Mi piace ricordare quando giovane
studente universitario a Milano, avendo preso in affitto un alloggio in Via
Sottocorno 7 mi ero fatto installare un telefono per rimanere in contatto con
il mondo e il numero che mi avevano dato era appartenuto in precedenza all’ufficio
stampa dell’Inter. La prima telefonata che ricevetti fu quella di Bruno Pizzul,
sembrava una telecronaca, e li per li fui interdetto; la seconda di Gianni Mura
con il quale intrattenni una breve conversazione, con il giornalista che al mio
primo diniego del numero sbagliato, disse magari Lei sarà milanista, ecco aveva
proprio centrato il punto. Una voce scavata, scultorea e una capacità di
mettere della vera poesia nel calcio. Discepolo di Brera, di cui
inconsapevolmente aveva preso l’eredità con la cultura del Giuanin e con la
verve ironica di Beppe Viola. Con lui scompare un)a categoria di giornalisti
sportivi di classe cresciuti con la televisione ma che erano e sono rimasti dei
giornalisti di penna sopraffini e dotti. Piacevoli da leggere e mai sopra le
righe, tifosi nel profondo ma senza mai darlo a vedere, goderecci e al tempo
stesso di palato fine. Insomma un lusso che oggigiorno non possiamo
permettercelo in un mondo perennemente percorso dalla velocità che ci fa
perdere la bellezza della lentezza e di saper assaporare anche un frutto così
incontrovertibile come lo sport.
Ci
sono quei giorni che è impossibile dimenticare e poi c’è tutto il resto, che
passa e che è tutto un costruire, un crescere, sbagliare, e pensare e fare un
passetto in avanti, e poi tornare indietro, sbagliare strada, fare una salita,
e una discesa, una salita, e una discesa. (cit- Gianni Mura)
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