personale frutto di una incredibile capacità di costruire manufatti a regola d’arte. E se vogliamo anche un attaccamento a una terra che l’aveva accolta nel 1952 trasferita da quel luogo che aveva dato i natali a Virgilio e di cui andava fiera nei suoi racconti. Una fierezza ancora di più manifestata dal dna contadino che l’aveva generata e che ha custodito gelosamente.

Quanti racconti e quanta nostalgia di un tempo in cui l’economia domestica delle grandi famiglie contadine crescevano e prosperavano sfruttando al meglio i frutti della terra, quanti trucchi e quante sottigliezze mi hai e ci hai insegnato. Il tuo sogno era quello di avere un fazzoletto di terra in cui poterti rilassare e coltivare quelle poche cose che davano una dimensione domestica e di focolare; e questo impegno l’abbiamo sempre portato avanti, tranne quest’anno forse.

Mi hai insegnato la dimensione del lavoro, senza orari e senza inceppamenti, da vera partita iva, concedetemi questa licenza poetica, che non esistono cose impossibili ma solo tempi più lunghi di realizzazione ma che si riesce a finire sempre il tutto

Cercherò di portare avanti i tuoi insegnamenti e di trasmetterli mettendoci la stessa passione che mettevi tu in tutto quello che facevi, continuando la tradizione rossonera con cui abbiamo vissuto; tra esperienza negative, come la serie B, e successi in Champions (i festeggiamenti in auto con Fabio Sonia e il sottoscritto), con lo stesso stupore di quando quella volta a Milano in via Montenapoleone abbiamo incrociato Ruud Gullit con cui abbiamo scambiato due chiacchere e gli parlavi in mantovano stretto e lui annuiva (chissà cosa avrà inteso).  

Terminerò quella serie di racconti (ne hai letta e approvata una gran parte) che riguardano un momento importante della mia formazione e che abbiamo vissuto insieme, avrei dovuto farlo tempo fa, ma ho preso con te, proprio la settimana scorsa,  l’impegno di finirlo e sarà un piacere dedicarti questa fatica, un tempo perduto e lontano ma che probabilmente abbiamo vissuto con serenità e che ora guardo con tremenda nostalgia.

Eri una persona tranquilla e con gusti semplici Tu stessa amavi dire che hai vissuto bene da bimba nel mantovano, da ragazza qui nel biellese, soddisfatta come sposa e come madre e nonna lasciandomi come testamento di buoni sentimenti di essere sempre contenti di ciò che si ha e di guardare sempre al lato positivo delle cose che quando “as sera na porta as svers an porton.

Insomma tutto ciò per dire che c’è sempre un domani e in questo domani o metaverso che sia tu sarai sempre con noi.

sabato 17 dicembre 2022

Ciao Ma' saluta il Babbo

mi piace pensarvi così ora 
 

Il 17 non mi porta fortuna è anche questa volta devo dire che la legge che mi riguarda tiene fede. Te ne sei andata in una fredda giornata d’inverno al caldo di un reparto che è sinonimo di condanna (hospice) pur con tutte le amorevoli cure della famiglia e del reparto. Un calvario durato dodici anni contro la peste del secolo, prima al seno e poi alla colonna vertebrale. Hai sofferto ne sono sicuro, ma lo hai sempre fatto con dignità, senza pietire nulla, se non attenzione e condivisione. Mi macero al pensiero che avrei potuto fare di più, intervenire prima, ma la sensazione è che contro queste malattie la lotta sia quasi sempre persa. Gioie e ricadute, attese e speranze sfumate, delusioni e tentativi. E allora di fronte al tristo mietitore non rimane altro che il ricordo, fatto di attimi vissuti insieme, di esperienze e di emozioni condivise. Di gioie, se vuoi anche stupide, di una passione sfrenata per i colori rossoneri vissuta a San Siro, di una formazione culturale cresciuta e coltivata grazie anche a te. Eri la collezionista dei miei articoli, delle mie imprese televisive, pronta anche a bacchettarmi se qualcosa non era andata per il verso giusto. E con l’orgoglio della madre che custodiva dvd, scritti e libri. Mi rimane il rammarico di non aver terminato il libro dal titolo purtroppo profetico (tua madre è morta) dedicato al Collegio Dal Pozzo, ma ti ho promesso di portarlo a termine e ottempererò. Dentro di me rimangono i natali mantovani, qualche idioma, l’attaccamento alle origini (carbonara Po, i tortelli ecc) e i tanti racconti che mi hanno fatto amare la parte contadina della mia famiglia. Buon viaggio Ma saluta il Babbo.  

Asti Orange risorge contro Fenice. Prova convincente


 

L’Orange Futsal Asti risorge in casa dopo tre sconfitte consecutive a spese di Fenice Venezia. Una boccata d’ossigeno al termine di una partita in cui l’attenzione degli uomini di Morellato è stata infinitesimale. Bruciava ancora la sconfitta maturata a Schio contro l’Alto Vicentino, tra l’altro oggi corsaro contro la corrazzata Leonardo e così Curallo e compagni hanno messo subito massima attenzione e pressato in modo forte i veneti. Il primo squillo di Da Silva dopo sei minuti e poi in seguito a un’azione ubriacante di Ramon, che numeri tra l’altro per il numero 6 Orange, ha permesso a Montauro di segnare facilmente il due a zero. Di Rasero il comodo tap in sotto porta per un primo tempo a chiare tinte astigiane chiuso sul 3 a 0. Più decisa la partita degli ospiti nella ripresa, ma la difesa di casa ha sempre fatto buona guardia permettendo al “professor Curallo” di centrare tre legni consecutivi e sull’ultimo di marchiare il match. Con il portiere di movimento veneto Scavino e Ramon hanno arrotondato mentre di Martinez in mischia la rete della bandiera di una squadra che ha giocato a viso aperto ma ha pagato la giornata di grazia degli astigiani. Un girone d’andata che si chiude con 22 punti per la truppa di Morellato, meno di quelli che avrebbero meritato, ma per la fortuna e per qualche situazione favorevole in più si potrà passare all’incasso nel girone di ritorno

Orange vs Fenice 6 - 1 ( 3-0 pt)

primo tempo 6'11" Da Silva (o) 9'43" Montauro (o) 18'09" Rasero (o)

secondo tempo 7'30" Curallo (o) 10'17 Ramon (o) 12'36" Martinez (f) 13'57" Scavino (0)     

giovedì 15 dicembre 2022

Biella o tempora o mores

Fine anno tempo di classifiche, di sondaggi, per testare la qualità della vita, per le nostre aspettative per i nostri desiderata, una sorta di oroscopo che certifichi la qualità del posto in cui noi viviamo. Tutto ciò è diventata l’attesa di amministrazioni pubbliche, di giornalisti, di associazioni e anche di gente comune pronta a confrontare il luogo avito con l’erba del vicino in una sorta di gara a chi vive meglio.

Mi ricorda tanto il professore di scienze del liceo quando parlava della scienza del pollo quella che, se uno disponeva di due polli e un'altra persona ne era privo, ai sensi della statistica ognuno disponeva di un pollo a testa barando sul concetto di proprietà. E tutto sommato anche questi sondaggi demoscopici non sono da meno. Vanno presi a piccole dosi, anche divertendosi nel leggere i dati e cifre guardando il tutto come consiglierebbe l’imperatore Marco Aurelio che a proposito del presente e dei dati affermava: tutto dipende da come lo interpreti.

Il 65 posto del nostro territorio lo pone appena un gradino più alto di Alessandria penultima delle città piemontesi e con un ranking sotto la metà del paese. Ora posso ipotizzare che magari realtà come Bologna e Trento siano sicuramente più godibili di Biella, ma Sondrio, che non mi sembra il Carnevale di Rio, 50 posizioni sopra di noi sembra persino eccessivo.

E così leggendo i dati si scopre che Biella è il paradiso degli estorsori, una sorta di enclave presumo di malfattori, così come di cocainomani o fumatori incalliti di erba, però non dediti al furto a strappo, e vabbè non si può essere competenti in tutto. Sicuramente non un paese per giovani, ma sai che novità, dove però le start up hanno presa, vecchi alchimisti?? Non troppi delitti informatici, una tesi suffragata dalla mancanza di banda larga e non potrebbe essere altrimenti, se non c’è la domanda non può esserci l’offerta, e udite udite l’inflazione che tocca poco i prodotti alimentari e bevande non alcoliche, insomma una gioia per gli amanti della coca cola come il sottoscritto.

Dobbiamo preoccuparci di queste cifre ? Direi di no, queste classifiche vanno prese come uno strumento per analizzare i flussi e per tornare al filosofo imperatore Marco Aurelio usando le sue parole: “esprimi gratitudine per quello che hai e impegnati a migliorare senza guardare le classifiche - le ultime tre parole le ho aggiunte io, non sono filosofo ma credo possa tornare utile. (uscita su newsbiella)

Ultimo minuto fatale all'Orange

 

Niente da fare la trasferta rimane un tabù per questa stagione per l’Orange Futsal Asti, certo è che mai come in questa occasione l’opportunità è svanita sui titoli di coda. Una partita in cui per larghi tratti, pur con tutte le assenze: Ramon, Tropiano, Vitellaro, Rasero e Rivella (praticamente un quintetto base) la squadra sospinta dai suoi giovani ha ben figurato arrivando a un minuto dalla fine meritatamente in vantaggio. Una partita in salita con Epp che indovina il tiro da lontano e poi Curallo che impatta subito. Un primo tempo che si chiude con la bella rete di Da Silva che supera con un pallonetto Massafra al termine di una bella azione corale. Tizzano, Montauro, Francalanci con Solaro in porta è la linea giovane di Asti che non sfigura e anzi affronta la gara con personalità. Certo ancora qualche sbavatura come all’inizio del secondo tempo quando Epp ancora lui buca la difesa dopo soli 14 secondi e ancora sotto di due reti la squadra di Morellato ha il merito di crederci e di ribaltare il tutto. Peccato per Juanfran e il minuto finale: una vittoria sarebbe stata importante, un punto ancora di più. Ma per questi giovani e per questo Orange prima o poi il vento girerà e si potrà raccogliere quanto seminato, speriamo già sabato e mercoledì prossimo in casa, il nostro fortino. Per le trasferta ne parliamo nel 2023  


mercoledì 14 dicembre 2022

L'impossibilità di essere Adani


 foto virgilio

 Tutto procedeva tranquillo con la nazionale fuori dagli schemi, le partite dei gironi, poi è scoppiata la febbre lasciati da parte i temi etici si è concentrati sull’arte pedatoria, Giappine che maramaldeggia con i tedeschi, serbi che escono, spagnoli che cozzano contro Ceuta (reminiscenze storiche) e poi lui il vate delle telecronache impossibili, il costruttore di sillogismi impensabili, l’adoratore del re sole, pardon della pulce al secolo Lele Adani. Una scarna carriera pedatoria persa in provincia tra Ascoli, Brescia e un paio di stagioni all’Inter, la presenza in nazionale agli inizi del 2000 e una carriera di aiuto allenatore. Ma è nell’etere che acquisisce credibilità partecipando a Sportitalia e a trasmissioni di Bobo Vieri fino a di ventare opinionista sky e ora della tv di stato. La vittoria contro il tottenham lo scatena e ne certifica la frase “la garra charrua” con cui definisce l’impresa di Vecino che porta la seconda squadra di Milano a vincere il match al 92. Qui al mondiale si trascina come tifoso sfegatato dell’albiceleste, il guaio è che ha creato un personaggio e lo alimenta partita dopo partita in modo pesante tale da indispettire il pubblico. Ora due le soluzioni o si guarda la partita modalità mute, oppure la Rai mette un telecronista al pari livello di Adani tanto da far diventare la telecronaca un reply di quello sudamericano, in tutti e due i casi ci guadagna l’audience, provare per credere  

 

 


domenica 11 dicembre 2022

Chi vincerà ? un paio di suggestioni ma ovviamente noi


Quando la Macedonia ci eliminò dalla fase finale del Mondiale scorsero fiumi di polemiche e parole sui viziati del calcio, è un mantra che ritorna ogniqualvolta si sbaglia una partita, mentre poco più di un anno prima eravamo tutti nelle piazze a inneggiare allo spirito di corpo di una nazione che si ritrova sotto il bandierone. Da it’s coming home a we stay at home fu un attimo. Dopodichè spuntarono i soliti cliché contro il mondo pedatorio, il calcio dei ricchi, gli arabi, il mondiale comprato a dicembre, gli sfruttati e gli oppressi, di godibile vi erano solo cronache di Jack O Malley sul foglio che da buon inglese sbeffeggiava gli stereotipi che sentivamo quotidianamente. Il mondiale è iniziato in sordina e poi, come vaticinava il buon Vujadin Boskov “io penso che per segnare bisogna tirare in porta” succede che il Giappone elimina la Germania e li si scatenano i boomer in ricordo della loro gioventù per Holly e Benjj e il mondiale prende tutta un'altra piega. Potenti contro Parvenu è il nuovo mantra è così tutti a favore nell’ordine di Costa Rica, Senegal e ovviamente Marocco. Ogni partita vissuta nell’attesa di un atto che scavalli la logica pedatoria e così ci troviamo con quattro nazionali alle semifinali in cui abbiamo un qualcosa di italico. Se vincerà il Marocco sarebbe l’apoteosi (ma no maxischermi per cortesia) perché le comunità di origine sono numerose e ci piace stare dalla parte dei poveri (non comunicate però quant’è lo stipendio di Ziyech o di Hackimi potrebbe turbare i sogni della gente comune), se vince l’Argentina in fin dei conti tutti noi abbiamo un parente o un avo che è emigrato nel Mar della Plata, se vince la Croazia in fin dei conti sono simpatici, ideatori della cravatta e hanno stile e poi c’è Modric l’essenza del calcio, se vince la Francia a parte i giocatori che militano nel campionato italiano in fin dei conti sono i cugini, sono multietnici…… beh se è una delle altre forse è meglio. In ogni caso il Mondiale ha svolto il suo compito quello di essere una kermesse sportiva sulla bocca di tutti o no? questo è il classico principio del marketing e come al solito noi ne facciamo parte (pubblicata su newsbiella 11/12/22)

Zyech vs Mbappe, Marocco vs Francia. La vera storia della guerra del Rif


Come potete immaginare la storia ci riporta sempre su episodi del passato che possono richiamare eventi del presente. Il calcio ci propone una sfida inedita e carica di passione, sportiva si intende, tra Francia e Marocco e a me sovviene la lotta di inizio secolo scorso tra le potenze europee e i figli d’africa, e la figura di Mulay Ahmad el Raysuni a cui John Milius si ispirò per la figura di El Raisuli interpretato magnificamente da quel uomo fascinoso di Sean Connery per un film di grande presa e che per chi è un boomer ha rappresentato un momento di crescita adolescenziale. La guerra del Rif fu effettivamente combattuta tra i berberi del Rif la parte collinare del Marocco e la Spagna e proprio gli spagnoli subendo una cocente sconfitta in quel di Annual nel 1921 diedero il via alla sollevazione popolare che portò la Francia a portare aiuto agli spagnoli, nell’ipotesi che il vento rivoluzionario avrebbe potuto intaccare anche i possedimenti oltremare francesi. Una guerra lunga sei anni che fini nel 1926 che vide Francia e Spagna impegnare truppe quattro volte superiori per avere ragioni dei berberi e che nel 1924 proprio gli spagnoli usarono le bombe con il cosiddetto gas mostarda, bombardamenti chimici, in barba alla Società delle Nazioni, che invece condannerà gli italiani che fecero lo stesso utilizzo 12 anni dopo in Etiopia. Il Maracco troverò la sua compiutezza politica nell’immediato dopoguerra e dopo altro tempo riprenderà anche i possedimenti di quello che era chiamato il Sahara spagnolo Ora a distanza di tanti anni la sfida si trasferirà sul campo di calcio Zyech (Raisuli) contro M’bappè (Lyautey) chi vincerà ?

 

sabato 10 dicembre 2022

Una partita da dimenticare


Una partita rovinata da un arbitraggio incomprensibile che ha mandato fuori campo Ramon per un fallo immaginario, viste e riviste le immagini proprio non spiegano le motivazioni del rosso diretto al forte giocatore Orange. Un episodio che ha fatto svoltare la gara a favore del Pordenone bravo a ottimizzare le situazioni e a portarsi a casa una vittoria quando forse il risultato più giusto sarebbe stato il pareggio. I padroni di casa sono partiti bene e con Curallo sono andati in vantaggio ripresi solo a sei secondi dalla sirena da Chtiqui, un primo tempo vivace ben giocato da entrambe le squadre. Da Silva ha messo la freccia per gli Orange a inizio ripresa e poi è cominciato lo show in negativo della terna, un’ammonizione a Tizzano incomprensibile e un numero di falli in aumento, l’espulsione affrettata del giocatore del Pordenone, ammonizioni a caso e il fattaccio su Ramon che ha, purtroppo per i padroni di casa, indirizzato il match. Nel frattempo per uno scontro di gioco ha subito un duro colpo Tropiano costretto a uscire e dopo il pareggio in superiorità numerica su un’azione estemporanea l’attacco del Pordenone ha trovato il pertugio giusto per infilare la difesa Orange e portarsi in vantaggio. L’utilizzo del power play non ha sortito alcun effetto e così a festeggiare sono stati gli ospiti. Non c’è tempo però per recriminare troppo perché il turno infrasettimanale impone subito un’attenzione alta mancherà Ramon ma torna Scavino  

Orange vs Pordenone 2 – 3 ( 1 -1 pt)

Marcatori:

Primo tempo 4’ Curallo (o) 1954” Chtiqui (P)

 Secondo tempo 5’ Da Silva (0) 11’ Stendler (p) 16’54 Chtiqui (P)

Qui vincit non est victor nisi victus fatetur


 

Il rispetto innanzitutto se c’è un elemento che ti insegnano quando fai sport è che devi superare i tuoi limiti ma mai deridere l’avversario, se lo fai questo è un atteggiamento perdente, nel senso che ti senti inferiore non superiore. Abbiamo citazioni infinite di vittorie e di sensazioni che vanno vissute per se stessi mai deridendo e sbeffeggiando chi gareggia con te. Perché quello che stai provando tu magari la prossima volta può essere il tuo avversario a irridere e tu come ti sentiresti ? C’è un bel motto che gli opliti amavano incidere sul proprio gambale e che è piu di una filosofia: “qui vincit non est victor nisi victus fatetur” colui che vince non può ritenersi tale se il vinto non lo riconosce. E i Romani sono durati millenni. Ma qui si trattava di onore e di rispetto quello che in una competizione ci dovrebbe essere, ecco se proprio devo dire magari visto che amano i tatuaggi i calciatori argentini potrebbero farselo scrivere sul proprio corpo a lettere cubitali ci sarebbe da imparare  

giovedì 8 dicembre 2022

Ah les Italians - il furto della Gioconda


 

 

Nella notte tra il 20 e il 21 agosto del 1911 al Louvre un fatto di cronaca sconvolse il Museo del Louvre, venne infatti trafugato il dipinto che tutti conosciamo come la Gioconda, un furto non di poco conto. La scomparsa venne denunciata 24 ore dopo perché spesso i dipinti venivano portati per brevi lavori fuori dalla loro posizione originale. I sospetti si appuntarono sul poeta Apollinaire, arrestato e poi in seguito rilasciato ma anche su Picasso e visto il periodo storico anche la Germania venne velatamente accusata di aver compiuto un furto di stato (in fin dei conti l’affaire Dreyfuss non era passato da molto). La realtà era molto più semplice tale Vincenzo Peruggia, artigiano, che aveva montato la teca in vetro dell’opera l’aveva sottratta nottetempo, e poi tolta dall’intelaiatura se la mise sotto un indumento prese un taxi e si volatilizzò. Di fatto soggiornando in un hotel parigino, l’opera rimase per 28 mesi in suo possesso, in una valigia di cartone sotto al letto. Peruggia la riportò in Italia a Luino. Nel 1913 si recò a Firenze per venderla a un antiquario fiorentino, l’avrebbe voluta agli Uffizi, e chiese solo per le spese 500.000 lire praticamente 260 euro (direi a buon mercato). L’antiquario capì che non si trattava di un falso e denunciò il tutto alla polizia che rintracciò e arrestò l’uomo. Un processo che appassionò l’opinione pubblica, il Peruggia venne dichiarato mentalmente minorato e questo giustificò una pena esigua di sette mesi. Accorata la sua difesa voleva restituire l’opera ai suoi legittimi proprietari gli italiani ma questo gli valse solo qualche simpatia. Si arruolò nell’esercito fece la prima guerra mondiale e fu catturato dagli austriaci dopo Caporetto. Finita la guerra torno in Francia dove li morì nel 1925, non prima di aver verificato che il suo furto accelerò il mito e la grandezza della Gioconda. Roba da farci un film perché no?

martedì 6 dicembre 2022

il 7 dicembre 1895 l'Amba Alagi quando il piemontese Toselli


 

L’Amba Alagi è un acrocoro etiope praticamente una sorta di postazione che domina la vallata circostante e in grado di essere difesa contro forze nemiche superiori. Nelle varie guerre coloniali l’Amba Alagi diventa un punto fisso, una sorta di luogo storico in cui si sono combattute battaglie decisive. Se il 7 dicembre gli americani lo ricordano per Pearl Harbour per noi italiani vuol dire Toselli, 1895, e una sconfitta cruenta costata la perdita di 39 connazionali e oltre 2000 ascari e irregolari, che subirono l’attacco da oltre 30.000 etiopi, che di fatto segnò la guerra tra Etiopia e Italia culminata nella disfatta successiva di Adua del 1 marzo 1896. Ultimi arrivati nella corsa alle colonie l’Italia dovette giocare una partita su un fronte impervio, difficile e del tutto scomodo contro popolazioni orgogliose della loro libertà e nel caso etiope anche decisamente organizzate con eserciti numerosi e dotate anche di armi moderne. Una cattiva gestione militare frutto anche di differenti vedute fece il resto portando le truppe coloniali a subire sconfitte che furono amplificate anche molto da un clima ostile e contrario. Adua costò agli italiani 3000 vittime le altre erano truppe coloniali, ma fu più lo schiaffo morale. A differenza degli inglesi e del rovescio che subirono dagli zulu (armati di lance) a Isaldwina, l’onta della sconfitta divenne un marchio di ignominia che portò anche alla caduta del governo, mentre i soldati della “perfida albione” riuscirono a sovvertire il corso della guerra. L’italia dovette aspettare così 40 anni per lavare quell’onta e detto per inciso non riuscì nemmeno bene    

Ode al Capitano. Quegli ultimi otto secondi


  

Non sono solito alle agiografie ne ai coccodrilli a maggior ragione nel mondo sportivo, ma questa volta faccio un eccezione, per il capitano, al secolo Antonio Celentano con cui ho avuto modo di condividere diverse stagioni. Coriaceo e duro nelle marcature difensive, sempre pronto ad anticipare l’avversario e dotato, soprattutto sui calci d’angolo di una castagna imprendibile. Nel bar del Palabrumar si può vedere una vecchia immagine Orange di un successo in cui proprio lui sorride, beh, un’icona, quasi impossibile, per uno che difficilmente sa sorridere sul campo, sempre preciso e puntuale e mai sbruffone. Amici e avversari ne tessono le lodi, ma lui non ti ha mai fatto pesare nulla, anche nella rottura di scatole delle interviste post partita, quando, di solito, si parla con il capitano a fronte di una sconfitta o di una prestazione non eccellente. Insomma in poche parole un uomo vero. Tra i ricordi che serberò a lungo, per emozioni e feste, non posso non ricordare la trasferta a Cornaredo, sotto le spoglie del città di Asti, contro una squadra che si chiamava Real e che incuteva paura. Quell’anno un campionato altalenante ma poi i play off magicamente aprirono le strade a un percorso impossibile. Dopo aver battuto con quattro reti di scarto all’andata i lombardi, il ritorno sembrava una formalità, e invece, nonostante due espulsioni e una serie infinita di occasioni, il Real ci mise alle corde, ma ci pensò lui con la consueta sua calma serafica a otto secondi dalla sirena a portare, sulle sue spalle la squadra in serie A. Dettò il passaggio e lo andò a ricevere solo davanti al portiere, tunnel, e apoteosi sotto la curva con tutta Asti ad abbracciarlo. Posso garantire che nemmeno la vittoria del Milan a Barcellona (per inteso anche Cele un fratello rossonero) mi ha dato tale emozione. Buona vita capitano e grazie di tutto.   

Per meglio comprendere la situazione seguono alcune grafiche e le relative didascalie:

domenica 4 dicembre 2022

Una storia che non sia faziosa ma reale


 

Che il ricordo della storia e del passato stia diventando sempre più un mantra per cercare di trovare risposte del presente è un dato di fatto, ma che si utilizzi il resoconto della storia di alcuni momenti della seconda guerra mondiale come scontro di due tipologie di genere (destra vs sinistra) francamente mi sembra esagerato. Il mio professore all’università, con cui mi sono poi laureato, era un maniaco dell’utilizzo delle fonti, e ne aveva ben donde, la storia è data da una sequenza di dati reali che hanno costituito un percorso chiaro e lineare. Le interpretazioni invece sono soggettive dello storico che le analizza, ma se lo studioso vuole compiere uno studio coerente dovrebbe sempre attenersi alla realtà e non andare su ricostruzioni spesso artificiose che nulla aggiungono se non addirittura mistificano lo stesso percorso. Dico questo perché mi sono recentemente imbattuto in una dichiarazione fatta da uno studioso che ha stabilito come il reduce dalla Russia fosse di sinistra e quello da El Alamein invece retaggio della destra, un po’ la stessa retorica usata per gli arditi della prima guerra mondiale che dovrebbero in teoria, secondo alcuni storici, essere retaggio dei primi raggruppamenti fascisti; niente di più falso. Proprio l’elenco di chi partecipò agli eventi della prima guerra mondiale, spesso, non seguì nel biennio successivo l’eversione di destra, anzi erano più i socialisti o coloro che avevano retaggio nelle formazioni di sinistra ad aver preso parte ai gruppi di assalto. Quanto poi all’accusa ai reduci della ritirata e dalla prigionia in Unione Sovietica basterebbe ricordare le lezioni e le filippiche di Fidia Gambetti, Cesare Correnti e Edoardo D’onofrio, i commissari politici comunisti dei campi di prigionia per ipotizzare che chi uscì dagli oltre 165 gulag l’unico elemento che avrebbe odiato in modo forte e chiaro era proprio quella parte politica. Ne si può ipotizzare per i reduci della Folgore un radioso presente e un passato legato al motto di “credere obbedire e combattere”. Questi uomini lottarono nel deserto per la loro vita contro forze soverchianti maledicendo chi li aveva mandati in Egitto a conquistare la spada dell’Islam. Questa voglia continua di massificare o di creare dei clichè ha portato a comprendere sempre meno la nostra storia patria, fatta di uomini e di azioni e non di fazioni, ribadisco sempre che uno studio preciso, scevro da influenze politiche, forse potrebbe farci fare la pace con il nostro turbolento passato e trarre magari da esso le giuste opportunità per programmare il nostro futuro. Abbiamo così tanti esempi illuminati, di statisti, di condottieri, di uomini e di donne che hanno dato tanto al nostro paese. Dall’alto di migliaia di anni di storia i nostri avi ci guardano meritiamoceli     

Ancora una trasferta negativa per gli Orange


 

Quel ramo del lago di Como l’incipit della madre di tutti i romanzi non porta fortuna all’Orange Asti costretta a tornare a casa per la quinta volta consecutiva senza punti dalle trasferte in campionato. Gli Orange si presentano a Lecco senza Ramon squalificato e con Vitellaro e Ibra ancora ai box. Una patita quella del primo tempo in cui la squadra di Morellato ha giocato bene trovando spazi e perfette sincronie in grado di mettere apprensione alla difesa lombarda. Anche due legni scheggiati fanno parte del bottino mentre a parte un paio di conclusioni di Hartingh e Mattoboni, Tropiano non ha mai corso pericoli. Sul finale del tempo gli episodi decisivi prima da Silva viene contrato in attacco sulla ripartenza Hartingh in scivolata, nonostante il ripiegamento di Curallo riesce a segnare e dall’altra parte ancora Da Silva c’entra un incrocio che farebbe imprecare anche Don Abbondio. Nella ripresa dopo venti secondi la rete di Ferri vero e proprio sliding doors del match, perché dopo la segnatura non esiste più partita. C’è tempo solo per appuntare le altre reti per il 5 a 0 finale e l’espulsione di Scavino reo di aver fermato con le mani una conclusione a notta sicura. Per ritrovare la sicurezza bisogna tornare al Palabrumar sabato prossimo contro Pordenone

 

Lecco vs Orange 5 0 ( 1-0 pt)

Marcatori: 2 Hartingh e Yamoul e 1 Ferri

Ammoniti Mendes, Hartingh, Ferri, De Donato

Espulso Scavino

Contro la Corrazzata Reggio Emilia si lotta fino alla fine

  Si andava in casa della capolista contro un gruppo che non ha mai perso e ha solo concesso un pareggio nelle partite precedenti. L’abbiam...