Ci sono notizie che non vorresti
mai ricevere, sms che ti pugnalano per la loro cruda realtà di un mondo che non
fa sconti, figuriamoci una malattia che è dura da debellare e che ti portano
via familiari e amici con cui hai condiviso un percorso e un pezzo della tua vita. Pensare a un
Palazzo in cui sul cubo intercapedine tra la squadra e il tavolo degli
ufficiali di gara non vedrò più Gabriele, mi mette addosso una tristezza
infinita. Era la tranquillità e la sicurezza fatta persona anche se il basket
era la sua vita e lo bruciava dentro. Mai un commento sopra le righe, una
compostezza e una dignità senza paragoni, e la capacità di fare gruppo. Era il
primo a venire al tavolo dei giornalisti a fine gara, un commento per tutti
preciso e puntuale, leggeva i tuoi pezzi, li commentava, e anche se sbagliavi
qualcosa te lo faceva notare con il sorriso. Un aplomb d’altri tempi in un mondo
urlato. Io lo vorrei ricordare con un pezzo realizzato poco più di un anno fa
con cui mi aveva raccontato la sua vita cestistica e privata, un modo semplice per
ricordarlo
Sarebbe tempo di
vacanze ma per chi organizza e gestisce sport a qualsiasi livello sono giorni
febbrili: appuntamenti, telefonate, attese, brevi o lunghe che siano,
scandiscono le giornate, e trovare anche il tempo per una seppur breve
intervista non è facile. Ma bisogna coordinarsi e dare sfoggio a una grande
managerialità.
Gabriele Fioretti è
sempre stato una persona riservata quasi ai limiti della timidezza, ma è un
professionista serio, preciso, puntuale, inappuntabile, con una grande passione
per il basket. Potremmo forse dire che è quasi nato su un campo da basket (..)
mia madre mi portava a vedere mio padre che giocava a Casale anni
settanta, ruolo playmaker, la serie era quella cadetta (..) il basket è una
passione che ti porti dentro, da piccolo seguivo e mi piaceva Brunamonti e di
conseguenza la Virtus Bologna anch’io ho giocato fino alla serie C (..) il
ruolo è quasi scontato Playmaker come il padre fino ai 26 anni e poi (..) e
dopo ho cominciato a scrivere su giornali, siti specializzati e da li
l’incontro con Daniele Baiesi è stato determinante per il proseguo della
carriera.
(..) Ricordo la
mia prima giornata a Biella tutto il giorno in ufficio e poi alla sera non
avendo nulla in casa la pizza, consumata in un locale storico di Biella,
di fronte alla stazione, con Baio e i nostri foglietti in cui erano
appuntanti i nomi dei giocatori da acquisire, da trattare (..)
La vedi e la senti
la passione di Fioretti e la puoi notare nei dettagli, la prima partita contro
Cantù (purtroppo persa) la prima vittoria (a Bologna)la prima salvezza
sofferta. Quando calchi un parquet tutto diventa un emozione e un sogno quella
della serie A
(..) La mia
vera fortuna è stata ed è quella di avere avuto la possibilità di trasformare
una passione in un lavoro (..)non è solo un modo di dire quello di
Gabriele da come snocciola nomi, ricordi, sensazioni comprendi che lui è
proprio il prototipo di quella persona che potrebbe impersonare il motto Biella
Città del Basket.
Durante la scorsa
stagione lo hai sempre notato lì, sul cubo, di fianco al tavolo della giuria,
intercapedine tra il mondo arbitrale, la terna, e lo staff della squadra. Un
ruolo in cui bisogna essere glaciali e privi di emozione e invece lui ti
stupisce. (..) l’adrenalina della domenica è la cosa che mi piace di più
del basket ( ..) e quando obietti che in fin dei conti non traspare alcuna
emozione (..) il basket è il fuoco che mi consuma dentro.
Il bel rapporto con
Pinkney (sexy dal gioco di parole utilizzato con l’americano occhi di brace)
quello altrettanto stretto con Brunner e le piccole battute o attenzioni fanno parte
di un bagaglio di emozioni di un mondo a spicchi che è un patrimonio ormai
tutto biellese.
Tempo libero poco,
la nascita del figlio Giovanni ha dato una gioia (scommettiamo noi sul fatto
che calcherà i campetti e diventerà playmaker) infinita a Gabriele che se lo
gode nei pochi, presupponiamo, momenti liberi anche se ha già gusti particolari
di ascolto come la Cura di Battiato. Il Fioretti privato non disdegna un buon
tiramisù della mamma, ricorda con affetto la carbonara della nonna e
soprattutto la zuppa di pesce della compagna Paola magari innaffiata da un buon
rosso Piemontese.
Ma il tempo per i
buon ricordi è quasi svanito, amerebbe poter aver tra le mani Sasha Danilovic
con cui costruire una squadra, stuzzica i suoi ricordi con Jerebko e Keith
Langford ma poi ci si deve concentrare sull’attualità, fatta di cronache che ti
impongono di dover magari cercare i probabili sostituti di Renzi e Jurak, la
passione e la competenza quelle non mancano proprio. Ed accompagnandoti alla
porta l’appuntamento a cui ti rimanda è per la prossima avventura, quella di
una Pallacanestro Biella viva e presente perché come ricorda lui stesso: NOI
CI SIAMO, ANCORA.
E allora qualunque
sia l’abbonamento che il tifoso biellese sottoscriverà, vale la pena
farlo, perché con attori di questo genere lo spettacolo a Biella non mancherà
mai.
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