Nell’asettico Collegio il bar era il
punto di ritrovo di molti di noi, un passaggio obbligato, e non solo per l’acquisto
di derrate, stuzzichini e bibite, ma anche per ritrovarsi e per fare gruppo. Era
la santabarbara in cui distrarsi, il primo luogo che vedevi la mattina,
l’ultimo in cui ti distraevi prima di andare in camera dopo cena. Era
posizionato sul fondo del lungo corridoio alla fine di tutte le aule didattiche
in cui si suddivideva il collegio, confinava proprio con la settima, la madre
di tutte le aule, quella usata per i buchi d’ora e gli esami a fine corso, quella
del tutti dentro appassionatamente.
Posizionato sotto gli armadietti luogo in cui
ogni convittore disponeva di uno spazio in cui depositare i propri libri e tribunale
punitivo quando venivi convocato dai “vecchi”. Quando questo avveniva salivi
quelle scale con il groppo in gola e con i sudori freddi che percorrevano la
tua schiena, in attesa dell’estremo giudizio, quasi mai benevolo. Sotto la
scala un portone in ferro chiuso, e di cui pochi avevano le chiavi, si apriva
alle sette di mattina, il suono di una macchinetta ciclico faceva presagire la
concessione della colazione (te o cioccolata a seconda dei gusti). Il nostro
precettore, dopo averci svegliato con metodi spicci, guai a dormire a pancia in
su, si rischiavano le gonadi, ci attendeva, pronto a salutarci ad uno a uno in
un intercalare unico e monotono per muoverci e stimolarci alla giornata
Ma svegliarsi alla prima campanella
non era mai facile, alle sette e venti suonava per la seconda e ultima volta la
scellerata sirena e toccava fare tutto di fretta, l’acqua freddissima che
bagnava la faccia suggeriva ai ritardatari della camerata una corsa veloce,
perché i tempi, anche per la colazione, così come le brioche, erano contati e a
meno venti, quando suonava la campanella per l’ultima volta prima della scuola,
non c’era più spazio per i ritardatari.
Le derrate erano sempre quelle, ma i
convittori non protestavano mai, era una piacevole routine. Dopodiché spazio
allo studio il bar riapriva solo dopo pranzo, alle due, ed era l’occasione per
bivaccare, leggere giornali sfatti, cazzeggi vari sulle improbabili panche,
l’immancabile flipper e poi il jukebox (che ne sanno i 2000) canzoni vecchie e
ripetute all’infinito, ma una su tutte la più gettonata, quella dei Tears for
Fears, Mad World, quando si dice il destino cinico e beffardo. Un florilegio di
musica dura e al tempo stesso coinvolgente Rolling Stones, Iron Maiden e tante
altre canzoni icone della nostra frustrazione e della prigionia. Rimaneva la
bellezza del mezzo che ci riconciliava con il modo esterno e ci dava una
parvenza di tranquillità. Ogni tanto qualcuno tentava qualche confidenziale
musica italiana ma veniva cazziato e sbeffeggiato in malo modo, rischiando
pesanti sanzioni. L’arredamento del luogo era minimalista, lunghe panche in
legno flipper, jukebox, tavolini e l’immancabile
bancone, una sorta di confine che però non era precluso a tutti.
Ma il clou del bar era dopo cena, un
vero e proprio ricettacolo (una sorta di bar di guerre stellari ante litteram)
di incontri, di giochi e di cazzeggi della durata di un’oretta, l’ultima ora
d’aria prima del ritorno alle camere, poi chi voleva rimaneva a studio, chi
invece non se la sentiva di stare chino sui libri tornava in camera.
Una volta complice anche la rottura
di un vetro piccolo, sopra la porta ai “vecchi” venne in mente di trovare una
cavia, ovviamente un nuovo convittore, che andasse a recuperare le provviste li
depositate, l’esperimento ebbe luogo e naturalmente i committenti beneficiarono
di questa inattesa fortuna, ma fu più il gioco e la bravata che non il cospicuo
bottino, ovviamente tutti sapevano ma nessuno disse nulla, erano i cosiddetti
segreti e storie da raccontare epopea di un mito, quello del Collegio.
E allora torna ancora in mente anche
un ‘altra delle hit single del periodo che echeggiava dal juke box Peter
Shilling Major Tom Vollig Logsgelost : “nothing left to chance - all is working - trying to relax -up in the
capsule (niente è lasciato al caso, tutto funziona, cerca di rilassarti sei in
una capsula). One, two three, four ….. eh Già.
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