Se
il 1920 è stato anche per il nostro Piemonte l’anno dell’epidemia della
Spagnola in una pandemia che ha colpito moltissimi paesi se torniamo indietro
di un ulteriore secolo nel 1820 e 1821 dopo la restaurazione del congresso di
Vienna anche nel nostro piccolo abbiamo contribuito a creare delle turbolenze
di natura politica, la prima ribellione avvenuta dopo Napoleone. Questo era in
nuce il primo vagito della futura nazione italiana infatti da tempo in Piemonte, e in particolare a Torino, alcuni gruppi, di idee borghesi e liberali, avevano coltivato l'idea di una campagna militare, che avrebbe
dovuto essere guidata dal re di
Sardegna Vittorio Emanuele I di Savoia, allo scopo di liberare i territori italiani dalla dominazione
straniera, ma in realtà il Re era di tutt’altro avviso, e quindi gli insorti
cercarono un altro appoggio e lo trovarono in Carlo
Alberto di Savoia, principe di Carignano. Il giovane Savoia era stato infatti l'unico esponente della
famiglia sabauda ad esprimere la propria solidarietà agli universitari torinesi
che, nel gennaio 1821, avevano organizzato contro l'Austria una manifestazione pacifica e liberale. Santorre di
Santa Rosa, uno dei principali esponenti dell'organizzazione
dei moti, si incontrò spesso segretamente con il giovane principe di Casa
Savoia per definire la data e le modalità della ribellione insieme ad esponenti
dell’esercito regio. Il 6 marzo 1821 Santorre e alcuni generali si riunirono nella biblioteca del
principe, insieme allo stesso Carlo Alberto, per organizzare nei dettagli
l'impresa. Carlo Alberto mostrò improvvisamente alcuni tentennamenti, soprattutto
sull’intenzione di dichiarare guerra all'Austria. Tuttavia Carlo Alberto lasciò intendere il suo appoggio, e per
questo motivo Santorre e i suoi associati fecero pervenire il messaggio di
prossimo inizio della rivolta ai reparti militari di Alessandria, che, il 10 marzo, diedero inizio all'insurrezione issando la
bandiera tricolore per la prima volta nella storia risorgimentale presso
la Cittadella di Alessandria seguiti subito dopo dai presidi di Vercelli e Torino. Vittorio Emanuele il re in carica abdicò e lascio il trono a
suo fratello Carlo Felice il quale intimo al giovane rampollo della casa di
raggiungere Novara, dove andava formandosi l'esercito contro rivoluzionario. La
Costituzione concessa nei primi giorni di rivolta, venne revocata da Carlo
Felice appena insediatosi e di fatto costrinse Carlo Alberto a rinnegare la sua
partecipazione. Nella notte del 22 marzo, mentre alcuni, tra cui lo stesso
Santa Rosa, annunciavano una prossima guerra contro l'Austria, Carlo Alberto
fuggì segretamente a Novara abbandonando gli insorti al loro destino. Privi di
un appoggio, i costituzionali decisero di sciogliersi. Inoltre giunsero a
Torino, come supporto all'esercito regio, plotoni austriaci che inflissero una
pesante sconfitta ai costituzionali: il neonato governo cadde dopo neppure due
mesi e il sogno dei rivoluzionari si infranse Carlo Alberto avrebbe dovuto
aspettare altri 27 anni per dichiarare guerra all’Austria
lunedì 29 giugno 2020
giusto due secoli fa i primi moti in Piemonte
mercoledì 24 giugno 2020
Prati infiniti a San Siro
Io non credo alle coincidenze ma la vittoria del Milan
a Lecce per 4 a 1 nel giorno della dipartita di Pierino Prati ha una sua
logica. Il richiamo alla notte del 1969 dove Pierino la Peste mise a segno una
tripletta da favola contro quella squadra che poi sarebbe diventata leggenda
nei primi anni 70, l’Ajax di Cruiff. Prati non era un attaccante era l’attaccante
per antonomasia, pettinatura alla Beatles e periodo in cui i parastinchi non
erano stati ancora inventati. Era il periodo della gioventù, era il periodo d’oro
del golden boy, di Rivera che lanciava spesso e volentieri il Basletta ma che
aveva Prati il suo terminale offensivo. Era un calcio in cui, post 1966 non vi
era grande spazio per gli stranieri, in cui i campioni crescevano in casa e che
in nuce avrebbe creato i prodromi della vittoria mondiale del 1982. Era il
periodo in cui proprio alla fine degli anni settanta il Milan stava cercando di
inanellare lo scudetto della stella, sfuggita per ben due anni di fila tra il
1972 e il 1973. Era un calcio d’altri tempi in cui da piccolo tifoso si gioia
per quella maglia con le strisce sottili a colori rossoneri e in cui gli
alfieri dell’attacco si chiamavano Prati, Chiarugi e poi infine Calloni, lo
sciagurato Egidio
domenica 21 giugno 2020
un secolo fa il Quinto Governo Giolitti
Un secolo fa un anziano ma molto perspicace piemontese che
rispondeva al nome di Giovanni Giolitti, cuneese si apprestava a governare per
un anno in un periodo di grande difficoltà sia interne che esterne. L’impresa
di Fiume e di D’annunzio metteva ovviamente in difficoltà il Governo italiano,
così come le innumerevoli violenze e scioperi perpetrate in quello che gli
storici hanno poi ribattezzato il Biennio rosso. Periodo di grandi mutamenti la
guerra pur se vittoriosa aveva lasciato molto strascichi. Le finanze dello
stato versavano in cattive acque e il politico piemontese propose un prelievo
fiscale che avrebbe introdotto la progressività delle imposte. Si trattava di
legge che garantiva una certa equità e che permise soprattutto all’inizio di
guardare con un certo ottimismo. Si gravava sui più abbiente, venne introdotto
la tassa di successione, sui titoli azionari e sui profitti di guerra- Giolitti
fu anche in grado di risolvere la questione fiumana e siglò il trattato di
Rapallo nel novembre del 1920, trattato che dichiarava la città libera e portò
in dote al nostro paese Zara. Sottovalutò forse la violenza delle squadre
fasciste e le loro azioni o per lo meno pensò di poter riassorbire all’interno
del sistema democratico tutte le pulsioni di violenza ma qui purtroppo non
tenne conto nè del periodo ne nell’evoluzione delle lotte. Nel 1922 gli fu
preferito Facta, aveva avuto il veto dei popolari di don Sturzo solamente perché
al Vaticano non era piaciuta l’azione fiscale sui titoli azionari, sarebbe
stato curioso vedere l’azione di Giolitti durante la marcia su Roma, lui
avrebbe fatto come Facta ? oppure come contro Fiume e D’annunzio avrebbe
mandato l’esercitò per risolvere la questione ? Durante il dibattito
parlamentare diede la fiducia al primo governo Mussolini ai socialisti che esortavano
lo statista piemontese alla "coerenza con i principi democratici". replicò:
"Il Parlamento ha il governo che si merita... ah, voi socialisti! Proprio
voi oggi non potete parlare di coerenza. Ve l'ho detto, ve l'ho scritto e oggi
ve lo ripeto: non avete avuto coraggio e per questo non siete andati al
governo".
venerdì 19 giugno 2020
L'Unità d'Italia avviene grazie a Plon Plon
Come al solito il futuro delle nazioni non si decide sui
campi di battaglia, ma spesso e volentieri, è il frutto di incontri, di
confronti, di matrimoni e di buone prassi. Non è da meno il destino della
nostra patria. Cavour aveva capito, così come Vittorio Emanuele, che una
nazione piccola come il Piemonte non poteva avere chance con un nemico potente
come l’Austria, ma doveva necessariamente stringere rapporti di alleanza
sfruttando le altre potenze europee. La partecipazione alla Guerra di Crimea e
il Congresso di Parigi avevano di fatto posto il Piemonte sotto il protettorato
francese e inglese e prima di arrivare a Plombieres dove sarebbe stato siglato
l’accordo che avrebbe portato al 1859 e alla vittoria franco piemontese. Ci fu
uno stretto lavoro di intelligence e di scambi. Nigra inviato a Parigi nel
maggio del 1858 aprì la strada alla presenza del dottor Conneau, consigliere di
Napoleone ed esperto in relazioni internazionali e congiure, lo stesso si
recherà a Torino alla fine di quel mese e di fatto porterà l’invito per Cavour
a recarsi alla stazione termale. Cavour prese il treno il 20 luglio e affittò
una stanza da un farmacista tale Gentilhomme, nascondendo di fatto la sua
identità, all’epoca non si viaggiava certo con la scorta. Napoleone III invece
arrivò in pompa magna con il suo cocchio reale trascinato da due splendidi
cavalli americani. Il primo ministro italiano salì quindi sul carro con
Napoleone e andarono nel vallone selvaggio di Herival dove tratteggiarono il
futuro dell’alleanza che comprendeva anche il matrimonio tra Clotilde, figlia
di Vittorio Emanuele II, con il Principe Napoleone Giuseppe Carlo Paolo,
ribattezzato anche Plon Plon per via dei suoi precedenti e per l’aspetto non
propriamente da adone, ma lo stesso cugino di Napoleone III. Alla fine
dell’incontro Cavour scrisse al generale Lamarmora affermando che se il Re
accondiscendeva al matrimonio allora forse entro un paio di anni il biellese
sarebbe entrato in pompa magna alla testa delle sue truppe a Vienna. Cavour non
fu facile profeta, in effetti la Francia aiuto il Piemonte ma solo la Lombardia
venne liberata, il Veneto rimase ancora per qualche anno sotto l’egida
austriaca, mentre Vienna rimase un tabù per l’esercito italiano sia per
Lamarmora che anche per Cadorna durante la prima guerra mondiale, ma questa è
un'altra storia
Storia d'Italia o Bignami ?
Su Montanelli hanno scritto in tanti, troppi forse,
sviscerando tesi antitesi e sintesi come nella migliore tradizione di facebook
la vera università che laurea, psicologi, virologi e storici di primo piano.
Non voglio entrare nel merito della questione coloniale, ognuno ha le sue tesi
e le difende come meglio crede e difficilmente un articolo o un pensiero
possono scalfire certezze granitiche. Ma mi sento di intervenire su un
particolare quello legato alla produzione storica di libri e saggi. Leggo fior
di commenti da parte di scrittori e storici di primo pelo che per loro la Storia
d’Italia viene consegnata ai posteri con le stimmate di un bignami. Evidentemente
non hanno mai letto quel testo perché è tutto tranne che un bignami, ovverosia
un riassunto raffazzonato adatto per studenti ignoranti e in credito di
preparazione. Ha uno stile graffiante, non erudito ma intelligente pronto a
sbeffeggiare i potenti. In nuce segue uno stile che poi diventerà virale con i vari
Barbero e Piero Angela. Aneddoti che trasportano la storia e la attualizzano
rendendola godibile oltre che leggibile e probabilmente attrae anche chi la
legge e che la può contestualizzare nel presente. Contro tale lettura si
schiera, con la grancassa, una certa retorica di sinistra pronta a sminuire il
valore della scrittura del giornalista. Ma in fin dei conti questo è sempre
stato un odio reciproco tra il toscanaccio e l’intellighentia di area e credo
che a questo punto lui ne sia anche rinfrancato, gli ultimi anni in cui era
stato eletto a icona di una certa area, solo perché contro Berlusconi lo
avevano svilito. Ora tutto torna
domenica 14 giugno 2020
Una firma una storia: le penne aurora
Alzi la mano chi non ha preso una volta tra le proprie dita
un Aurora, e con essa abbia immortalato la propria carriera scolastica oppure,
meglio ancora, siglato un contratto, un testo, e magari preso appunti su un
taccuino sgangherato, nel caso come il sottoscritto faccia un mestiere legato
al racconto di storie. Ebbene 101 anni fa e precisamente il 10 giugno 1919
nasceva alla fine della prima guerra mondiale in piena pandemia spagnola la
Fabbrica Italiana di Penne a serbatoio Aurora. L’iniziativa riesce grazie al
genio mecenate e imprenditoriale di Isaia Levi, finanziere sensibile
all’esigenza di dare alla produzione strumenti di scrittura un carattere di
avanguardia tecnologica e formale. Il primo nucleo si avvale di quattro dipendenti
ma questi sono destinati a crescere nel tempo e saranno già 53 nel 1929 di cui
5 orefici e 10 tornitori. Tra l’altro se passate da Torino andate a vedere la mostra
degli strumenti antichi della fabbrica vale la pensa di fare un tuffo nel
passato del design del Made in Piemonte, un percorso unico di cui vi
innamorerete, le penne a serbatoio sono viste come oggetti di perfezione
tecnologica. Nel 1947 esce l’Aurora 88, prima penna stilografica con design
firmato (Marcello Nizzoli), successivamente nel 1954 con la stilografica Duo
Cart viene insignita del Compasso d’Oro e la Sele penna a sfera realizzata con
materie plastiche. L’innovazione viene portata ai massimi livelli nel 1970 con
la stilografica Hastil crea una nuova tipologia presto imitata dagli altri produttori
mondiali. E che Torino sia un modello da seguire lo si vede dal fatto che
proprio i modelli: Hastil e Thesi, sono permanentemente esposti al Moma di New
York nel dipartimento di industrial design. Nel 1986 nasce Kona una penna a
forma di tronco di cono con scanalatura a colonna dorica rifinita in titanio e
oro. Il resto è storia recente come i festeggiamenti realizzati nel mese di
giugno dello scorso anno che hanno sancito il centenario di un marchio che a
ben dire rappresenta la storia della nostra industria
mercoledì 10 giugno 2020
L'iconoclastia italica mette alla gogna Montanelli
Mi sto seriamente chiedendo se questo virus oltre alla lunga sequela
di lutti abbia trasformato anche i neuroni in testa alle persone. L’ultima
follia è la distruzione di simboli e statue come se questi fossero baluardi di
chissà quale potere dittatoriale, presumo a breve l’assalto a musei e a
distruzione degli stessi perché contengono vestigia del passato che non dobbiamo
più rimembrare. E se la statua di Cristoforo Colombo paga per l’omicidio di
Lyod, povero genovese ma che colpa ne ha, in Italia abbiamo gli emuli che chiedono
a gran voce la rimozione della statua di Indro Montanelli a Milano per il suo
passato in Africa. Avendo conosciuto il maestro di giornalismo credo che lui
stesso non avrebbe certo apprezzato una statua in suo onore, schivo com’era di
natura e molto poco autocelebrativo. Il suo giornale anticonformista e la sua
penna arguta erano ineguagliabili e i suoi fondi una vera e propria lezione di
giornalismo. Chi sbraita ora contro di lui dovrebbe per decenza, e a volte
anche pudicizia, cercare, se ne è capace, leggere i suoi scritti, quelli che
ammantavano il quotidiano di Milano o la sua ponderosa Storia d’Italia Chissà quale
sarebbe stato il titolo dell’ultimo capitolo, ironico com’era il buon Indro da
Fucecchio avrebbe realizzato l’Italia dei Sentinelli
martedì 9 giugno 2020
Churchill chi era costui: razzista o statista ?
Mi ha fatto sorridere, ma lo ammetto era un sorriso amaro l’articolo
in cui si parlava delle proteste inglesi culminate con l’imbrattatura della statua
di Churchill in cui allo statista britannico è stato affibbiato l’appellativo poco
lusinghiero di razzista. Ma al di là dello sfregio come sempre poco educato, ho
dovuto sorbirmi un florilegio di critiche contro l’uomo col sigaro da una
pletora di ignoranti (nel senso letterale che ignorano la storia) che via via
lo hanno identificato per una serie di nefandezze storico-politiche. Ora
nemmeno il buon Winston ha mai preteso di essere celebrato quale padre della
patria, era piuttosto un pragmatico che ha avuto anche lui i suoi successi e
insuccessi. Gallipoli fu forse il suo smacco più duro, con inglesi e
australiani uccisi a migliaia sui Bosforo in un’impresa di cui non si comprese
mai la reale necessità, ma indubbiamente a lui si deve la resistenza inglese
contro il nazifascismo e tanto basta. Invece a leggere le critiche emerge una
vena sadica nei confronti delle popolazioni tedesche con bombardamenti indiscriminati
(era la guerra e i primi bombardamenti sanguinosi furono quelli tedeschi – Coventry
ricorda nulla?) sfruttamento delle
colonie, certo era nel Dna inglese e nel 1940 Churchill aveva ben altri
problemi che affamare una parte delle colonie, preso in mezzo da tedeschi e
giapponesi. Voleva salvare Mussolini, probabilmente si, non gli dispiaceva la
teatralità del Duce, non sopportava i russi, assolutamente già a Yalta vennero
fuori i primi screzi sulla futura divisione delle sfere d’influenza
continentale. Insomma un personaggio che ha fatto la storia nella sua epoca ma
i cui pregi superano ampiamente i difetti. A tal proposito consigli un libro di
Marcello Flores che esce giovedì “cttiva memoria” in cui come recita il
sottotitolo troppi storici accettano di operare come esperti al servizio di una
causa. Un commento che la dice lunga sull’uso distorto del passato e come
direbbe lui stesso “ho gusti semplici scelgo solo il meglio”.
domenica 7 giugno 2020
quelli che la mascherina la mettono ..... sullo specchietto
Da qualche settimana si è tornati a calcare le strade del
Piemonte con una certa continuità, ma se durante il lockdown gli incontri erano
radi e le strade scorrevoli, con il rompete le righe si sono rimessi in circolo
un nugolo di piloti, che chiamare tale è una vera e propria bestemmia. Sembra
che questo virus abbia veramente compromesso le capacità di guida di un sacco
di gente. Ci sono casi di persone che guidano perennemente in mezzo alla strada,
impedendo sorpassi con manovre avventate, quando va bene, rallentando o accelerando
in modo scomposto. Non è da meno il parcheggio quasi sempre effettuato a
discapito degli altri avventori, costretti a girovagare alla ricerca di altri
lidi quando spesso con una manovra il malcapitato si appropria di due posti
invece che di uno solo. Se l’uomo col cappello era un must, ora le categorie si
sono elevate e quadruplicate. Insomma una giungla con in più una vera chicca:
la mascherina posizionata modello arbre magique sullo specchietto retrovisore,
un vero inno alla sanificazione, un modello del degrado pandemico. Aiuto
Quando a Sordevolo si rappresentava il Giudizio Universale
Quest’anno come sempre accade, ogni cinque anni a Sordevolo,
un paesino del biellese che si abbarbica sulle colline della Valle Elvo, a
pochi chilometri dal capoluogo laniero, sarebbe dovuta andare in scena la Sacra
rappresentazione della Passione di Cristo. Ma come successo per tantissimi
eventi, causa la pandemia legata al Covid 19, è stata fatta slittare. Si tratta
di una rappresentazione popolare che coinvolge gran parte degli abitanti di
questo paese e che ormai è diventata una pietra miliare della stessa provincia
di Biella, tanto da diventare una vera e prorpia attrazione turistica. Ma, come
sempre scartabellando il passato, è venuto fuori che già nel 1895 avveniva
nello stesso luogo un'altra performance teatrale, si trattava del Giudizio
Universale messa in scena dalla Società Operaia alpina di Sordevolo. Leggendo
il manifesto si scopre come sono diversi e con ruoli ben precisi coloro che vi
prendono parte e farà la chiusa la premiazione dei Giusti e la condanna dei
Reprobi con l’effetto scenico del Paradiso e dell’Inferno. Le rappresentazioni
teatrali del Giudizio Universale risalgono al 1100 e lo schema è sempre lo
stesso Satana liberato si serve dell’Anticristo per sedurre il mondo. La morte
dell’anticristo, la fine del Mondo e il Giudizio Universale sono le tappe
obbligate. In Piemonte differenti furono le versioni tante e vero che nel 1896
lo stesso Costantino Nigra scrisse un libro. Fa sorridere pensare alle cronache
dell’epoca in cui la figura dell’Anticristo doveva risultare per linguaggio
atteggiamento e abiti antipatica agli spettatori che gioivano naturalmente alla
dipartita della figura e come recitava l’Arcangelo Gabriele in chiusura delle
piece teatrale: struggetevi gridate e sospirate: urlate maledetti e
bestemmiate, ma quali disperati voi siete, tali per sempre e per sempre sarete.
Insomma un finale da tregenda mentre la Sacra rappresentazione in voga oggi ha
toni assolutamente diversi, l’ultima volta che venne realizzata a Sordevolo fu
realizzata nel 2015 e venne collegata all’Expo
L'inizio della fine - 80 anni fa l'Italia stava per entrare in guerra
Da Palazzo Venezia
ottanta anni fa in queste ore si prendeva la decisione più dura e drammatica
per gli italiani l’entrata in guerra ma come la vedeva il Commander in Chief ?
7 giugno: le cronache dei giornali, dai vari corrispondenti dicono
che le truppe inglesi si sono imbarcate in fretta e in furia da Dunquerke per
sfuggire alla cattura, hanno lasciato centinaia di camion di pezzi semoventi,
di fucili, di mitragliatori e si sono letteralmente buttati a mare, i tedeschi
sono stati troppo buoni li hanno lasciati ritirare. Nelle stesse ore sta
succedendo lo stesso a Narvik in Norvegia, anche li gli inglesi si ritirano,
proprio vero che i tedeschi sono proprio forti e determinati. E noi? qua se non
ci sbrighiamo arriviamo tardi e non ci rimane più nulla. La Francia quanto
resisterà, ore, giorni, settimane? finalmente a quei mangiarane viene data una
bella lezione. Cosa potrei ottenere, compensi territoriali cose me ne faccio ?
risorse, forse ? Prestigio, quello si, non sarò come il Reich ma probabilmente
in un consesso mondiale potrei diventare influente e magari …. Certo Balbo non
è d’accordo ma in fin dei conti lui è stato sempre dalla parte degli inglesi,
tutti quegli onori a lui, anche la copertina di Time, ma chi si crede d’essere.
Il momento è quello giusto qualche scaramuccia, qualche battaglia e di fatto
sarò determinante nel futuro scacchiere. Magari potrei crearmi una sfera d’influenza
nel Mediterraneo con Inghilterra fuori gioco, rimane la Grecia, ma i generali
mi dicono che non dovrebbe essere un problema. Adesso bisogna radunare il
popolo e fare una dichiarazione roboante che porti consenso e decisione, un
incipit eroico: “ l’ora delle decisioni irrevocabili è giunta ….. l’attacco mi
sembra buono; adesso la finisco “
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