venerdì 19 dicembre 2025

Quella volta che Stalin disse io a differenza dello zar Alessandro mi sono fermato a Berlino


Nella discussione pubblica ricompare spesso l’idea che l’Europa non riesca a “contenere” la Russia, e qualcuno ironizza dicendo che se non ci riuscirono Napoleone e Hitler, difficilmente potrà riuscirci l’Unione Europea di oggi. Ma questa visione semplicistica ignora un elemento fondamentale: la Russia ha costruito per secoli la propria identità politica intorno a una logica di espansione territoriale che va condannata, non interpretata come un dato naturale della storia.

Da Pietro il Grande in avanti, l’espansione è stata un tratto permanente: a ovest, premendo sui confini europei; a sud, contro l’Impero Ottomano; a est, senza limiti. Nel 1856 la Russia sfidò Francia e Inghilterra in Crimea per imporre la propria influenza sul Mar Nero; nel 1878, dopo la guerra russo-turca, cercò di ridisegnare a proprio vantaggio l’intero equilibrio dei Balcani; nel Novecento aggredì Finlandia, Polonia e Paesi Baltici, sempre con lo stesso obiettivo: ottenere “profondità strategica” trasformando i vicini in territori subordinati. Questa mentalità non si è mai dissolta. Alla Conferenza di Potsdam del 1945 Stalin ironizzò dicendo: “io mi sono fermato a Berlino, lo zar Alessandro arrivò fino a Parigi”, come se la misurazione della potenza russa dovesse calcolarsi in chilometri di conquiste. Non era solo una battuta: era la rivendicazione di una cultura politica che interpreta sicurezza e prestigio come dominio su altri popoli.

E ciò che preoccupa maggiormente è che questa mentalità non è scomparsa con l’Unione Sovietica. Dopo il 1991, ci fu una breve fase di apertura, ma negli ultimi vent’anni la Russia ha ripreso una linea sempre più aggressiva: Georgia 2008, Crimea 2014, destabilizzazione dell’Ucraina orientale, fino all’invasione su larga scala del 2022. L’idea che Mosca abbia diritto a una propria “sfera d’influenza” è tornata a essere il motore della sua politica estera. L’Europa di oggi non può accettare questa logica. L’Unione Europea non è “debole” perché non risponde con la forza militare di Napoleone o Hitler: è semplicemente una comunità che rifiuta l’idea stessa di guerra come strumento di espansione. Ma proprio per questo deve essere ancora più ferma nel difendere il diritto internazionale, la sovranità degli Stati e il principio che nessun impero del passato può decidere chi debba vivere sotto la sua influenza.

Contrastare la Russia non significa imitarla; significa impedire che il XXI secolo venga riscritto secondo le logiche imperiali del XVIII. La condanna della sua politica espansionistica deve essere chiara, esplicita e non negoziabile.

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