lunedì 6 luglio 2020

Ma quanto riso si può coltivare: le disposizioni, gli editti e le leggi



Vercelli terra di riso da sempre deve la sua fortuna economica a questa coltura ma non tutto è stato facile, soprattutto in tempi antichi, c’è stato un periodo infatti in cui la coltivazione ha rischiato di essere messa all’indice per un problema ecologico. Verso la fine del 1400 la coltivazione si era estesa in gran parte della pianura padana. Il Medioevo aveva trasformato la pianura in acquitrini, ma Principi e Ordini religiosi (in modo particolare i cistercensi) si erano dati da fare per estenderla prima in Lombardia poi nel novarese, nel vercellese e infine nella zona di Saluzzo presso l’abbazia della Staffarda. Le zone paludose e altre asciutte ma irrigate da un sistema molto diffuso avevano permesso la diffusione della coltura, ma allo stesso tempo avevano favorito anche la diffusione della malaria a un numero sempre crescente di persone. La situazione cominciò a diventare grave proprio nella zona di Saluzzo intorno al 1523, si cercò di proibire la coltivazione del riso, ma seppure il vescovo di Vercelli Bonomio, avesse sconsigliato agli ecclesiastici la coltivazione era fuor di dubbio che il valore della terra in possesso del vescovato era enormemente aumentato grazie proprio a questa coltura. Allora venne emanato un Ordinato nel 1592 in cui si chiedeva al duca Carlo Emanuele di stabilire confini e grandezza delle risaie e il primo editto fu emanato nel 1607, e a questo ne seguirono altri fino alle legge del 1866 che demandava alle province le competenze della regolamentazione delle risaie sentito il parere competente del Consiglio Superiore della Sanità. Erano previste anche sanzioni piuttosto salate contro le risaie abusive, ma di fatto non fu effettuato mai un vero e proprio controllo, anzi le coltivazioni continuarono a prosperare e in alcuni casi furono emessi degli editti, praticamente una sorta di condono tombale. La malaria di fatto scomparì e quindi anche gli editti che erano stati via via emessi non rimasero altro che un ricordo. Le province di Novara e di Vercelli non diventarono altro che un vero e proprio modello di coltivazione e una potenza gastronomica ed economica del riso

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