“Quando Stalingrado cadrà, tu lo sentirai e lo
leggerai, e allora saprai che io non ritornerò. Ti prego, non dimenticarmi
troppo presto” è una delle ultime lettere che vengono spedite dai
tedeschi nel gennaio del 1943 a casa. Il carnaio che si è consumato nella città
adagiata sul Volga è stato terribile. Una battaglia aspra casa per casa è stata
decisiva nell’economia della seconda guerra mondiale. Uno scontro durato mesi e
che ha visto morire centinaia di migliaia di uomini da una parte e dall’altra.
Se già la guerra è di per se uno scontro brutale, come ricordava lo storico Hillgruber,
la guerra ad est era puro annientamento, la vita umana non aveva un valore:
soldati feriti schiacciati con i carri armati oppure lasciati a morire di freddo
a temperature polari. Decine e decine di divisioni scomparvero nel nulla
tedesche e russe e, poco più a nord, migliaia di rumeni, ungheresi e italiani
subirono la stessa fine. Von Paulus accettò di resistere per settimane,
ingannato dalle false promesse del Furher, di improbabili aiuti e così,
condannò più di 250.000 soldati tedeschi. Alla fine di quella giornata del 31
gennaio erano rimasti solo in 90.000 e furono tutti mandati nelle retrovie con
le marce del davai, che toccarono anche ai prigionieri italiani. Di questi
90.000 tornarono in patria a fine guerra solo in 5.000, un’altra tragedia nella
tragedia. Tra tutte le trasposizioni cinematografiche quella realizzata dai
tedeschi nel 1993 è forse quella più fedele, lontana dagli spettacolarismi di Bondarciuk
e che consiglio di vedere.
https://www.youtube.com/watch?v=bN6bfVJmhbc
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