martedì 3 marzo 2020

Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza


Sono decisamente sobbalzato sulla sedia quando a margine di un post su facebook dedicato alla politica (beninteso non mi interessa difendere un partito rispetto a un altro) è stata usata un immagine di soldati che avevano combattuto la prima guerra mondiale ma che sono stati identificati come italiani (in realtà erano inglesi). Sarebbe bastato dare un occhiata alla divisa, rigorosamente anni 1917 – tra l’altro è appena uscito il film, che dipinge per bene scenograficamente proprio la Grande Guerra. Oggi nella vasta platea di internet si trova di tutto ma spesso molte cose vengono usate a sproposito, manca una cultura solida di base che spieghi o che faccia innamorare del nostro passato. Mi chiedo ad esempio come icone di quel periodo, penso a Enrico Toti (non l’attaccante della Roma che ha appeso le scarpe al chiodo) a Damiano Chiesa, Cesare Battisti (il patriota impiccato a Trento non il leader dei Pac) a Fabio Filzi,  luoghi simbolo della guerra come il Monte Sabotino, del Podgora di Gorizia o eventi come la Strafexpedition , oppure la Beffa di Buccari siano conosciuti nelle nostre giovani generazioni. Persone, miti che meriterebbero di essere conosciuti al meglio e studiati perché proprio loro contengono i prodromi della nostra Italia. E invece nel vaniloquio culturale e anche del mondo dell’insegnamento il passato rappresenta sempre un inutile orpello e una materia sotto – utilizzata. Non è questione di date o di numeri è proprio la capacità di capire attraverso letture studi e anche interessi momenti di vita quotidiana. Nel decennale della morte di Alberto Ronchey eminente giornalista già ministro dei Beni Culturali sarebbe bello pensare a un futuro migliore per la nostra cultura

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