martedì 5 gennaio 2021

Comunicare la sconfitta. Noi italiani non siamo proprio in grado


 

La storia dell’uomo è piena di momenti e di date che vengono ricordate e tramandate ai posteri come momenti fondanti, episodi che alle volte cambiano il corso della storia e altre volte ne definiscono i contorni. Nell’800 al di là della lotta per la supremazia continentale che vide scontrarsi imperi centenari come quello austriaco e russo con potenze di nuovo conio come la Germania e l’Italia ci fu la corsa ai domini oltremare. Ultima arrivata alla spartizione dei domini oltremare l’Italia andò a incancrenirsi nel Corno d’Africa, mentre Francia e Inghilterra invece furono decisamente più attive su tutto il continente. Alle potenze continentali sembrava fosse sufficiente mandare qualche battaglione di soldati con le armi più moderne per avere ragione di quelli che consideravano selvaggi e, invece, tutti incapparono in sonore e brucianti sconfitte. Il 1 marzo 1896 per l’Italia avvenne quella più cocente, ad Adua, un vero disastro. Eppure le truppe coloniali italiani si erano ben comportate in Eritrea, contro il Mahdi, un fanatico Bin Landen dell’800 a kassala e in altri teatri e scontri. Adua rappresentò un’onta difficilmente cancellabile, eppure se si guarda la storia degli inglesi i rovesci subiti dai soldati della Regina, in quel caso Vittoria, non furono meno clamorosi di quello italico. Isandlwana nel 1879 contro gli zulù, oppure Khartoum nel 1884/1885 con l’uccisione di Gordon Pascià ad opera dei fanatici islamici (ma guarda un deja vu), ma anche la guerra anglo boera, sono stati tutti episodi che dimostrano come i soldati britannici abbiano avuto anche loro vicissitudini negative. C’è una differenza sostanziale però noi le sconfitte le viviamo male, la ricerca del colpevole con il ritiro immediato abbandonando la posizione acquisita, gli inglesi, invece, con pazienza hanno sempre minimizzato e si sono preparati alla rivincita in poco tempo. Tutta una questione anche di comunicazione, come dimostrato anche nella seconda guerra mondiale con l’operazione Dynamo a Dunkirk. Un disastro epocale per l’esercito inglese, a fronte di 338.000 soldati salvati, i britannici persero tutta l’artiglieria, la sussistenza, un’armata completamente distrutta con la nazione in balia di una probabile e futura invasione. Eppure nell’ora più buia, come celebrato da un film didascalico su Wiston Churchill, nella difficoltà più nera fu una brillante comunicazione a infondere coraggio e dare le giuste motivazioni a una squadra, un popolo che sembrava in balia della disperazione. Noi italiani dovremmo imparare da questi atteggiamenti, sarebbe stato utile in passato e avremmo evitato tanti sbagli, ma potrebbe diventare anche un utile strumento per il futuro perché come diceva sempre Churchill: “Nella guerra, determinazione; nella sconfitta, resistenza; nella vittoria, magnanimità; nella pace benevolenza”, a cui aggiungerei nella comunicazione lungimiranza

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