Credo senza ombra di dubbio che
bisogna riconoscere alla Juventus di aver meritatamente tenuto la scena per gli
ultimi tre anni, tre scudetti meritati di cui solo il primo battagliato quasi
fino alla fine, merito di un allenatore e di una società che ha programmato, ha
investito e ha saputo fare le scelte azzeccate, sia in termini di marketing,
sia in quelli gestionali. Sfruttando occasioni in saldo ad investimenti
eccellenti. Llorente in tal senso è stato uno degli acquisti più azzeccati, in
grado di far reparto da solo. Unica pecca l’Europa ma li probabilmente subentra
fortuna, dna e tutto il resto. Però a un certo punto, se non vogliamo
alimentare i Genny la carogna di qualsiasi genere, sarebbe meglio essere magnanimi anche nel momento della
vittoria. Che Agnelli continui con il discorso 30 o 32 è sicuramente un
atteggiamento legittimo ci mancherebbe. Ma che dalla sua intervista trapeli la
malcelata ostentazione (..) metteremo la terza stella solo quando gli altri
raggiungeranno i venti scudetti per marcare
la distanza (..) è un atteggiamento che si commenta da solo.
Gli antichi romani
insegnavano che nel momento del massimo splendore bisognava condividere gioia e
ricchezze, non si chiede certo di avere un pezzo del tricolore, ma un
atteggiamento più benevolo si. Altrimenti saremmo sempre ostaggio di questi
capipopolo che con atteggiamenti da gradasso calcano la scene (sia che si
chiamino Moratti, Agnelli o Berlusconi). Insegniamo ai giovani la cultura della
sconfitta e anche quella della vittoria, impariamo da altri sport come il
basket, il rugby e anche il calcio a 5, dove prima di tutto c’è il far play
anche nei momenti topici e forse eviteremo pantomime come quelle scoppiate all’Olimpico
alla recente finale di Coppa Italia. Lo sbruffone, il vanto, lo sfottò potranno
anche far sorridere, ma alla fine sono solo una brutta pagina di cultura
sportiva
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