Lo confesso non sono un militare di carriera e ho fatto l’obiettore, quindi in teoria dovrei aborrire armi e tutto ciò che è grigioverde. Invece ieri ero presente alla cerimonia di saluto degli alpini che partivano per la missione in Afghanistan in rappresentanza dell’Istituto Storico di Varallo. Saluto sobrio in piena salsa militare, fanfara, plotoni schierati, ascolto dei discorsi dei comandanti. Devo dire che l’evento mi ha emozionato e non solo per l’inno nazionale, ma per la meticolosa preparazione, per la vita di caserma, per un ruolo e un lavoro che è sicuramente pericoloso. Immaginavo vedendo la sfilata altri alpini, quelli della ritirata di Russia, immersi nel gelo della steppa e nelle trame perigliose di una guerra non voluta e subita ma gestita con assoluta dignità. Il calore del gruppo, i bivacchi, ma anche la disponibilità di un corpo unanimemente riconosciuto come uno dei migliori al Mondo. Posso interrogarmi politicamente sull’utilità di un servizio in un paese difficile, refrattario non solo alla dominazione straniera ma anche alla sola presenza (chiedere a Inglesi russi e americani per referenze dal 1876 ad oggi) ma non si può discutere la competenza dei nostri ragazzi. Qualità unita a simpatia una specialità prettamente alpina.
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