Ha fatto un gran discutere una
delle ultime scoperte a Pompei il Thermopolio, una sorta di fast food romano in
cui gli antichi fuori casa si recavano per mangiare, l’atto decorativo, i cibi
ancora li depositati raccolti in quel mese di agosto/ottobre in cui la città fu
seppellita per tramandarla ai posteri e conoscere usi e costumi di una società
lontana. E allora così sovviene pensare come all’alba del 79 d.c. nel farsi i
cosiddetti auguri di fine anno si comportassero gli antichi. Gli auguri erano
presi molto seriamente dai romani ed erano di doppia valenza, sia privata che
pubblica. L'arte degli auguri era chiamata augùrio o auspìcio.
L'àugure, come insegna, aveva
un bastone ricurvo a forma di punto interrogativo: il lituo (in fin dei conti il futuro era sempre incerto). Stessa
importanza avevano i segni (i signa) inviati dagli dei e che dovevano essere
interpretati c’erano quelli provenienti dal cielo (fulmini, saette) quelli
proferiti da animali (quadrupedi e rettili) e poi quelli utili alla battaglia
(i polli sacri che a seconda di quanto mangiavano predicevano vittorie difficili
oppure grandi trionfi. Insomma l’arte della predizione ha sempre suscitato
grande interesse. Chissà il primo di gennaio del 79 quali erano le aspettative
alla falde del Vesuvio?
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