Alle cinque della sera, tempo
infausto delle notizie che possono sconvolgere il mondo, inizia la triste saga
della fine di un amore che forse non era smisurato, che ha fatto fatica a
decollare e che è finito senza lasciare ulteriore strascico in quella casa che
doveva invece sancire un mondo indivisibile: il bambino che amava una squadra,
che era finito per caso con quella della sponda opposta e che alla fine era
approdato in quella che avrebbe e doveva essere il suo porto definitivo. Un
personaggio Mario che a dispetto della sua maglietta celebrativa “Why always me”
ha fatto di tutto per ricoprire più un immagine mediatica che sportiva. Un
campione dalle doti esplosive fisiche e tecniche ma che spesso e volentieri non
riesce a dominare i suoi eccessi. Sia in campo che soprattutto fuori dello
stesso. I suoi tweet, le sue foto, i suoi atteggiamenti sempre fuori dalle righe
ne hanno fatto un modello negativo a prescindere. Vederlo dalla tribune vagare
senza voglia sul campo, pronto spesso a fare scena era uno spettacolo triste.
Il tifoso però perdonava tutto per un suo guizzo e per un suo numero. Ma i mesi
e le bizze e le intemperanze più estreme lo hanno allontanato da quello che era
il suo naturale approdo e adesso, sotto la sapiente regia del pizzaiolo più
pagato al mondo, a servire la Kop, una delle curve più calde della Premier
League. Sarà ancora una volta amore a prima vista, ma la speranza è che
l’eterno ragazzo riesca a crescere sereno in un ambiente che, pur perdonando
tante cose, si attende molto da lui. Che la sua anima inquieta possa avere
finalmente pace e che riesca soprattutto a stare in pace con se stesso. L’età
comincia a essere quella della ragione. Goodbye Mario.
venerdì 22 agosto 2014
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