sabato 23 novembre 2019

j'accuse molto più di una storia



Ci sono storie che meritano di essere raccontate e che non hanno tempo perché nei temi e nella cronologia degli eventi sono di grande attualità. Non sfugge allo spettatore che un evento del 1894 è stato raccontato in modo perfetto, con grande sensibilità sia nella sceneggiatura che nella fotografia che nell’allocare nel giusto contesto storico quell’evento che segnò in maniera indelebile la Francia di fine secolo. Era una repubblica che aveva patito oltre misura la disfatta contro la Prussia del 1871. Al di là dell’Alsazia e La Lorena persa era in gioco la grandeur dei pantaloni rossi e la classe militare francese era decisamente invecchiata male. Trovare un capro espiatorio una scusa era quasi una necessità per coprire l’incapacità che sarebbe risultata in tutta la sua evidenza anche durante il primo conflitto mondiale. Se poi il capro espiatorio era ebreo ancora meglio, l’antisemitismo latente in quasi tutti gli stati era una ghiotta opportunità. In una società così ingessata la buona prova di un militare tutto d’un pezzo come Picquart e di uno scrittore come Zola fecero il resto, scalfirono quella patina e decretarono, pur con una tempistica lenta ed eterna, la giusta verità. Fu un caso, fu la storia, Polanski l’ha raccontata nella sua interezza e nella sua semplicità ed ha realizzato un piccolo capolavoro che dovrebbe essere proiettato a scuola su come raccontare la storia. Varrebbe più di mille lezioni

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