Ho seguito per un intera stagione
la serie A di basket dapprima come cronista per le partite di Biella sia in
casa che in trasferta per Repubblica e Basketinside e poi come suol dirsi dopo
aver visto le final eight di Torino mi è sembrato doveroso chiudere l’esperienza
di un campionato seguendo anche i play off. Partite dure con poco riposo tra un
gioco e l’altro, 24 ore e poco più, fisico provato e scarsa lucidità, ma come l’NBA
insegna è la bellezza di questo sport che concentra emozioni e sport in un condensato
di quaranta minuti, uno diverso dall’altro. Ho avuto modo di incontrare la
bellezza del basket veneziano, il
quintetto delle meraviglie di Pesaro, la leggerezza di Sassari, la varietà di
soluzioni di Milano, la difesa di Cantù, il tiro dal perimetro di Varese e poi
Siena, lo strapotere dei toscani può essere messo in discussione sulla singola partita in
cui tutto è possibile diventa impenetrabile nelle serie e nei campionati. Una
partita si può sbagliare, una serie no. Andersen stratosferico nella parte
centrale della stagione, Maccaleb sempre. Però, però mi son stufato di un
campionato dove il copione è sempre lo stesso, dove ai campioni è anche
concesso tutto, a Stonerook di stoppare spesso in maniera discutibile e al
coach Pianigiani, lo stesso della nazionale, di dire e commentare tutto al
limite del tecnico. Mi piacerebbe ma forse piacerebbe anche ai tifosi della
palla a spicchi più imprevedibilità forse magari ci sarebbe più pubblico
disposto a seguirlo il basket, quando ci sono cannibali quando il copione è già
scritto difficile catturare attenzione. Mi auguro che il prossimo sia il
campionato delle sorprese e dei cambiamenti al di là di Teramo che parte ad
handicap, che le scarpette rosse possano tornare a volare, che Pesaro possa
dire la sua e che oltre a Sassari ci siano altre sorprese, la partigianeria
imporrebbe Biella e ne sarei ovviamente
felicissimo
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