(foto focus calcio)
Ho letto e sono rimasto un po’
sconcertato dall’intervista rilasciata dal nostro allenatore il cui cognome fa
poco fede al suo significato estremo. Siamo a un livello addirittura grottesco,
quando nell’agosto di quattro anni fa prese la squadra con i poderosi innesti
di giocatori di prestigio l’obiettivo era chiaro e semplice: vincere, pur con
qualche patema riuscimmo nell’impresa, e merito di quella vittoria deve essere
ascritto sicuramente anche ai suoi dettami. Ma era una squadra che aveva in
Ibra il suo terminale offensivo, un Thiago Silva insuperabile in difesa. Il
successo contro l’Inter di Gasperini ne fu il canto del cigno. Uno scudetto successivamente
dilapidato a vantaggio della Juve di Conte, una serie di cessioni da far
rabbrividire, un involuzione del gioco, una serie di difetti tattici (caterve
di goal presi su colpi di testa; amnesie collettive sui calci da fermo).
Inoltre negli ultimi due anni gli appuntamenti importanti contro le grandi
squadre hanno riservato delusioni a ripetizione. Sentirsi ora dire che voleva
diventare l’allenatore della seconda stella, oltre che rappresentare uno sfottò
per gli amanti del bel calcio suona come una sorta di atto autocelebrativo
fuori luogo. Prendiamo atto che abbiamo avuto un allenatore non all’altezza, ma
ripartiamo ed evitiamo di scomodare tabelle che a gennaio hanno sempre visto
risollevare la squadra. Salviamoci più in fretta che possiamo e onoriamo le
coppe, tutto li, e poi ci penserà Clarence a risollevare gli umori, sempre che
ci sia la volontà della società. Intanto salutiamo Ariedo Braida un po’ di
meriti degli ultimi successi rossoneri sono anche suoi e forse avrebbe dovuto
essere salutato in ben altro modo, invece il suo saluto è passato un po’ troppo
sotto silenzio. Ma questo è un anno disgraziato. E intanto Ronaldinho ha vinto
il Pallone d’Oro sudamericano.
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