Oggi
tutti esperti di geopolitica orientale e la situazione esplosiva dell’Afghanistan
mette tutti in guardia sulle future implicazioni di natura politica economica
di un mondo che è una perenne polveriera, minata da temi religiosi, ma in
realtà dominata dallo sterco del demonio, quel vile denaro, che è il volano di
tutti i movimenti a cui assistiamo. Che l’Afghanistan sia la tomba di tutti gli
Imperi è già stato abbondantemente detto, che l’Afghano si affitti al miglior
offerente anche, che si voglia imporre uno stile di vita diventa per le meno
stucchevole dal momento che è dominato da tribù che vantano tradizioni
millenarie. Da sempre terreno di competizione tra le varie potenze diventa
centrale nella lotta per la supremazia continentale, quella che viene chiamata
il Grande gioco alla metà del 1800, come terreno di lotta tra Russia e
Inghilterra. Lord Auckland governatore generale dell’India interviene nella
lotta alla successione al trono afghano cercando di reintegrare Shujah Barakzai
a discapito di Dost Mohammed. La deflagrazione del conflitto diventa ufficiale
nel 1838 quando Mohammed si proclama emiro (che significa combattente della fede
– guarda le analogie) dell’Afghanistan gli inglesi intervengono e in una facile
campagna conquistano la capitale (corsi e ricorsi storici), l’emiro viene
catturato e mandato in esilio in India, ma il figlio dello stesso Mohammed
Akbar Khan dà del filo da torcere alle truppe inglesi. L’occupazione britannica
si protrae e questo scontenta la popolazione locale, la rivolta scoppia il 2
novembre 1841 con l’assalto alla casa di un agente britannico, tale Alexsander
Burnes accusato di relazioni promiscue con donne afghane. L’agente viene ucciso
e fatto a pezzi e in città compare Mohammed Akbar Khan che diventa capo dell’insurrezione
e costringe gli inglesi a fuggire da Kabul. Così il primo gennaio 1842 una
lunga colonna tra militare e civili, in totale saranno circa 18.000 persone,
esce dalla città. Mohammed si distingue per la propria doppiezza da un lato
tratta con gli inglesi promettendo salvacondotti dall’altro in pasthun, la
lingua ufficiale, aizza gli afghani contro gli inglesi. Quella che doveva
essere una marcia sicura diventa un calvario incredibile, tra gli stenti, il
freddo, gli agguati di alcune tribù che usavano i temibili jezail (fucili a
canna lunga in grado di colpire bersagli a lunga distanza) a poco a poco
vengono tutti uccisi. A Jalalabad arriva solo un medico a cavallo, William
Brydon, è stata una carneficina migliaia di morti. Gli inglesi si riorganizzano
e nell’autunno dello stesso anno riconquistano Kabul sotto il comando di George
Pollock, ma per evitare i problemi dell’anno precedente Dost Mohammed viene
liberato e insieme al figlio Mohammed riappare trionfalmente nella capitale
afghana qualche mese più tardi quando gli inglesi abbandonano il terreno (costa
troppo ed è poco sicuro) e così viene ristabilita l’antica dominazione. A
distanza di quasi due secoli il problema è sempre lo stesso, se non comprendi il
terreno dello scontro sei destinato a soccombere.
giovedì 19 agosto 2021
1842 La lunga marcia da Kabul a Jalalabad ne resterà solo uno
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